Dare credito in tempi difficili
Il box può somigliare a quello di un moderno e informale confessionale. Si prende il numeretto e ci si mette in fila per parlare con l’impiegato addetto ai privati o aziende. Un mutuo, un prestito o una richiesta di fido, che vuol dire la possibilità di “andare sotto” e cioè non avere più un soldo sul conto corrente ma continuare a prelevare, pagando un certo interesse, il denaro necessario per andare avanti. Un lavoro importante che richiede grande attenzione. Certe volte è il momento della verità perché, al di là delle buone intenzioni, la banca dati consultata può condurre a confermare l’impossibilità del credito, costringendo a bussare ad altre porte più o meno amichevoli, se non pericolose.
L’occupazione è saltuaria, la retribuzione troppo bassa, il contratto a termine. Chi può garantire? E come si pagheranno le cure necessarie? Come pagare la bolletta scaduta da tempo? L’ultima indagine del Censis documenta un numero crescente di persone, nove milioni di italiani, che, nell’ultimo anno, hanno rinunciato a curarsi. E al primo annuncio di possibili licenziamenti e cassa integrazione la mente corre subito alle spese fisse come l’affitto o il mutuo, che è una forma di comproprietà della propria abitazione con la banca che, per garantire il credito concesso, mette un’ipoteca sulla casa. Cronache di ordinaria amministrazione che diventano preoccupanti in quella che Luigino Bruni, nel recente intervento per l’Incontro mondiale delle famiglie con il papa, ha definito «la più grave crisi finanziaria ed economica che il sistema capitalistico ha attraversato dalla fine della Seconda guerra mondiale».
È in questo contesto che il laboratorio sperimentale che si svolgerà a Loppiano il 16 e il 17 giugno, organizzato da Umanità Nuova, espressione sociale del Movimento dei focolari, e rivolto a «tutti coloro che operano nel mondo della finanza, nelle banche, nei gruppi assicurativi, e nei servizi al credito», chiama a una nuova e urgente presa di coscienza. Come notano gli organizzatori, questa crisi «colpisce soprattutto i cittadini più deboli» e quindi «grazie al confronto e alla condivisione, sarà possibile individuare quelle piste di azione per rendere il lavoro in questo settore sempre più coerente con la responsabilità sociale che viviamo».