Davvero “capitano tutte a me”?
Spesso sento dire: “va tutto storto”, “mai una gioia”, “in questo periodo capitano tutte a me” e potrei continuare con tutta la serie di frasi tipo. Cosa succede quando qualcosa non va secondo i nostri piani e non siamo pienamente soddisfatti della nostra vita? Ci piace poi crogiolarci insieme agli amici nel condividere le piccole-grandi disgrazie, ripetiamo spesso “è un periodo”, ma questo periodo da quanto tempo si protrae?
Ci sono dei processi cognitivi che forse possiamo imparare a conoscere e gestire coscientemente senza farci travolgere dalla tristezza e dallo sconforto, dato che la nostra mente ha delle funzioni che tendono a “generalizzare” un evento e a farcelo percepire come il nostro mondo intero. Come non incastrarci in questo brutto gioco?
Ma allo stesso modo, se sappiamo che questo avviene, nel momento in cui ci viene la tentazione di evidenziare tutto ciò che non abbiamo, tutti i nostri sogni infranti, possiamo agire coscientemente ricordandoci per prima cosa che quella è “una parte e non il tutto”.
L’esercizio può essere quello di allargare lo sguardo ed esercitare come volontà intenzionale la gratitudine per quello che riusciamo a percepire di positivo, magari anche per ciò che diamo per scontato: una cosa completata, una persona che ci vuole bene, delle risorse da mettere a frutto. Anche quando non riusciamo a vedere niente di buono possiamo ritagliarci un momento profondo dove mettere a fuoco quali siano le cose importanti e il valore che diamo alla vita, se da soli non ci riusciamo perché l’umore è eccessivamente triste, allora è il momento di farci aiutare in questa risalita.
Un determinato evento, sia esso passato o presente, viene vissuto dalla persona non tanto in quanto tale (per le sue caratteristiche oggettivabili), quanto piuttosto per la valenza e gli effetti emotivi che l’individuo vi attribuisce. Qualsiasi situazione controversa o non favorevole della nostra vita può trasformarsi in un’occasione di crescita personale, nel momento in cui noi lo desideriamo e cambiamo il modo di affrontarla. Quando ha inizio un momento difficile (o percepito come tale) è possibile decidere volontariamente di sfruttarlo come opportunità per sviluppare se stessi. La psicologa e ricercatrice italiana Barbara Giangrasso ha individuato alcune basi fondamentali della sofferenza dell’essere umano nella non accettazione di vari aspetti che regolano la vita. Esemplificandoli, li elenco di seguito:
– la necessità di uscire dal proprio egocentrismo;
– la mancata coscienza che gli uomini hanno legami di interdipendenza;
– il non riuscire a focalizzare cosa fa soffrire;
– il cercare all’esterno le cause della propria sofferenza;
– non credere nelle proprie potenzialità.
Ciascuno dei punti sopra citati possono essere degli obiettivi di sviluppo da affrontare con i tempi personali e nella quotidianità. Possiamo attraversare dei momenti critici in cui queste “non consapevolezze” ci arenano, oppure, possiamo iniziare un nuovo percorso di crescita.