Dalle favelas alle dighe
Mercoledì 26 marzo: esercito nelle favelas di Rio
È noto il contrasto che oppone larga parte dell’opinione pubblica brasiliana alla presidente Dilma Rousseff per questioni di "abbandono" da parte delle autorità governative di buona parte della classe media. Ma c’è un altro dossier che preoccupa non poco le autorità in vista degli ormai prossimi Campionati mondiali di calcio: è l’esplosività di tante favelas sparse sul territorio brasiliano, in particolare quelle di Rio. Sono questioni di "controllo" del territorio e di narcotraffico. La presidente ha così inviato nelle bidonville di Rio l’esercito per una prima ricognizione: nel mese di maggio, poi, l’occupazione diverrà “stabile”, fino alla fine dei Mondiali.
Giovedì 27 marzo: 777 mistero fitto
Nonostante gli annunci della certezza che l’aereo della Malaysian Airlines in viaggio tra Kuala Lumpur e Pechino s’è inabissato nel Pacifico, restano enormi dubbi sul reale svolgimento delle cose nelle drammatiche ore dell’ancora inspiegabile folle itinerario del 777. Ultima giravolta del governo: bisogna cercare l’aereo 1300 chilometri più a nord di quanto ipotizzato… Le comunicazioni dei vari servizi di ricognizione e controllo radar militari dei diversi Paesi della zona e soprattutto di quelli delle grandi potenze mondiali sono reticenti e liberate al contagocce. Tutti atteggiamenti che paiono proprio voler nascondere qualcosa di grave.
Venerdì 28 marzo: fuga di capitali dalla Russia
Si parla di Ucraina e di Crimea su tutti i giornali, anche se l’ansia per la pace in Europa sembra lasciare lo spazio a una diplomazia che comunque non vuole arrendersi. Una notizia che non ha avuto molto spazio sui media è quella relativa alle stime dei capitali che avrebbero abbandonato la Russia negli ultimi tempi, dal momento dell’inizio della crisi ucraina, cioè tre mesi fa, in dicembre. 70 miliardi di dollari, mentre il rublo continua a perdere valore nel cambio con le altre grandi valute mondiali, nessuna esclusa.
Sabato 29 marzo: Ebola colpisce la Guinea
La febbre emorragica, mai veramente eliminata in questi anni, sta conoscendo una forte recrudescenza in Guinea, con almeno ottanta morti accertati, ma molto di più immaginati dalle autorità. Sul campo, come spesso in questi anni per casi simili a questo, ci sono i Medici senza frontiere, che lamentano una situazione gravissima perché l’epidemia non è concentrata come in altre occasioni, ma sparsa su un territorio molto vasto. Il governo cerca di rassicurare la popolazione, affermando che il focolaio ormai è circoscritto, ma esistono fortissimi dubbi al riguardo.
Domenica 30 marzo: Cuba apre
Seppur con una certa timidezza, il Parlamento cubano ha aperto agli investimenti stranieri nel Paese. Tranne che nei campi sanitario e scolastico, i capitali provenienti dall’estero ora possono far sentire la loro azione a Cuba. Basti pensare che le società a capitale misto, cioè con partecipazione interna ed esterna, avranno degli sgravi fiscali del 50 per cento. La crisi economica è bruciante nel Paese caraibico, al punto che le autorità, con questa legge, sperano di «rafforzare lo sviluppo dell’economia ora in grave recessione», come fonti governative ammettono.
Lunedì 31 marzo: 50 morti al giorno in Siria
Nessuno, o quasi, parla più di Siria, dove purtroppo si continua a morire. Si calcola che ogni giorno cinquanta vite umane vadano perse, in media. Solo nella giornata di oggi, nel Nord-Est del Paese, i morti sono stati una cinquantina a Markada, nella battaglia tra l’esercito di Assad e una delle tante sigle dei ribelli che operano in Siria, i miliziani dello Stato islamico in Iraq e nel Levante. La piazza è ambìta, visto che la regione tra Hassakè e Deir Ezzor è ricchissima di petrolio, mentre a Latakia e dintorni i combattimenti sono tra l’esercito regolare e il Fronte Al Nusra. Sul fronte diplomatico si attendono delle ricadute negative per l’irrigidimento tra Mosca e Washington per la crisi crimeana: Obama ha promesso di riprendere ad aiutare l’opposizione ad Assad nella sua visita in Arabia Saudita, mentre Putin ha ripetuto che difenderà a ogni costo l’alleato Assad.
Martedì primo aprile: contro la diga del Mekong
Numerose organizzazioni non governative di Laos, Cambogia, Vietnam, Thailandia e Australia hanno chiesto l’immediata sospensione dei lavori per la costruzione della diga di Xayaburi, in Laos, che alimenterebbe una mega-centrale elettrica di 1300 megawatt. Un progetto finanziato da banche thailandesi. La diga, secondo i promotori della protesta, porterebbe a una vera devastazione ambientale, sottraendo cibo a decine di migliaia di persone per il danno arrecato alla pesca e all’agricoltura.