D’Annunzio, il cattivo poeta

È il film sugli ultimi anni di d’Annunzio, in uscita in 200 copie. Un ritratto vero e impietoso.

È calvo, brutto, sciancato. Vive nella reggia dorata, in verità un auto-esilio, del Vittoriale, a Gardone sul Garda. Circondato da donne belle e adoranti, cocainomane, vizioso, sorvegliato dalla polizia fascista, perché d’Annunzio ha l’intelligenza ancora lucida, anzi troppo lucida per il Duce. Così quando riesce ad incontrarlo a Verona, reduce dal trionfalistico patto con la Germania, gli sussurrerà: «Ti stai scavando la fossa». Il Duce non gli bada, ama gli osanna, non uno spirito libero come il Poeta, il Vate, il Comandante come lo chiamano. D’Annunzio non gli serve più, anzi gli dà palesemente fastidio. Ma il poeta ha ragione: la Germania che egli non ama, il “piccolo nibelungo” come chiama Hitler, si rivelerà un disastro per l’Italia.

C’è un giovane federale, Giovanni Comini, che viene convocato a Roma da Starace per entrare al Vittoriale, conquistare la fiducia del Vate, spiarlo e riferire, cosa che i  ragazzo (un bravissimo Francesco Patanè) compie con passione, senza tuttavia rendersi conto che il Poeta ha la capacità di manipolare lui e chi gli sta intorno. Perché d’Annunzio ama solo sé stesso.

Il film, diretto da Gianluca Jodice, basato in maniera filologica su documenti reali,  fotograficamente molto bello sia negli interni – quelli veri al Vittoriale – che nelle vedute sul lago, delinea l’ambiente fastoso e decadente in cui vive il Vate. L’interpretazione di Sergio Castellitto che si è rasato il capo per assomigliare al poeta – che però era piccolo e sdentato – punta sul carattere, la depressione invadente, le manie, gli inganni e i vizi di una mente peraltro  acutissima – drammatico nel mutismo  il momento della morte – e bisogna dire che il ritratto è convincente.
L’importanza – anche per la ricostruzione della mentalità fascista, evidenziata con ironia nel personaggio di Starace -, sta nel restituirci l’immagine verisimile del Vate decrepito che tuttavia prevede gli errori del Duce ed è ostile al nazismo. Oltre a farci entrare nel clima impaurito ed oppressivo della dittatura: torture a chi la pensa diversamente, delazione anche degli amici, come vorrebbero fare pure i genitori del ragazzo. Un film che le nuove generazioni dovrebbe vedere per capire cosa significhi la perdita della libertà.

 

Mario Dal Bello

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