Dalla Sicilia le regole dell’economia civile
Inaugurato ad Avola, nel siracusano, un laboratorio nazionale che mette insieme economisti, amministratori, giornalisti e giovani per una proposta al Paese
Insolito scegliere un eremo come laboratorio nazionale di economia, ma Stanislao di Piazza, direttore della filiale di Banca etica a Palermo non ha mai temuto la sperimentazione e soprattutto associare termini quanto mai in conflitto: banca e etica, spirito e moneta, credito e indigenti. Stamani ad Avola ha ufficialmente inaugurato questo cantiere per il Paese chiamando a lavorare ad una ridefinizione delle regole del mercato economisti, amministratori, cittadini e giovani. Luigino Bruni, Stefano Zamagni, Benedetto Gui, Leonardo Becchetti sono solo alcuni dei nomi che in queste ore assieme a giornalisti e banchieri studieranno e si interrogheranno su quali nuove vie sono da indicare all’economia soprattutto dopo la crisi del sistema capitalistico.
Abbiamo raggiunto Stanislao di Piazza alla fine di una delle sessioni di lavoro e gli abbiamo chiesto una valutazione dell’iniziativa.
Perché ha scelto la Sicilia per una proposta così ardita? E poi proprio un eremo…
«Nel 2007 quando si è aperto il primo sportello di Banca Etica a Palermo insieme agli economisti Bruni e Zamagni abbiamo cominciato a progettare dei percorsi di costruzione di una nuova economia civile, dapprima in sordina, ma dopo l’incontro su “Etica e legalità” dello scorso anno abbiamo pensato: ora facciamo un laboratorio itinerante che parta dalla Sicilia e giri per l’Italia. In questo laboratorio vogliamo costruire le regole dell’economia civile, visto che l’economia capitalistica è morta e su queste macerie dobbiamo poter costruire un nuovo modo di vedere le cose.
Perché l’eremo? Perché è gestito da una cooperativa di otto donne che già opera sul mercato secondo le regole dell’economia civile. E poi nel convento si conciliava l’ora et labora, per cui un luogo mistico, ma allo stesso tempo stimolante per lavorare e quindi un ottimo laboratorio per studiare e creare novità».
Che riscontri ha avuto nelle istituzioni?
La Regione ci ha appoggiato e ci osserva con interesse, vuole capire che sviluppi avrà. Il comune di Avola per i tagli che ha dovuto fare non ha potuto darci un finanziamento, ma tutti gli assessori della giunta si sono autotassati per dare un contributo personale che vogliono compaia non con il loro nome, ma come sostegno concreto dalla città. Un segnale interessante che anticipa il vero significato dei beni comuni: è comune, non solo ciò che ci appartiene ma quello che noi facciamo personalmente e concretamente per la comunità.
Sorprende la concomitanza con la rivolta dei forconi. Due modalità di rispondere alla crisi?
«La coincidenza è particolare ma noi avevamo fissato la data e il luogo con molti mesi d’anticipo e nulla faceva presagire ciò che ci stiamo trovando a vivere. Dalla Sicilia sta nascendo un movimento di protesta dura, ma esiste anche un forte movimento di proposta. Forse si potrebbero unire le due cose per dire che è giusto indignarsi, ma bisogna farlo con proposte concrete. Si capisce bene il pesante disagio sociale, ma c’è anche l’urgenza di pensare a regole nuove che realmente ci aiutino a cambiare le cose e ad avere un mondo migliore almeno per i nostri figli».
Stamani c’è già stato un primo confronto fra i relatori, la società civile, i politici. Come è andata?
«Paradossale nella sua strutturazione è il progetto di raccolta differenziata messo in atto nel comune di Castelbuono: un gruppo di asini passa di casa in casa a raccogliere i rifiuti. Il sindaco presentando questo progetto ha fatto rinascere un animale in estinzione e che proprio in questo momento sta dando all’uomo un serio aiuto non solo per la spazzatura ma anche sul piano dell’occupazione.
Di questi asini si occupano persone disagiate che invece di essere assistite dai comuni in modo passivo vengono immesse in un circuito produttivo e si realizzano con un lavoro serio. Un esempio economico positivo e non in perdita.
Abbiamo raggiunto Stanislao di Piazza alla fine di una delle sessioni di lavoro e gli abbiamo chiesto una valutazione dell’iniziativa.
Perché ha scelto la Sicilia per una proposta così ardita? E poi proprio un eremo…
«Nel 2007 quando si è aperto il primo sportello di Banca Etica a Palermo insieme agli economisti Bruni e Zamagni abbiamo cominciato a progettare dei percorsi di costruzione di una nuova economia civile, dapprima in sordina, ma dopo l’incontro su “Etica e legalità” dello scorso anno abbiamo pensato: ora facciamo un laboratorio itinerante che parta dalla Sicilia e giri per l’Italia. In questo laboratorio vogliamo costruire le regole dell’economia civile, visto che l’economia capitalistica è morta e su queste macerie dobbiamo poter costruire un nuovo modo di vedere le cose.
Perché l’eremo? Perché è gestito da una cooperativa di otto donne che già opera sul mercato secondo le regole dell’economia civile. E poi nel convento si conciliava l’ora et labora, per cui un luogo mistico, ma allo stesso tempo stimolante per lavorare e quindi un ottimo laboratorio per studiare e creare novità».
Che riscontri ha avuto nelle istituzioni?
La Regione ci ha appoggiato e ci osserva con interesse, vuole capire che sviluppi avrà. Il comune di Avola per i tagli che ha dovuto fare non ha potuto darci un finanziamento, ma tutti gli assessori della giunta si sono autotassati per dare un contributo personale che vogliono compaia non con il loro nome, ma come sostegno concreto dalla città. Un segnale interessante che anticipa il vero significato dei beni comuni: è comune, non solo ciò che ci appartiene ma quello che noi facciamo personalmente e concretamente per la comunità.
Sorprende la concomitanza con la rivolta dei forconi. Due modalità di rispondere alla crisi?
«La coincidenza è particolare ma noi avevamo fissato la data e il luogo con molti mesi d’anticipo e nulla faceva presagire ciò che ci stiamo trovando a vivere. Dalla Sicilia sta nascendo un movimento di protesta dura, ma esiste anche un forte movimento di proposta. Forse si potrebbero unire le due cose per dire che è giusto indignarsi, ma bisogna farlo con proposte concrete. Si capisce bene il pesante disagio sociale, ma c’è anche l’urgenza di pensare a regole nuove che realmente ci aiutino a cambiare le cose e ad avere un mondo migliore almeno per i nostri figli».
Stamani c’è già stato un primo confronto fra i relatori, la società civile, i politici. Come è andata?
«Paradossale nella sua strutturazione è il progetto di raccolta differenziata messo in atto nel comune di Castelbuono: un gruppo di asini passa di casa in casa a raccogliere i rifiuti. Il sindaco presentando questo progetto ha fatto rinascere un animale in estinzione e che proprio in questo momento sta dando all’uomo un serio aiuto non solo per la spazzatura ma anche sul piano dell’occupazione.
Di questi asini si occupano persone disagiate che invece di essere assistite dai comuni in modo passivo vengono immesse in un circuito produttivo e si realizzano con un lavoro serio. Un esempio economico positivo e non in perdita.
Il professor Bruni ha posto l’accento sul concetto di gratuità, che non vuol dire gratis, ma rendere le virtù,mattoni nella costruzione della società e dell’economia. E infine il giornalista Roberto Mazzarella che ha messo l’accento sulla legalità come solido fondamento di qualsiasi scelta personale, civile e imprenditoriale. Bilancio positivo per me, ma oso estendere la soddisfazione anche per gli altri convenuti».