Davanti allo specchio “Così è (se vi pare)”

All'Eliseo di Roma, una convincente edizione dell'opera pirandelliana firmata da Michele Placido
Davanti allo specchio “Così è (se vi pare)”

A venire in primo piano nella vicenda di "Così è (se vi pare)" per la quale, come spesso gli accadeva, Pirandello si era ispirato a un fatto di cronaca, sono la grettezza di una società borghese e provinciale dedita al pettegolezzo e all’ipocrisia: a suscitare interesse sono gli strani fatti familiari di un segretario comunale che, si dice, tenesse relegata in casa la moglie e che infierisse sulla madre di lei, impedendole di vedere la figlia. Con accuse, reciproche, di pazzia.

Ma anche qui, come in tutta la drammaturgia pirandelliana, la verità è impossibile da conoscere e appare assai diversa a seconda del punto di vista. Con il risultato che il mistero da cui la storia ha preso l’avvio – la moglie del signor Ponza è la figlia della signora Frola oppure un’altra? – resta sempre fitto, malgrado il tentativo di tutti di dissiparne il mistero e malgrado quel gran colpo di teatro che è l’apparizione della giovane donna. La signora Ponza, con questa sua finale comparsa, così sapientemente preparata e a lungo alimentata dalla curiosità comune, riesce ad apparire come simbolo della verità che ognuno può credere a modo suo, ed essere, nello stesso tempo, il più umano dei personaggi, in cui si riflette la pietà di Pirandello per la follia e la solitudine. L’autore, in fondo, mostrava l’illusione della conoscenza e la rottura del naturalismo per far posto all’immaginazione.

Il testo, con quel suo titolo-sberleffo, e il trio degli indagati – anticipazione più nascosta dei "Sei personaggi" – è della primissima maturità del commediografo, 1917, e ha attraversato definizioni registiche disparate. Con i toni della commedia, questa nuova, convincente edizione di Michele Placido, ambientata in una provincia siciliana anni Sessanta, preme sulla furia inquisitoria di quello squallido salotto di provincia, nell’accertare lo stato civile e sanitario dei tre “diversi” che sfuggono agli schemi di una logica sociale rassicurante.

Chiacchiere, giudizi, supposizioni che si spingono sull’alludere perfino all’incesto. Il ritmo veloce della messinscena genera un clima da thriller, la cui tensione è sempre tenuta alta da una recitazione beffarda, sarcastica, che tende al nobile grottesco siciliano puntando sul dialetto.

Ed è emblematica la scenografia che sovrasta il palcoscenico: l’enorme cornice di uno specchio rotto (infranto a causa di un terremoto rievocato da un filmato iniziale) le cui schegge si sono conficcate a terra formando pareti riflettenti sulle quali si riverbera la vita di ciascuno, instillando il dubbio tra essere e apparire (vedi il monologo del "raisonneur" e ironico Lamberto Ludovisi). Il terzetto di attori, circondato da ottimi comprimari, è composto da una straordinaria Giuliana Lojodice, fiera e sfuggente, tragica e fantasmatica nel luttuoso nero del suo apparire; da Pino Micol, un Ponza vecchio stile, e Luciano Virgilio, un convincente Ludovisi razionale e demistificatore.
 
Così è (se vi pare), di Luigi Pirandello, regia di Michele Placido, costumi Sabrina Chioccio, scene Carmelo Giammello, musiche Davide Cavuti e Luca D’ Alberto.
Al Teatro Eliseo di Roma, fino al 29 aprile.
 

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