David Bowie e il limite
The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars era stata la colonna sonora delle feste liceali nelle quali scoprivamo con una certa emozione quel qualcosa di vietato che era all’epoca il superamento del limite. Il 68 era vicino, la destrutturazione delle coscienze era all’apice, la société du spectacle gettava le sue fondamenta.
David Bowie, con la sua estetica ancor più che col suo pensiero, indicava che la persona umana può superare le barriere, tutte le barriere tra i sessi, il confine tra lecito e illecito, la frontiera tra quel che è convenzionale e l’anticonformismo. Aveva fatto della sua ambiguità “ad arte” la nota dominante della sua presenza scenica, molto più che della sua vita privata. Lo ricordo per questa sua voglia insopprimibile di scavare nel patrimonio del conosciuto per scovare sempre qualcosa di non banale, se possibile di sconosciuto. Il limite da valicare a tutti i costi, flirtando con la morte che il superamento delle convenzioni conchiude in sé.
Cinquant’anni dopo Bowie è ancora presente nella vita di almeno quattro generazioni, tanto più nel giorno della sua morte. Si è integrato, apparentemente, s’è sposato con una donna in una chiesetta fiorentina, ha continuato a frequentare il jetset ma con sobrietà, sostituendo il glamour, poco alla volta, lentamente, quasi impercettibilmente, con il sottile humour di una vita che voleva testimoniare “artisticamente” come il limite sì esiste, ci è dato apposta per suscitare la voglia di superarlo. Ma che nel contempo richiedeva l’umiltà di saperlo anche rispettare, avendo intuito che i limiti si superano più nella mistica che nell’estetica.