Dalla parte di Venerdì

La “favola ecologica” di uno scrittore che, rassicurando, vuol far pensare.
Illustrazioni di Defoe

Vi sono storie che appartengono al patrimonio dell’umanità, che di tempo in tempo vengono ri-narrate perché hanno sempre qualcosa di nuovo da dirci: è il caso dei poemi omerici o di Robinson Crusoe, un romanzo, quest’ultimo, che ha generato una infinità di imitazioni: le cosiddette robinsonnades, fedeli in genere al cliché che vede il o i sopravvissuti a un naufragio colonizzare l’isola della salvezza, trasferendo in essa usi e costumi della propria civiltà.

 

Michel Tournier, giornalista e scrittore oggi ultranovantenne, ci ha provato anche lui con un risultato tra i più riusciti e originali. Nella sua libera reinterpretazione del romanzo di Defoe, infatti, egli fa assumere un ruolo non subalterno ma di coprotagonista a Venerdì, il selvaggio salvato da Robinson, del cui punto di vista fa un punto di forza per dare dell’intera vicenda una lettura molto intrigante per la sensibilità moderna. E Venerdì o la vita selvaggia è appunto il titolo di questo romanzo del 1971 e ormai diventato un classico, ora riproposto da Salani.

Per la verità l’autore aveva già affrontato l’argomento quattro anni prima con Venerdì e il limbo del Pacifico, dando alla storia più esplicite connotazioni filosofiche. In questa seconda versione, invece, diretta preferenzialmente ad un pubblico giovanile, l’assunto di pensiero rimane, ma è felicemente fuso in una narrazione fluida e lieve che non perde mai un colpo.

 

La trama è presto detta: nell’isola deserta in cui è capitato, Robinson restaura le usanze del mondo da cui proviene con puntiglio e al limite del ridicolo, visto che non ci sono altri abitanti (si pensi alla cerimonia mattutina dell’alzabandiera e alla cena consumata indossando i suoi vestiti migliori). Ma la solitudine gli gioca brutti scherzi: scopre di non essere più capace di sorridere. Per fortuna entra in scena Venerdì, che in un primo tempo si adegua alle strane abitudini del suo salvatore. Finché, involontariamente, fa esplodere la riserva di polveri che Robinson ha recuperato dalla nave naufragata, col risultato di distruggere tutte le innovazioni apportate da colui che si è autoeletto governatore dell’isola.

Tornati al punto di partenza, tocca a Venerdì insegnare al compagno di razza bianca come si vive veramente in un’isola selvaggia del Pacifico. Abbandonate le ridicole abitudini che alla fine gli avevano reso la vita complicata e noiosa, questi impara a poco a poco dalla sapiente industriosità dell’altro la bellezza di una vita libera e naturale.

 

Trascorrono per entrambi anni sereni e felici. Finché arriva una goletta a fare rifornimento di acqua e di viveri. L’ospitale Robinson, felice di nuova compagnia, sopporta le devastazioni che i cosiddetti uomini civili portano nella sua bella isola. Ma all’invito del capitano, contrariamente all’eroe di Defoe, rifiuta di seguirlo in un mondo al quale ormai non sente più di appartenere. A terra però lo aspetta un’amara sorpresa: Venerdì è sparito. L’ingenuo selvaggio, affascinato dal nuovo giocattolo rappresentato dal bellissimo veliero, è partito con esso, ignaro della schiavitù che, in quanto uomo di colore, lo attende nella sua nuova patria.

 

Rimasto nuovamente solo, il disperato Robinson medita la morte finché scopre che il giovane mozzo della goletta ne era fuggito clandestinamente per sottrarsi ai maltrattamenti di bordo. Dopo averlo accolto come un figlio, Robinson, la cui fissazione è cambiar nome al prossimo, gli dice: «D’ora in poi ti chiamerai Domenico. La domenica è il giorno delle feste, delle risa e dei giochi. E per me sarai il fanciullo della domenica».

Tournier, con humor, leggerezza e un pizzico di poesia, sottolinea che l’uomo non è fatto per la solitudine, che l’incontro invece dello scontro tra culture è di comune vantaggio, perché c’è sempre da imparare dal diverso.

Una “favola ecologica” che si può leggere a più livelli, lasciando al tempo stesso sereni e pensosi. Sì, perché, come ebbe a dire l’autore, «il mio proposito non è d’innovare nella forma, ma di far passare in una forma la più tradizionale, preservata e rassicurante possibile una materia che non possiede nessuna di queste qualità».

 

 

MICHEL TOURNIER è nato a Parigi nel 1924. Studi filosofici. Giornalista e autore di romanzi di genere realistico-fantastico, tradotti universalmente (in Italia da Garzanti e Salani). Numerosi e importanti i premi ricevuti per la sua narrativa. Del suo romanzo Il re degli ontani (1970) sono state vendute quattro milioni di copie.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons