Dare la Regola ai giovani: il noviziato di Fontecolombo
La domanda di partenza potrebbe essere: Che cosa permette di veicolare i valori che sono alla base della Regola? Per rispondere a questa domanda farò brevemente alcune riflessioni “a voce alta”.
Radicalità di vita
L’essenziale mi sembra che risieda soprattutto in un’esperienza di vita: la prima cosa è “vivere il Vangelo”, come dice san Francesco all’inizio della Regola stessa. Perciò è importante che i formatori presentino la loro vita evangelica, dal punto di vista sia personale sia comunitario. Infatti i giovani imparano dalla vita prima che dalle parole… poi ci vogliono anche le parole, certo, ma prima la vita.
La radicalità, intesa nel senso positivo della parola, è un’altra cosa che è apprezzata dai giovani: chi arriva ad un istituto religioso lascia tante cose, e anche se le sue motivazioni iniziali sono sempre miste e da purificare, è spesso alla ricerca di una proposta radicale. Perciò non gli va data una cosa annacquata o “a metà”: “Sì, il fondatore diceva così, ma…”.
Certamente ci sono delle precisazioni da fare, dei “distinguo”, perché non è scontato applicare all’oggi la vita di san Francesco che è vissuto nel 1200: non si possono fare dei corto-circuiti. Però i giovani esigono la radicalità, e questo mi sembra sia un dovere di chi educa alla vita religiosa.
È importante poi l’attualizzazione, l’attenzione all’oggi: nella Regola francescana è scritto “che i frati non vadano a cavallo…”1, o “che non accettino denari” (cf. Rb IV, FF 87)! Sì, ma oggi cosa vuol dire? Oggi nessuno si muove a cavallo e per ogni minima cosa occorre il denaro.
Bisogna perciò con l’aiuto delle Costituzioni Generali – e per le cose ancora più particolari con gli Statuti Generali – attualizzare le parole della Regola all’epoca che viviamo, avendo un occhio alla situazione dell’Ordine oggi nel mondo, a quello che la Chiesa oggi ci chiede.
Per esempio: la Chiesa ci chiama a vivere una “spiritualità di comunione”. Quale cambiamento produce questo invito nella nostra vita? Bisogna saper rispondere a questa domanda. E ancora, va tenuto presente quello che il mondo oggi chiede, le gioie e le speranze, le difficoltà concrete delle persone, le loro ansie.
In qualche modo gli altri ci insegnano come vivere la Regola: abbiamo bisogno dell’altro, di chi non è francescano, di chi non è un religioso, di chi non è cristiano, di chi non è credente… San Francesco non è venuto per i francescani, ma per tutti, specie per i più lontani: solo confrontandoci con quelli che non la pensano come noi, possiamo scoprire cosa Francesco direbbe e farebbe oggi.
Varie dialettiche
Poi, bisogna tenere presenti le varie dialettiche che possono esserci, per esempio, a livello sociale. C’è la dialettica tra individuo e relazione, che oggi è sentita in modo tanto forte: cosa vuol dire essere se stessi, avere un’identità? E insieme, cosa vuol dire essere in relazione? Cosa vuol dire essere pienamente se stessi, ed allo stesso tempo essere totalmente con l’altro e per l’altro?
Presentare una Regola, ricca di sapienza, che affronta questi argomenti in maniera non esplicita, ma appunto sapienziale, significa esplicitare questi aspetti che oggi sono importanti. Si potrebbe così aggiungere: cosa vuol dire essere francescani? c’è il modo solo italiano, o quello latino-americano… cosa vuol dire essere religiosi? c’è il modo francescano solo, o quello domenicano… cosa vuol dire essere credenti? c’è solo il modo cristiano….
Poi ci sono le dialettiche a livello comunitario: in comunità ci sono tante persone, tanti modi di pensare, di sentire. Alcuni per esempio sono più ancorati alla tradizione, altri più aperti al “nuovo”. Sono polarità che vanno rispettate, non si possono eliminare tout-court¸ altrimenti si “riduce” il carisma ad una sola dimensione di esso.
Esistono ancora delle dialettiche interiori, inerenti alla persona: una cosa è l’ideale che cerco di vivere, un’altra è la realtà che riesco di fatto a concretizzare. San Francesco stesso chiedeva perdono ai fratelli, perché non era riuscito ad osservare la Regola: è chiaro allora che essa si pone come un ideale che è sempre al di là di noi. Non possiamo aggiustarla a nostro uso e consumo, ma allo stesso tempo non possiamo svalutare la vostra esperienza solo perché non è ancora all’altezza di quanto la Regola esprime.
C’è inoltre la dialettica tra carisma e istituzione, che per esempio nella Regola di Francesco è già presente in nuce nel primo capitolo: “La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo… Frate Francesco promette obbedienza e riverenza al signor papa…” (Rb I, FF 75-76)! La sua Regola inizia e finisce con queste affermazioni inerenti la dialettica tra carisma e istituzione, che perciò va presentata, senza annullare né il polo del carisma né quello dell’istituzione, ma mantenendo la tensione dialettica: altrimenti si presenterebbe qualcosa che non è più la Regola francescana.
C’è, quindi, la dialettica comunione – missione. Francesco dice che, quando i frati vanno in missione, “non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio…” (Rnb XVI, FF 43). C’è qui in nuce la dialettica tra comunione e missione: bisogna farla venir fuori, perché Francesco l’ha vissuta in modo splendido, però non è immediato coglierla da quelle poche parole.
Infine – ma se ne possono individuare altre – c’è la dialettica tra la lettera e lo spirito della Regola. È chiaro che la “lettera” è più piccola del carisma che Dio ha dato a Francesco e che ha un’apertura all’infinito: ma allo stesso tempo quella lettera veicola il carisma e non si arriva a quel carisma senza quella lettera.
Sono dialettiche che non si possono mettere tra parentesi nel presentare la Regola. Sappiamo che queste tensioni sono molto vive nella Chiesa e nella società, come lo sono state nel passato nella storia del francescanesimo: vanno esplicitate in modo da preparare i giovani alle sfide che affronteranno.
La visione dell’uomo
È importante poi l’antropologia di fondo. Oggi l’antropologia adottata dovrebbe essere interdisciplinare, in un’ottica d’integrazione tra scienze sacre e profane, che insieme concorrono a dare una certa visione dell’uomo. Questo permette di situare il discorso sulla Regola su un “modello di uomo”, alla luce dell’insegnamento del Signore ed in armonia con i dati di realtà.
Non si può pensare ad una Regola fatta solo per gli “spirituali” o solo per quelli che “si sporcano le mani”: vanno tenuti presenti entrambi gli aspetti, quello concreto d’incarnazione, ma anche quello ideale ed ispiratore. Un po’ ad immagine di nostro Signore, vero Uomo e vero Dio.
La Regola francescana in particolare, poi, mi sembra strutturata come un percorso pedagogico: se si seguono i capitoli uno dopo l’altro, si vede che Francesco porta sempre più a vivere il Vangelo. Per esempio, all’inizio come prima cosa dice la definizione della nostra vita: “La Regola e vita dei frati minori è osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo…” (Rb I, FF 75).
Poi nella Regola non bollata comincia a dire “Allora, se vuoi, devi vivere queste parole del Vangelo: Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso” (Mt 16, 24), e altri passi evangelici simili (cf. Rnb I, FF 4).
Quindi comincia a presentare i vari punti del Vangelo che vanno vissuti: la preghiera, il lavoro, la missione… ma in una sequenza che è pedagogica, che inserisce in un cammino. Credo che questo anche bisogna farlo venir fuori: l’itinerario pedagogico attraverso cui la Regola conduce. Essa non è solo uno scritto che “sta lì” per essere “ricopiato”, ma in essa bisogna entrare piano piano e lasciarsi condurre al Signore Gesù, alla vita evangelica.
E vivere il Vangelo non è lo scopo solo della Regola francescana, ma di tutte le Regole. È importante allora ascoltare, meditare, vivere la Parola, e poi far circolare la vita della Parola tra noi: scambiarsi impressioni, esperienze, situazioni interiori ed esteriori che si passano, sempre nei limiti della discrezione. È la Parola la “culla” della Regola: senza il riferimento alla Parola di Dio, la Regola non si regge di per sé. Allora c’è da approfondire sempre di più, insieme, la vita della Parola che è il cuore della Regola.
In ultimo volevo presentare un metodo: a Fontecolombo usiamo leggere prima personalmente la Regola – ed un breve commento ad essa – e poi comunicarci le cose che ci vengono in mente, con quello spirito che cerca non solo la “lettera”, ma cerca di cogliere l’aspetto sapienziale. Lo sforzo principale da fare, allora, è quello di svuotarmi dei miei modi di vedere e di pensare, di sentire e di fare, per cogliere quello che intende comunicare l’altro.
Finché io non metto temporaneamente da parte, non sospendo tutte le mie categorie, non coglierò mai le categorie dell’altro, ma ritroverò sempre me stesso. Perciò questa sospensione del proprio modo di essere, di vedere e di sentire è fondamentale per accostarsi alla Regola, la cui interpretazione può venire in qualche modo solo dal “noi”: vale a dire dall’io di ciascuno, ma messo insieme nel “noi”.
Ed ora ascoltiamo come si accostano alla Regola due novizi: Michele della Sicilia e Maurizio della Puglia.
Fra’ Michele
Nel fare l’esperienza di “novizio” tra i frati minori, vivo questo tempo come “tempo di ascolto e di approfondimento della Regola”. Sento di ringraziare i formatori che, prima di spiegarci con le parole quello che san Francesco d’Assisi vuole dire ai suoi frati, lo mostrano con la loro stessa vita accanto a noi: è questa vita che ci parla della Regola ed è proprio dall’esempio di queste persone che sto entrando in quella che è l’esperienza dei frati.
Lo studio della Regola che ci propongono cerco di viverlo in preghiera e questo mi porta a crescere nel discernimento e nell’apprendimento. E proprio in questo nostro studio di oggi e nella vita vissuta dei frati che ci accompagnano, posso constatare che nella vita moderna si può vivere da uomini liberi la Regola, che poi è il Vangelo di nostro Signore.
Fra’ Maurizio
L’anno di noviziato che mi trovo a vivere è un “tempo di grazia”: è grazia lo studiare e il pregare la Regola a Fontecolombo, nel luogo in cui Francesco l’ha scritta e le ha dato vita.
La Regola è il primo testo di Francesco che ho incontrato lungo il mio cammino. Ciò che da sempre mi colpisce è la parte iniziale, le prime parole che dicono: “La Regola e vita dei frati minori” (Rb I, FF 75). Perciò non è semplicemente un testo legislativo, ma in essa trovo me stesso, chi voglio essere, la vita che voglio vivere sforzandomi giorno dopo giorno, studiandola e vivendola, con le gioie e le difficoltà che si possono incontrare lungo il cammino.
La Regola è lo strumento che mi aiuta ad avvicinarmi sempre più a Dio, a corrispondere al suo amore infinito. In essa vedo non solo la mia vita, ma anche la vita di tutto l’Ordine. Sono certo che solo vivendola posso renderla attuale, comunicarla e donarla agli altri.
1 Cf. Regola non bollata XV, in Fonti Francescane 41 (abbr. Rnb e FF). Ci riferiamo al testo anche della Rnb dato il suo stretto legame con la Regola bollata (Rb), che è quella definitiva, ai fini della interpretazione di quest’ultima.