Decreto sicurezza e diritto al dissenso

Il Disegno di legge proposto dal governo introduce 24 tra reati, aggravanti e inasprimenti di pena che non possono essere giudicati in blocco. Alcune previsioni suscitano il forte allarme di Amnesty international. «Il più grande e pericoloso attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana», secondo l’associazione Antigone. Alcuni elementi di analisi
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Il 18 settembre scorso è stato approvato alla Camera dei Deputati il testo denominato Ddl Sicurezza, che ora passa all’esame del Senato. Il testo ha già suscitato critiche ragionate (tra cui su cittanuova.it quelle di Alessia Sangiorgio e Adriana Cosseddu).  Il provvedimento introduce infatti importanti novità in materia di manifestazioni, sicurezza urbana, detenzione carceraria e criminalità legata all’occupazione abusiva di immobili.

Il Ddl in un colpo solo introduce 24 tra reati, aggravanti e inasprimenti di pena. Le principali novità della proposta di legge sono:

– l’introduzione del reato denominato “Rivolta all’interno di un istituto penitenziario”, e l’introduzione di una disposizione simile anche con riferimento agli ospiti dei centri di permanenza per migranti. La misura introduce pene carcerarie fino a 20 anni per chi partecipa a proteste all’interno dei Cpr, i centri di detenzione amministrativa in cui sono trattenuti gli stranieri se non hanno il permesso di soggiorno in regola.

il divieto di rilasciare Sim a chi è sprovvisto di permesso di soggiorno; si cerca di vietare ai migranti irregolari l’uso del cellulare, vincolando l’acquisto della sim telefonica al possesso del permesso di soggiorno.

– uno dei punti più dibattuti del disegno di legge riguarda l’introduzione del reato di “Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”, che punisce con il carcere, dai due ai sette anni, chi occupa una casa, destinata a domicilio di qualcun altro, con la violenza o la minaccia. Rischia la stessa pena chi si appropria della casa di qualcuno raggirandolo oppure chi cede un immobile occupato.

Si tratta di una previsione contestata, anche se non prende di mira le occupazioni di immobili urbani inutilizzati, ma proprio delle case popolari, da parte di quella che ormai è effettivamente definibile come mafia degli alloggi. Infatti, è solo l’immobile destinato già ad altri beneficiari che viene tutelato e non ad esempio l’ex ufficio pubblico ormai abbandonato.

– molto contestata anche la reintroduzione del reato di  blocco stradale. Il ddl prevede che il blocco stradale torni ad essere reato con condanne fino a due anni di carcere se il fatto è commesso da più persone riunite.

– in generale il ddl prende di mira le forme non-violente di protesta, fino ad oggi sufficientemente tollerate. Viene elevata  fino a quindici anni la pena per resistenza attiva a pubblico ufficiale, e fino a quattro anni per resistenza passiva.

– viene poi ammesso il carcere anche per le donne incinte o per quelle con figli di età inferiore a un anno, e punito l’accattonaggio, ed ancor maggiormente chi spinge o organizza l’accattonaggio. Così pure si aggravano le pene per i borseggiatori sui mezzi pubblici.

Ovviamente le previsioni del testo non possono essere giudicate in blocco. Alcune modifiche sono opportune, per fronteggiare fenomeni che ormai sfuggono alla mera legge del bisogno, per rientrare più correttamente nell’alveo della criminalità organizzata. L’inasprimento delle pene, ad esempio, per chi organizza l’accattonaggio dei minori sembra quindi opportuno.

Resta però l’impressione di una indebita sovrapposizione tra fenomeni molto diversi. Le forme di protesta non violente, anche se talora possono irritare chi le subisce, sono un fondamentale esercizio di partecipazione democratica, e riescono ad attirare nella generale indifferenza l’attenzione su problemi di cui altrimenti non si parlerebbe, come il cambiamento climatico.

Ovviamente queste proteste non devono mai spingersi fino al danneggiamento di beni, come talora potrebbe accadere quando vengono prese di mira opere d’arte, anche se in effetti finora non si sono riscontrati danni.

In particolare non si deve dimenticare che la nostra società non permette ai giovani di far sentire la propria voce e, anche se talora si tratta di proteste che si possono ritenere ingenue, è positivo che i ragazzi si spendano per problemi collettivi. Non è certo la repressione penale la giusta misura da applicare.

In proposito, il portavoce italiano di Amnesty international Riccardo Noury ha dichiarato: «Questo testo intacca pesantemente il diritto di protesta». Secondo Amnesty «diverse disposizioni rischiano di creare un effetto deterrente sull’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone, inclusi atti di disobbedienza civile come forma di protesta pacifica».

Il giurista Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ha definito il disegno di legge sicurezza «il più grande e pericoloso attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana».

Il nodo essenziale resta sempre il medesimo. L’inasprimento repressivo non è mai la soluzione corretta. Al disagio sociale si deve rispondere con misure di sostegno, che sono le uniche, come è dimostrato dalla esperienza pluriennale, a permettere una stabile riduzione del crimine e del disagio.

Gli Stati Uniti, che non hanno mai seguito questa via, se ne cominciano a rendere conto. Ciò non significa affermare che il crimine non debba essere punito, ma che non ha senso inasprire le pene se, come confermano i criminologi, il soggetto, una volta esaurita la pena si trova nelle identiche condizioni economiche che lo avevano portato a delinquere. Al disagio morale dei giovani, nel contempo, non ha senso rispondere criminalizzando le protese pacifiche. Occorre invece aprire canali di ascolto.

Una menzione finale sul divieto di rilasciare Sim telefoniche a chi è sprovvisto di permesso di soggiorno. Una previsione che non ha alcun senso, ad avviso di chi scrive. È chiaro che si debbano arginare i flussi irregolari, nel contempo valorizzando gli arrivi regolari. Ma una volta che l’immigrato si trova sul territorio nazionale è meglio che gli sia consentito di vivere e lavorare, anziché porgli ostacoli e spingerlo verso la strada del crimine. Il divieto di rilasciare Sim a questi ragazzi (e dunque di dotarli di un telefono) è davvero privo di una visione del problema nel suo complesso.

Sul Decreto sicurezza vedi anche qui

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