Dalla rivolta alla condivisione
“La musica: ecco la mia vera e unica passione fin da piccola! Avevo studiato pianoforte, e così potevo permettermi voli di fantasia nel campo dell’arte, visto che non avevo problemi di carattere economico (appartenevo ad una famiglia di ceto medio-alto). A 16 anni, con un mio fratello, pure musicista, ho tenuto un concerto a Rosario ottenendo un discreto successo di pubblico. “Crescendo, però, venivo a contatto con le forti diseguaglianze sociali che mi circondavano. Poco alla volta incominciava a nascere in me un sentimento di ribellione, che poi a 18 anni si è concretizzato in un rifiuto della mia promettente carriera artistica, per dedicarmi a uno studio che ritenevo più idoneo agli impegni sociali a cui pensavo di dedicarmi. Mi sono così iscritta così alla facoltà di economia”. Gli enormi problemi sociali e finanziari della maggior parte dei suoi concittadini sconvolgono Carolina Luetich, la giovane argentina protagonista di questa vicenda. E nello stesso tempo la coinvolgono. “Sempre più mi convincevo di non poter più dedicare tempo ad altro. In molte famiglie di conoscenti, ad esempio, in una settimana si spendeva ciò che altri guadagnavano in un mese; la ribellione in me montava fino a farmi decidere di posporre anche lo studio all’attività sociale. Ho cercato così un lavoro che mi rendesse indipendente e, non ancora ventenne, sono andata via da casa per gestirmi come volevo”. Assieme a un altro suo fratello, Carolina comincia a frequentare la zona più miserabile della città: baracche fatte di lamiera e cartone, bambini e vecchi ammalati, immondizia ovunque. “Eravamo sempre a rischio di prenderci qualche infezione, come durante un’epidemia di colera che si era verificata in quei tempi. Tuttavia non avevamo un progetto assistenziale; solo caparbiamente ci dedicavamo ai poveri, condannando tutti gli altri. Senza pace – al punto che spesso avevo l’impressione di essere risucchiata in un vortice che cancellava quei valori cristiani in cui ero stata educata – mi sono allontanata sempre più dalla fede”. In questo contesto, che le appare senza soluzione, un giorno ha modo di conoscere, attraverso degli amici, un’esperienza di vita evangelica – quella dei Focolari – che darà una svolta alla sua vita. “Era la scoperta – racconta Carolina – di un Dio vicino, che avrebbe potuto dare valore alla mia ricerca di giustizia. Un Padre che aveva su di me e su ciascuno un progetto che prevedeva la fraternità fra gli uomini. Ma solo restando nell’amore avrei potuto comprenderlo e realizzarlo. Amare tutti e sempre, sull’esempio di quel Gesù che aveva avuto come misura il dare la vita, e non conosceva rabbia o disprezzo per gli altri. Era questo che cercavo? “In effetti una tale prospettiva mi attirava e rispondeva alle mie esigenze più profonde. Fra l’altro ero così stanca di essere in rivolta contro la società che incominciavo ad intuire come non bastasse dedicarsi ai poveri”. Il vangelo è una rivoluzione da vivere 24 ore al giorno. Per Carolina si tratta di sperimentarlo e costatarne i frutti. “Pensavo di riuscirci subito, o quasi; ma i giorni seguenti non sono stati facili. Un momento che si è rivelato importante, nonostante le mie riserve iniziali, è stato quando ho trovato il coraggio di ritornare in chiesa a confessarmi, mettendomi di nuovo davanti a Dio, faccia a faccia con tutti i miei sbagli e le mie intemperanze. “Ho iniziato poi a ricucire i rapporti con chi avevo fatto soffrire di più, a cominciare da mia madre. Gradualmente ho sperimentato chebastava fare il primo passo per trovare con lei un rapporto assolutamente nuovo, intenso e armonioso: una sorpresa per entrambe. E tutto perché ero ritornata ad abitare a casa, a raccontarle di me e a interessarmi di lei, in uno scambio a cuore aperto, senza fretta ”. In quegli stessi giorni si accorge che la donna delle pulizie ha bisogno di un paio di scarpe di cuoio, che però non ha i mezzi per acquistare. “Io possedevo diverse paia di scarpe – prosegue Carolina -, e vedi caso, quelle di cuoio erano proprio quelle a cui tenevo di più. Una “voce” che cominciavo ad ascoltare sempre più spesso mi spingeva però a dargliele. La gioia inattesa che ho subito provato mi ha confermato che avevo imbroccato la soluzione più evangelica. Era come se Gesù stesso mi dicesse: “L’hai fatto a me””. Da allora questa gioia non l’ha più lasciata: nemmeno al lavoro o all’università. Un episodio: “La direttrice della facoltà era allora considerata da tutti un tipo molto irascibile, e nessuna delle mie compagne voleva mai trattare con lei, neppure per chiederle semplicemente di spostare un esame. Ho deciso così di fare da tramite tra lei e gli altri studenti; spesso si trattava di ascoltarla a lungo senza poter dire neppure una parola. Finché un giorno mi ha confidato la sua dolorosissima situazione familiare, chiedendomi addirittura di pregare per lei. Alla fine dei corsi mi ha salutato con particolare calore, augurandosi che altri giovani che condividevano il mio ideale di vita frequentassero la sua università”. Tonificata da queste esperienze, Carolina continua con un rinnovato slancio la nuova avventura. Non da sola, però. “Nella mia città eravamo un buon gruppo a cercare di vivere così e ci sforzavamo di andare verso tutti, proprio tutti. In quel periodo gli ultimi indio di quella zona avevano avuto lo sfratto da parte del comune, e si erano dovuti trasferire in una località dove non c’erano servizi: niente acqua, luce, scuole. Non potevamo restare con le mani in mano. “Abbiamo innanzitutto puntato a costruire con quella gente una calda, fraterna amicizia. Poi abbiamo coinvolto amici e conoscenti in una catena di solidarietà in cui tutti si davano da fare: c’era chi si faceva tramite con il comune per una soluzione ai disservizi, chi contattava il ministero della salute per i problemi più gravi, chi cercava vestiti o viveri o medicine da distribuire, chi procurava il necessario per un orto che sarebbe poi servito a tutta la comunità. Eravamo coinvolti in una nuova qualità di rapporti in cui spesso era difficile distinguere chi più riceveva da chi più dava “. Un’esperienza continuata a lungo e che ora è portata avanti da altri che condividono gli stessi ideali di Carolina.