De Agostini alias Don Patagonia, il missionario-fotografo
Un esploratore per vocazione Alberto Maria De Agostini (1883-1960), nato a pochi chilometri da Biella e circondato da una splendida natura, cresce con una particolare predilezione per le scalate e per l’ambiente, anche grazie al fratello Giovanni che sarà il fondatore dell’omonimo Istituto Geografico di Novara. Cresciuto nella terra di Quintino Sella, fondatore del Club Alpino Italiano (CAI), si mette in viaggio per Torino, poi Cuorgné, iniziando così la vita salesiana come novizio, tirocinante e poi studente di teologia. Fedele lettore del Bollettino Salesiano ove apprende e si entusiasma per le missioni che i Salesiani portano avanti nell’America del Sud e così, subito dopo essere divenuto sacerdote nel 1909, parte per scoprire paesi e volti nuovi.
In questi tre pomeriggi dedicati alla sua storia e alle sue opere, numerosi i relatori e i contributi video e fotografici relativi alle sue missioni in Cile e Argentina, al suo ruolo nella definizione della cartografia delle nuove terre, all’impegno di missionario salesiano e alla testimonianza di quanto profondamente la sua opera incise nelle culture locali.
La Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’UPS, guidata da Don Fabio Pasqualetti, si dimostra così nuovamente attenta alle personalità che, fuori dal mainstream dei divulgatori scientifici, hanno contribuito significativamente alla cultura della comunicazione, proprio come ha fatto Don De Agostini con la sua preziosa opera editoriale, fotografica e documentaristica. In particolare nella giornata di mercoledì 27 aprile sarà il prof. Tommaso Sardelli, docente di Fotografia e Comunicazione visiva, a proporre una riflessione sul salesiano-fotografo che vede come raffinato uomo di comunicazione. Sardelli ci anticipa che l’attività fotografica di De Agostini è stata indagata ancora solo parzialmente, considerando le oltre 30mila fotografie prodotte dal salesiano dagli esordi nei primi del ‘900 fino alle ultime spedizioni in Terra del Fuoco alla fine degli anni ’50. Per De Agostini la fotografia è strumento conoscitivo oltre che di documentazione e i suoi libri, classici della letteratura di esplorazione della Patagonia e della Terra del Fuoco, testimoniano l’importanza dell’apparato iconografico, frutto di sforzi fisici e intellettuali.
Dopo ogni spedizione, e dopo aver parzialmente placato la sua sete di esplorazione, il missionario salesiano trascorreva lunghi periodi a riordinare gli appunti, a selezionare le fotografie mettendo a punto la cartografia, certo che questo avrebbe dato il giusto risalto alle sue scoperte. Era cosciente dell’impatto che le sue pubblicazioni, le sue conferenze e le immagini che portava in giro per il mondo, avrebbero avuto sulla comunità scientifica e sul grande pubblico. La scelta della pubblicazione di guide turistiche e di serie di cartoline postali andavano certamente nella direzione di un consapevole obiettivo divulgativo, oltre che di finanziamento delle spedizioni. La sua ricca produzione suggerisce quanto per Padre De Agostini la fotografia non fosse solo uno strumento ausiliario, bensì un linguaggio autonomo attraverso cui testimoniare le sue esperienze.
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