Dante, gli occhi e la mente
Ravenna. A San Romualdo la sfilata delle opere due-trecentesche esposte è impressionante. È come un film nel quale ci immergiamo e di colpo ci troviamo con Dante nell’immaginario suo e collettivo attraverso dipinti, sculture, miniature. In una epoca in cui la gente soprattutto “vedeva” la storia, la religione, la cultura, la vita insomma più che attraverso i libri – pochi e costosi – tramite i manufatti imprimendoseli nella memoria, noi ripercorriamo con il Poeta il suo stesso itinerario visivo e quindi fantastico. Dante stesso se ne è imbevuto così tanto che i riferimenti nei versi e nelle atmosfere della sua Commedia sono costanti. Cosi, passeggiando tra queste opere ripercorriamo il suo viaggio degli occhi e della mente.
Certo, fa una grande impressione il polittico di Giuliano di Martino da Rimini, dipinto tra il 1315 e i l 1320 quando il Poeta viveva a Ravenna, dove il fondo oro con l’Incoronazione di Maria ricorda l’atmosfera trionfale di lei nel Paradiso (canti XXIII e XXXXIII), mentre gli sberleffi sul Cristo incoronato di spine fanno pensare subito all’Inferno e ai lazzi di un personaggio osceno come Vanni Fucci (canto XXV). E sempre a Ravenna, sembra proprio sopra la prima modesta tomba di Dante, doveva trovarsi un altorilievo in marmo della fine del Duecento, una Madonna col Bambino di un maestro anonimo, solenne e umana, col piccolo benedicente, seduta sopra un trono drappeggiato. Una immagine di calma fortezza, forse dipinta, ora conservata a Parigi, al Louvre.
Prima di arrivare definitivamente a Ravenna, Dante era stato a lungo in diverse città del Veneto – Verona Treviso Venezia -, ed è interessante osservare nella mostra le opere contemporanee che certo hanno ispirato un intellettuale curioso come lui. Padova e Giotto, naturalmente. Si saranno visti, frequentati? La tradizione lo afferma, e non c’è motivo per negarlo. Certe atmosfere di Lucifero nell’Inferno ricordano l’affresco giottesco nella Cappella degli Scrovegni, dipinta nel 1303-1305 prima che la Cantica fosse pubblicata. Il testo dell’Officiolo risalente al 1305 circa dà una idea anche dell’arte miniaturistica – di cui il Poeta sembra esperto quando cita nel Purgatorio Oderisi da Gubbio – del tempo, con la vivacità di colori, le figure simboliche come i l grifone che si troveranno alla fine della Seconda Cantica.
E a proposito di miniature la rassegna offre una esibizione fantastica di codici illustrati con un repertorio di immagini e colori che hanno del meraviglioso. Ci si perde gli occhi e anche Dante li deve avere persi, quando soggiornò a Bologna prima e durante l’esilio, dove lavorava quel Franco Bolognese per lui ormai superiore ad Oderisi. La Bibbia (1265-1270) dai colori folli per quanto sono lucidi, il Salterio di fine ‘200 (Università di Bologna), il Graduale della Pinacoteca cittadina, presentano un film visionario: luci forti, colori puri, decorazioni fantasiose, animali-simbolo come il pellicano o lo struzzo. Ogni pagina è un microcosmo di lettere gotiche intervallate da scene contemporanee o bibliche che squillano e brillano: luce per la vista e per l’intelligenza.
E poi, Roma, dove il Poeta si recò prima dell’esilio nell’Anno santo 1300 e poi nel 1302. Cosa vide? Le basiliche certo, San Pietro che non è quella attuale. Vide forse il monumento marmoreo che il grande nemico Bonifacio VIII si era già eretto da vivo, di cui in mostra è presente la copia del busto del papa ora in Vaticano, possente, frontale, con le chiavi in mano e il triregno in capo.
Quello che non c’ è nella nutrita rassegna sono i “luoghi”: Firenze, con il Crocifisso di Giotto a s. Maria Novella e l’Inferno di Coppo nel Battistero, i mosaici veneziani di san Marco, e la chiesa di santa Anastasia a Verona col ritratto del Poeta da poco scoperto, il duomo di Pisa. E poi Ravenna con i suoi mosaici ispiratori del Paradiso. Un viaggio in questa città e in questa mostra vale davvero la pena di farlo. (catalogo Silvana Editoriale)