Dalle bucce d’arancia una foresta
Tutto comincia a metà degli anni ’90, quando l’azienda produttrice di succhi d’arancia Del Oro, inizia la ricerca di un modo per poter smaltire gli scarti delle bucce degli agrumi utilizzati per produrre la bevanda. A prendere accordi con l’azienda ci pensano Daniel Janzen e Winnie Hallwachs, due ecologisti che al tempo lavoravano come consulenti nell’Area de Conservacion Guanacaste, un’area protetta che si trova in Costa Rica.
L’accordo proposto è molto semplice: la donazione di alcuni terreni di proprietà dell’azienda in cambio della possibilità di scaricare gli scarti organici in un terreno, sempre all’interno dell’area protetta, ma arido e privo di vegetazione. Così, a patto concluso, l’azienda inizia a portare i rifiuti e in un anno accumula oltre 12 mila tonnellate di bucce di arancia. Dopo solo un anno però, l’azienda TicoFruit denuncia alla Corte Suprema del Costa Rica la società rivale, vincendo la causa che si conclude con una condanna nei confronti della Del Oro per reato di inquinamento di area protetta. Siamo nel 1999 e da quel momento in poi nessun camion carico di arance è più arrivato all’interno del parco e il terreno non è stato più utilizzato.
La sorpresa è arrivata qualche anno fa, quando tornando nella stessa zona, i biologi Timothy Treuer e Jonathan Choi si sono ritrovati davanti una vasta e rigogliosa foresta verde, ricca di alberi e arbusti. In 16 anni, le bucce di arance abbandonate erano diventate un fertilizzante naturale capace di trasformare un terreno arido in una zona verde, «aumentando del 176% la biomassa del terreno». Il miracolo era avvenuto senza nessun costo né intervento umano, ma solo grazie alla capacità della natura di riciclare sé stessa.
Il caso della Costa Rica è diventato un esempio di agricoltura low cost che potrebbe essere utilizzato per il rimboschimento di alcune aree desertiche del pianeta.