Davide e il Miserere

La complessità di questo personaggio lascia incantati, e anche Dio ha un debole per lui. Continuerà l'Alleanza nonostante lo scandalo della storia tra Davide e Betsabea, e dal loro figlio, Salomone, discenderà il Messia
David by Michelangelo Florence Galleria dell'Accademia

Davide è un personaggio ingombrante. Affascinante per alcuni, irritante per altri. È tanto: guerriero, politico, re, leader indiscusso, profeta, poeta, musicista; è bello, coraggioso, sveglio, sa dimostrare magnanimità verso i nemici, conosce l’amicizia degli uomini, incanta le donne; arde d’amore per Dio, ma sa essere anche calcolatore, spietato, menzognero. Davide è troppo. La sua personalità straborda, la sua vita è un romanzo d’avventure e di amori passionali. Se la Bibbia fosse il Giro d’Italia, Davide sarebbe la maglia gialla: è il personaggio più nominato tra Vecchio e Nuovo Testamento, con circa 1.127 citazioni (Mosè segue a ruota, si fa per dire, con 856). Come è successo con Berlusconi (senza neanche pensare di fare un paragone tra il leader di Forza Italia e l’antico re d’Israele) Davide è un personaggio che divide. Impossibile non prendere posizione di fronte a lui. C’è chi lo ama e chi lo detesta. Dio è tra quelli che lo amano. Ha un debole per lui fin da quando era ragazzino e pascolava le pecore canticchiando fra sé: «Il Signore è il mio pastore. Mi fa riposare su pascoli verdeggianti. Mi fa dissetare ad acque tranquille. Mi guida per il giusto cammino. Se dovessi attraversare una valle oscura non temerei alcun male, perché Lui è con me». Frasi che formeranno poi il salmo 23.

La Bibbia dice che dal giorno in cui Dio mandò il profeta Samuele a ungerlo re, «lo spirito del Signore si posò su Davide» e più non si ritirò. Un privilegio raro. Perché Dio stravedeva per Davide? Bisognerebbe chiederlo a Lui. Noi possiamo solo rifarci a quanto è riportato nel testo sacro. Un esempio su tutti. Il giorno in cui Davide vide l’arca del Signore tornare a Gerusalemme dopo essere stata preda dei nemici, egli, sopraffatto dalla gioia, si mise a danzare in strada con tutte le sue forze. E pure mezzo svestito. La gente lo guardava sbalordita, entusiasta di vedere quanto il suo re amasse Dio. Davide danzava felice, sempre più forte. Mikal, una delle sue mogli, che osservava la scena dalla finestra, lo disprezzò. Come poteva un re rendersi così ridicolo? Ma Dio non la pensava come Mikal. A Lui piaceva quell’esplosione di gioia genuina in onore alla sua presenza.

A questo punto i detrattori di Davide alzeranno la mano. «Vanno bene tutte queste cose – diranno –, ma come la mettiamo col fattaccio di Betsabea e Uria? Qui si tratta di adulterio, violenza su una donna, abuso di potere, istigazione a omicidio, occultamento delle prove. Può forse Dio passare sopra a tutto questo?». Le loro rimostranze non fanno una grinza. Io, che sono dalla parte di Davide, anzi che ne sono proprio innamorato, proverei a rispondere in questo modo. Andiamo ai fatti. Quando tutto va per il meglio è facile montarsi la testa, oppure lasciarsi andare per mancanza di nuovi stimoli. Entrambe le situazioni sono pericolose. Capitarono anche a Davide. Lui era potente, ricco, amato dal popolo, aveva fatto cose grandiose, riunito Israele, conquistata l’inespugnabile rocca di Gerusalemme ed eletta a capitale del suo regno. Ma un tardo pomeriggio, mentre si annoiava nella reggia sbirciando i resoconti dei generali che combattevano al fronte, vide in una casa vicina una donna che faceva il bagno. Chi è stato al sito archeologico della “Città di Davide”, a Gerusalemme, può immaginare la scena. La reggia stava in alto, in cima alla rocca di Sion, le altre case in basso. Sul tetto piatto di una di quelle case, usato come balcone, una donna che faceva il bagno nuda non poteva passare inosservata al re Davide che guardava dalla finestra. Specialmente se, come dice la Bibbia, «la donna era molto bella di aspetto».

Davide
Bethsabée, J.L.GEROME .*1889

Il pittore francese Jean-Leon Gerome rappresenterà questa scena con grande sensualità. (Non fraintendetemi, non sto giustificando Davide incolpando la donna di averlo provocato sessualmente. Del resto, per quanto ne sappiamo, lei era del tutto ignara dello sguardo del re). Leonard Cohen, nella celebre canzone Halleluja, darà questa interpretazione dei fatti: «Your faith was strong but you needed proof, you saw her bathing on the roof, her beauty and the moonlight overthrew you», la tua fede era salda ma aveva bisogno di una prova, la vedesti fare il bagno dalla terrazza, la sua bellezza e il chiarore di luna ti stravolsero. Davide la mandò a chiamare. Lei andò alla reggia. Poteva forse sottrarsi alla convocazione del re? Davide giacque con lei. Lui sapeva che era Betsabea, moglie di Uria, uno dei suoi guerrieri. Ma la bramosia di piacere aveva avuto il sopravvento. Passarono settimane di cui non sappiamo nulla (si incontrarono ancora?). Lei poi gli fece sapere d’essere incinta. Davide si preoccupò. Non per la cosa in sé, ma per la figuraccia che avrebbe fatto di fronte al popolo che lo teneva in così grande considerazione. Ricorse a un espediente. Fece chiamare Uria dal fronte. Licenza premio. Avrebbe passato qualche giorno a casa, si sarebbe unito alla moglie, e il nascituro avrebbe potuto risultare figlio del legittimo marito di Betsabea. Uria tornò, ma da soldato fedele non volle dormire con la moglie mentre i suoi guerrieri combattevano. Rimase accovacciato sulla soglia di casa. Davide si spazientì: «È uno stupido! Se l’è proprio cercata». Lo rispedì al fronte con una lettera per il fido generale Ioav. Un tipo che, con modi non certo esemplari, aveva tolto a Davide tante castagne dal fuoco. Uria fu trovato morto sul campo, durante un assedio. Davide prese Betsabea in moglie. Nessuno avrebbe mai saputo nulla. Non fosse stato per il profeta Natan. Che, da uomo di Dio, vedeva dentro i cuori. Il processo a cui Natan sottopose Davide rimane un esempio di quella giustizia che tutti vorremmo, un mix di genialità e risolutezza. Davide fu colpito nel segno. Dovette ammettere pubblicamente la sua azione malvagia. A quel punto Natan gli voltò le spalle sdegnato e se ne andò. Da quel momento Davide si umiliò, si vestì di sacco, digiunò, ogni notte bagnava il letto di pianto, implorando il perdono di Dio. Un giorno gli uscirono dalle labbra frammenti di preghiera: «Pietà di me o Dio. Riconosco la mia colpa. Il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto. Cancella le mie colpe. Purificami con issopo. Lavami e sarò più bianco della neve». Quelle frasi bucarono il cielo. Dio si commosse. Mettetevi al Suo posto: se uno vi avesse cantato parole del genere, non lo avreste perdonato? Lui lo perdonò. Gli rinnovò l’alleanza. Il figlio concepito con Betsabea sarebbe morto. Ma dal nuovo figlio che avrà con lei, Salomone, discenderà il Messia. Che per i cristiani è Gesù. Le parole che Davide sussurrò quella notte, fra le lacrime, diventeranno il salmo 50. Il sublime canto del Miserere.

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