Nuovo decreto sicurezza, il Conte 2 cancella le norme di Salvini
I decreti sicurezza voluti da Matteo Salvini, non ci sono più. Un anno dopo la nascita del nuovo governo Conte, che ha segnato un’inversione di rotta rispetto al “Conte 1”, il consiglio dei ministri ha approvato il nuovo “decreto immigrazione”.
L’Italia riprende il cammino da dove era stato interrotto due anni fa, con una politica di accoglienza e di integrazione, pur nel rispetto delle norme e con la possibilità di rimpatri per coloro che non hanno diritto a rimanere nel nostro Paese.
Nuove regole, nuovi indirizzi per l’Italia che si appresta a lasciarsi alle spalle un periodo difficile e controverso, che ha segnato una chiara inversione di rotta rispetto alla storia almeno trentennale, in alcuni casi quarantennale, di accoglienza del nostro Paese.
Perché le migrazioni da vari Paesi africani partono da lontano. Almeno dalla fine degli anni 80 inizia il fenomeno dell’attraversamento del Mediterraneo, a bordo di gommoni o di imbarcazioni di fortuna, talvolta più organizzate, tal’altro meno. Il fenomeno si è incrementato man mano che sono progredite le politiche restrittive di vari stati europei, che hanno chiuso o limitato gli arrivi, con i visti d’ingresso.
Il varo, nella primavera 2018, del primo governo Conte a trazione giallo-verde (con l’alleanza tra Lega e Movimento 5 Stelle) ha determinato una stretta sul fronte dell’immigrazione, portando l’Italia su posizioni molto dure di chiusura, sulla falsariga di quelle previste in Ungheria dal governo Orban.
Nel Conte-bis è cambiato un alleato (Pd e Leu al posto della Lega), ma il ceppo centrale è rimasto il Movimento 5 stelle. Che, per ovvie ragioni, aveva difficoltà a superare e modificare un decreto che, in una prima fase, aveva appoggiato, pur se con molti mal di pancia interni.
La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese (unico tecnico nel Conte-bis, scelta non a caso, proprio per evitare di politicizzare eccessivamente la nuova guida del Viminale) ha condotto una lunga e paziente opera di mediazione. Alla fine, il risultato è stato raggiunto.
I decreti sicurezza di Matteo Salvini non ci sono più. Alcune componenti del Movimento 5 Stelle volevano che si recepissero le indicazioni del presidente della Repubblica (che aveva, da subito, segnalato le criticità del decreto). Pd e Leu premevano per una rivisitazione più completa.
La difficile mediazione è sfociata nel decreto adottato. «Vogliamo un’Italia più umana e più sicura». Il nuovo testo re-introduce l’obbligo del soccorso delle vite in mare, così come previsto dalle norme internazionali, anche dal Codice di Navigazione, in linea con i principi della nostra Costituzione di rispetto e tutela della vita umana.
Viene sancito il divieto di respingimento di chi, nei luoghi di origine, è esposto a torture, persecuzioni politiche o trattamenti disumani. Essere accolti e integrati è un diritto. Non ci saranno più le multe per le ONG che salvano i migranti, né la confisca delle navi. Il nuovo decreto, di appena nove articoli, segna una svolta nelle politiche del nostro Paese ed una nuova apertura, pur con i dovuti distinguo, verso i migranti economici ed i rifugiati politici, molto spesso presenti entrambi, con varie differenzazioni, tra coloro che cercano nuovi approdi lungo le rotte verso Spagna, Italia e Grecia (quest’ultima ha subito, di recente, incrementi notevoli).
Altro dato di rilievo: le competenze su questa materia, com’era prima e com’era sempre stato, ritornano al Ministero dei Trasporti, che si occupa del mare e dei porti. La competenza sui migranti sarà di competenza del Ministero degli Interni solo dopo che i migranti avranno toccato la terraferma e non fino a quando sono in mare. Con il decreto di Salvini, invece, tali competenze erano state parzialmente trasferite al Viminale. Non sarà più così.
Ma il nuovo decreto sicurezza contiene anche nuove norme importanti che rischiano di passare in secondo piano. Cambiano le norme del cosiddetto “Daspo urbano” per cercare di prevenire e reprimere la violenza dilagante e ingiustificata, che spesso si auto-alimenta e si auto-genera, come è accaduto nel caso dell’omicidio del giovane Willy a Colleferro.
Ci sono nuove modalità per tenere lontani spacciatori e violenti dai luoghi pubblici, saranno aumentate le pene per il reato di rissa, sono previste nuove modalità per oscurare, laddove necessario, i siti del «dark web».
Per questo si è parlato, simbolicamente, di «norma Willy». Un nome che resterà e che, probabilmente, segna uno spartiacque nella lotta alle baby gang, alla piccola malavita di periferia, alimentati da una subcultura del bullismo.
Altre norme riguardano la lotta alla mafia ed alla criminalità organizzata e sono frutto di un’attenta osservazione delle falle che talvolta si creano nel sistema.
È stato previsto un aumento delle pene (da 1 a 4 anni) per chi agevola i detenuti sottoposti a 41 bis (tra questi anche familiari e legali). Per gli avvocati o i pubblici ufficiali, addirittura, la pena può raggiungere anche i 7 anni. Quindi anche gli operatori carcerari saranno sottoposti a controlli più rigidi e rischiano delle pene non previste in passato.