David Bowie: anche i ricchi piangono

Si intitola Heathen, “Pagàno”, il più recente capitolo della saga discografica del duca bianco. Probabilmente è il suo lavoro migliore da molti anni a questa parte, non solo per le squisitezze sonore che richiamano i suoi capolavori degli anni Settanta, ma anche per l’evidente, e per molti versi sorprendente, tensione morale che l’attraversa. Ed è un mondo cupo e paganizzato quello che Bowie canta nei dodici brani di questo album, un mondo alla disperata ma sterile ricerca di un senso, dove l’uomo del XXI secolo “distrugge senza rendersene conto, e non sente la presenza di Dio nella propria vita”. Pur non essendo una album concept nel senso stretto del termine, le canzoni sembrano legate da un filo conduttore che rivela la ricerca di spiritualità di un artista che la dorata routine da rockstar miliardaria non ha ancora adagiato sugli allori. L’età (è nato a Brixton l’8 gennaio del ’47) e le recenti tragedie (dall’11 settembre alla scomparsa dell’amico George Harrison) hanno certamente contribuito a questa inedita propensione alla profondità. In questo senso è forse più giusto leggere il nuovo Bowie come un personaggio in logica evoluzione, piuttosto che nel pieno di una svolta; una maturazione che tuttavia lascia ben poco spazio alla speranza e che ben s’incarna nelle visioni apocalittiche che spesso emergono tra i solchi. Ma c’è più delusione che paura, più sconforto che angoscia a concimare i versi e le atmosfere sonore di questo disco tanto dolente quanto complesso: “Dopo millenni di presunta evoluzione, mi sento amareggiato per quello che siamo diventati”. Heathen (Iso – Sony Music) in ogni caso funziona a meraviglia. Merito soprattutto della stretta collaborazione col producer Tony Visconti (lo stesso di album come Young Americans e Heroes), ma anche di ospiti di rango come Pete Townshend e l’ex Nirvana Dave Grohl, e della ritrovata creatività del nostro come polistrumentista. Pubblicato a tre anni dal precedente Hours, registrato nella quiete campestre di uno studio nei pressi di Woodstock, l’album in verità non aggiunge più di tanto a ciò che Bowie ci ha offerto in più di trentacinque anni di carriera, ma dribbla le trappole del narcisismo e dell’autocitazione, pur sintetizzando molto bene le varie componenti in uno stile inconfondibile, dal glam-rock al flower-pop, dal post-modernariato rockettaro a un retro-progressive molto anni Settanta. Così, tra lo splendore del sound e l’ombrosità dei contenuti, si dipana l’ultima impresa di uno stagionato eroe del rock, la cui invidiabile longevità creativa ha ancora molto da raccontare e da insegnare, specie a tanti giovanotti che sognano di ripeterne le gesta. Anziché inventarne di nuove… Bugo Sentimento westernato Audioglobe A volte il successo t’arriva addosso senza alcuna logica. È accaduto a questo giovane cantautore lombardo con un disco che sembre concepito e realizzato in sommo spregio di tutto ciò che oggi dovrebbe funzionare: rang-rang chitarristici da dilettante, arrangiamenti tagliati con l’accetta, testi che potrebbero essere temini di prima media, se non fosse per la bizzarria e la scurrilità di qualche passaggio. E invece il signor Cristian Bugatti è diventato uno dei più corteggiati esponenti del post-folk italiota, con questo sberleffo iconoclasta che è solo parente lontanissimo di quello ben più maturo e articolato di Beck e company. Boh. Cousteau Sirena Nun Entertainment – Edel Il quintetto britannico si conferma una delle realtà più interessanti del rock contemporaneo. La voce di Liam Mc Kahey sta a metà strada tra Bowie e Nick Cave, il sound è un pop-rock speziato da aromi soul e jazz e dal gusto decisamente retrò. Dopo il successo di The last good day of the year che aveva trainato le vendite del loro debutto (oltre centomila copie) una bella conferma che potrebbe definitivamente schiudere alla band le porte dello star-system. Angelique Kidjo Black ivory soul Sony Music Originaria del Benin, migrata a Parigi, la cantante africana è da tempo una delle stelle più lumino- se della world music. In questo suo splendido settimo album sposa la morbida solarità della scuola melodica africana con le spumeggianti ritmiche brasiliane: un suggestivo percorso a ritroso che “riporta a casa” ciò che gli avi portarono con sè nel nuovo mondo. Quasi una rivincita contro le aberrazioni colonialiste, che ha però il sapore dolce di un tramonto nella savana e quello speziato dei mercati di Bahia. Concerti Roma: Al Festival Jazz & Image a Villa Celimontana. Bill Wyman, l’ex bassista dei Rolling Stones, apre il 18/7 la tournée italiana, accompagnato dal suo gruppo, i Rhythm Kings, una band di nove grandi artisti dell'”Olimpo musicale”. Bill Wyman è stato il primo innovatore dal basso elettrico, il primo bassista rock della storia. www.romajazz.com Plago: Il mitico interprete della musica delle Appalachian Mountain, Mike Seeger, è ospite del festival On The Road in una delle sue rare apparizioni europee (12/7). Il 13 un incontro senza precedenti tra il violino dei Tuxedomoon e la tradizione bandistica toscana rigenerata dagli interventi di giovani musicisti e compositori italiani. Il 14 Daniele Sepe & Art Ensemble of Soccavo.

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