Dare sostegno alle famiglie per far ripartire la società

Si sono svolti a Roma gli Stati generali della natalità, promossi dal Forum delle associazioni familiari presieduto da Gigi De Palo. Un'occasione per ripartire, in una situazione di inverno demografico, per rimettere al centro la famiglia e i figli perché, come ha detto De Palo, «siamo tutti genitori del Paese di domani».
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La famiglia al centro dell’attenzione istituzionale, politica, sociale e mediatica. Un risultato importante, quello ottenuto dal Forum delle associazioni familiari, guidato da Gigi De Palo, attraverso gli Stati generali della natalità, che si sono svolti il 14 maggio a Roma, alla presenza, tra gli altri, di papa Francesco e del presidente del Consiglio Mario Draghi.

In Italia, secondo i dati Istat, si fanno sempre meno figli. E se la pandemia ha aggravato la situazione, il calo si era già verificato prima che il Covid 19 sconvolgesse le nostre vite. Nel 2019, infatti, nel nostro Paese si è registrato il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia: solo 420.084, con oltre 19 mila nuovi nati in meno rispetto al 2018. Continua a scendere anche il numero medio di figli per donna: 1,27 per il complesso delle donne residenti (1,29 nel 2018 e 1,46 nel 2010, anno di massimo relativo della fecondità).

«Occorre essere chiari − ha detto De Palo −, non ci sarà alcuno sviluppo sostenibile, in Italia come in Europa, senza equilibrio intergenerazionale. Perciò dobbiamo capire che le politiche demografiche non sono costi ma investimenti. Ormai fare un figlio è diventato un lusso, se è vero che è una delle prime cause di povertà. Ma come può diventare fonte di povertà la nascita di un bambino?».

La natalità, ha affermato De Palo, è la nuova questione sociale, perché se non interveniamo ora, crolla tutto. Ed è una questione sociale universale, che riguarda tutti, anche chi i figli – liberamente – non li ha voluti o non li vuole fare e non desidera figli propri. Perché riguarda il futuro. Perché ha che fare con la speranza di un popolo. Perché anche chi sceglie liberamente di non avere figli propri avrà bisogno delle generazioni di domani. Siamo tutti genitori del Paese di domani».

Ebbene, sembra ormai chiara la necessità di un’inversione, decisa, di tendenza, da raggiungere grazie ad un’azione sinergica delle istituzioni, che devono impegnarsi affinché il calo demografico si inverta e l’Italia diventi per davvero un Paese per famiglie.

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«Un’Italia senza figli − ha dichiarato il presidente del Consiglio Draghi − è un’Italia che non crede e non progetta. È un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire». Attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), lo Stato investirà sui servizi per le famiglie circa 20 miliardi di euro. Verranno realizzati asili nido e scuole per l’infanzia, sarà esteso il tempo pieno e il potenziamento delle infrastrutture scolastiche e sarà prevista una clausola per facilitare l’assuzione nelle aziende di donne e giovani.

Essere madri non dovrà significare abbandonare il lavoro e avere una famiglia non dovrà essere un peso che dovranno portare solo le donne come purtroppo troppo spesso accade. «La consapevolezza dell’importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione. Lo Stato − ha aggiunto Draghi – deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza. Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società, donne e uomini, in grado di avere figli».

E se il tanto atteso assegno unico universale per le famiglie partirà per tutti solo nel 2022, a luglio di quest’anno sarà attivato almeno per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che non hanno accesso agli assegni familiari.

Una misura, quella dell’assegno, che ha avuto anche il plauso di papa Francesco. «Finalmente – ha affermato – in Italia si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce. Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte».

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Perché il futuro sia buono, ha aggiunto il papa, «occorre prendersi cura delle famiglie, in particolare di quelle giovani, assalite da preoccupazioni che rischiano di paralizzarne i progetti di vita… Penso anche, con tristezza, alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia. Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere. I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo!».

A proposito di natalità, auspicando finalmente un passaggio dall’attuale inverno demografico a una nuova primavera, il papa ha offerto tre pensieri. Il primo riguarda il dono. «La vita – ha detto Francesco – è il primo dono che ciascuno ha ricevuto. Un figlio è il dono più grande per tutti e viene prima di tutto. A un figlio, a ogni figlio, si lega questa parola: prima. Come un figlio viene atteso e viene amato prima che venga alla luce, così dobbiamo mettere prima i figli se vogliamo rivedere la luce dopo il lungo inverno. Abbiamo dimenticato il primato del dono – il primato del dono! –, codice sorgente del vivere comune. È avvenuto soprattutto nelle società più agiate, più consumiste. Vediamo infatti che dove ci sono più cose, spesso c’è più indifferenza e meno solidarietà, più chiusura e meno generosità. Aiutiamoci a non perderci nelle cose della vita, per ritrovare la vita come senso di tutte le cose».

«Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? – ha chiesto ancora il papa –. Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato? Ci dev’essere il coraggio di scegliere che cosa viene prima, perché lì si legherà il cuore».

Il secondo pensiero del papa è legato alla parola sostenibilità: la sostenibilità generazionale: «Non saremo in grado di alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli. La crescita sostenibile passa da qui». Ma sostenibilità fa rima con responsabilità: è il tempo della responsabilità per far fiorire la società. E oltre al ruolo primario della famiglia, è fondamentale la scuola. «Non può essere una fabbrica di nozioni da riversare sugli individui; dev’essere il tempo privilegiato per l’incontro e la crescita umana».

La sostenibilità, ha continuato il papa, «ha bisogno di un’anima e quest’anima – la terza parola che vi propongo – è la solidarietà. Anche ad essa associo un aggettivo: come c’è bisogno di una sostenibilità generazionale, così occorre una solidarietà strutturale… Sono indispensabili una politica, un’economia, un’informazione e una cultura che promuovano coraggiosamente la natalità. Occorrono politiche familiari di ampio respiro, lungimiranti: non basate sulla ricerca del consenso immediato, ma sulla crescita del bene comune a lungo termine».

Il papa ha concluso il suo intervento con la parola grazie. «Grazie per gli Stati Generali della natalità, grazie a ciascuno di voi e a quanti credono nella vita umana e nell’avvenire. A volte vi sembrerà di gridare nel deserto, di lottare contro i mulini a vento. Ma andate avanti, non arrendetevi, perché è bello sognare, sognare il bene e costruire il futuro. E senza natalità non c’è futuro».

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