Davanti alle piaghe, il nuovo numero di Ekklesia
Nel 1848 il beato Antonio Rosmini ha pubblicato il noto volume Delle cinque piaghe della santa Chiesa. Un atto di audacia e di amore ardente per la Chiesa, dichiarato sin dalle prime pagine dell’opera, che gli è costato caro: il libro fu subito messo all’indice. Solo nel 2001 Rosmini è stato pienamente riabilitato dalla Congregazione per la dottrina della fede e nel 2007 è stato proclamato beato.
Per Rosmini le 5 piaghe – 5, come quelle del Cristo crocifisso – erano: la divisione del popolo dal clero nella liturgia; i deficit nella formazione e nella vita del clero; l’indebolirsi della comunione ecclesiale rispetto ai primi secoli cristiani; la mancanza di libertà nella scelta dei vescovi; infine, l’abuso nell’amministrazione dei beni che si era infiltrato col feudalesimo.
Ma quali sono le piaghe della Chiesa oggi? Va premesso che – in questo tempo del coronavirus ma non solo – la grande ferita, anche della Chiesa, è soprattutto ciò che soffre l’umanità. Non è tanto difficile puntare il dito su reali e presunte magagne dell’istituzione ecclesiastica. Più difficile è riconoscere le colpe, come ha fatto con coraggio Giovanni Paolo II nel 2000 e come fa oggi papa Francesco. Più difficile ancora è affrontarle, anzi: coglierle come opportunità di un nuovo inizio.
È l’approccio che il teologo Piero Coda ha usato nell’articolo principale del n. 6 della rivista Ekklesía che da pochi giorni è disponibile online per gli abbonati e può essere eccezionalmente ricevuto da tutti seguendo le indicazioni contenute qui.
Per Coda ogni piaga si riassume nel fatto che la Chiesa non riflette abbastanza in sé il Vangelo di cui è chiamata ad essere espressione, custode e testimone. Il Vangelo è oscurato, quando non arde come fuoco vivo nel cuore dei discepoli di Gesù; rimane privatizzato, dove non si incarna nel servizio alla giustizia e nella solidarietà coi più poveri; risulta dimezzato, quando viene letto e attuato soprattutto con la sensibilità degli uomini e non altrettanto delle donne; è clericalizzato se al centro non si pone il popolo di Dio; appare silenziato quando viene meno, all’interno della Chiesa, la tensione missionaria o quando, dall’esterno, la sua voce è soffocata dalla tecnocrazia e da persecuzioni.
Ma ogni piaga contiene anche nuove opportunità e una chiamata: testimoniare per non oscurare il Vangelo; impegno concreto per non privatizzarlo; un umanesimo completo nella reciprocità uomo-donna per non dimezzarlo; spazio ai molteplici doni e carismi per non clericalizzarlo; dialogo e incontro perché non rimanga silenziato.
Tutto ciò, ovviamente, non riguarda solo la Chiesa cattolica, ma con sfumature diverse la cristianità intera, come sottolineano i contributi complementari di un teologo anglicano e un teologo riformato, Callan Slipper e Peter Dettwiler.
Per quanto siano chiarificanti tali riflessioni e necessarie per una salutare catarsi, non ci si deve però fermare ad esse, ma occorre passare ai fatti. E sono appunto questi che si dispiegano nel resto di questo numero di Ekklesía: lo sguardo del vescovo luterano Christian Krause sui progressi – pur fra battute d’arresto – nell’unità fra le Chiese; la prospettiva di un patto educativo globale, promosso da papa Francesco per il prossimo autunno e illustrato da mons. Vincenzo Zani; l’azione della diocesi di Padova nell’affrontare la problematica degli abusi, descritta da suor Tiziana Merletti. E ancora: l’impegno, da oltre cent’anni, dei padri cappuccini nella regione amazzonica.
Fanno da chiave di lettura, in apertura del numero, l’appello rivolto da Francesco alla Chiesa di Roma di avere il coraggio di “reggere lo squilibrio” e la generosità di “abitare con il cuore” le molteplici sfide della città, assieme all’invito, formulato da Chiara Lubich nel 1999 in una convention di famiglie, di rivolgere lo sguardo al Cristo Abbandonato ogni qual volta ci troviamo di fronte a problemi apparentemente insolubili.
Un’altra grande pista di impegno sarà esplorata, a fine primavera, nel focus del numero 7 di Ekklesía: “Narrare il Vangelo oggi”, con nuove modalità e nuovi linguaggi.