Dante per tutti?
Botta e risposta sul trattamento riservato, nei nostri tempi moderni, al sommo poeta.
Coraggio, facciamolo conoscere «Nell’articolo di quel simpatico “brontolone” che è Giovanni Casoli (lo stesso che ha scritto che oggi “la letteratura è morta”, avrei in mente una trentina di titoli per dimostrare il contrario, ma mi manca lo spazio) si dice che:
«1) Dante non è roba per tutti (anzi è proprio per pochi ben attrezzati lettori);
«2) Dante non è “antologizzabile”, o lo leggi tutto o è meglio che lasci perdere (com’è che le Sacre Scritture subiscono lo stesso trattamento da secoli senza suscitare altrettanta indignazione?);
«3) Dante non può essere “popolare” (ma Boccaccio non organizzò delle letture “pubbliche” della Commedia nel Duomo di Firenze?) e tanto meno spettacolare (tuttavia il mio prof. di Storia del Teatro all’università ci parlava della “sapienza scenica” del sommo poeta);
«4) Dante viene sistematicamente violentato nelle scuole pubbliche (concordo, ma non dall’analisi strutturalista – le nuove leve postideologiche non sanno neanche cosa sia! –, dall’insensibilità artistica, che è peggio);
«5) la Commedia è un capolavoro intoccabile (si dia pace: è successo anche a Monna Lisa di essere “pasticciata” da Andy Warhol o alla sinfonia k 550 di Mozart di diventare una suoneria telefonica, eppure sono sopravvissute).
«Premettendo doverosamente che Dante non è un “dottore della Chiesa” (nessun teologo postconciliare potrebbe difendere la sua visione dell’aldilà), nè un idolo (l’idolatria è il sommo peccato secondo la Scrittura), resto personalmente grato a chi tenta come il “piazzaiolo” Benigni o il prof. Sermonti (meglio il secondo del primo, ne convengo) di togliere le cento cantiche dagli armadi polverosi dove certi accademici “apprensivi” vorrebbero rinchiuderle per non correre il rischio di sciuparle. Con ottimismo».
Roberto Pavanello
scrittore per l’infanzia
Rispondo punto per punto:
1) Dante è per tutti se tutti si attrezzano sufficientemente per leggerlo. Altrimenti si illudono;
2) La Bibbia ha rivelazioni essenziali e parti secondarie (per noi). I cento canti della “Divina Commedia” sono indissolubilmente concatenati e progressivi. Antologizzarli significa falsarli e destrutturare l’opera, come dimostrerò in un libro su Dante edito nel 2009 da Città Nuova;
3) Che Dante possa essere popolare lo dimostrano i contadini analfabeti che cent’anni fa lo recitavano a memoria. Che sia spettacolare è fuori di dubbio, ma “spettacolarizzabile” è tutt’altra cosa. Sarebbe come prendere le figure michelangiolesche della Sistina e farne uno sceneggiato televisivo;
4) L’analisi strutturalista ha già fatto del suo peggio;
5) Sono Andy Warhol e le suonerie telefoniche a rimetterci, non Leonardo o Mozart. Dante è più Dottore di tanti teologi, e la sua visione dell’Aldilà, nella sostanza e non nell’immaginario legato al tempo, è – tranne in pochi passi – perfettamente cristiana.
Giovanni Casoli