Dalla G di Gran Bretagna alla M di Michael
G come Gran Bretagna. Gli atleti di “Sua Maestà”, dopo un avvio in sordina, hanno portato a casa tantissime medaglie (65 in tutto), andando a occupare il terzo posto del medagliere finale. E pensare che ad Atlanta, nel 1996, i britannici vinsero solo una medaglia d’oro, mentre a Londra, quest’anno, ne hanno conquistate 29. Certo, tradizione vuole che la nazione ospitante solitamente vada bene, ma il risultato ottenuto dal team GB è andato aldilà di ogni più rosea aspettativa. Questi successi non sono però frutto del caso, bensì di un preciso progetto finanziato dallo Stato e dagli stessi cittadini. Negli ultimi quattro anni, infatti, il Governo ha versato oltre 300 milioni di Euro per aiutare lo sport d’élite, mentre altri 80 sono arrivati attraverso una lotteria nazionale istituita proprio a sostegno degli atleti britannici. E i risultati si sono visti.
H come Helen Glover e Heather Stanning. Dopo quattro giorni andati in bianco, gli inglesi cominciavano a preoccuparsi. Mark Cavendish, grande campione di ciclismo, aveva fallito nella prova su strada; Rebecca Adlington, rivale storica della nostra Pellegrini, non era andata oltre il terzo posto nei 400 stile libero; Thomas Dailey, e il suo compagno Peter Waterfield, si erano fermati alla medaglia di legno nei tuffi dalla piattaforma sincronizzati: nessuna medaglia d’oro! Poi sono arrivate loro, Helen e Heather, che vincendo la prova del due senza nel canottaggio hanno finalmente rotto “l’incantesimo” (la loro vittoria è stata annunciata persino nelle fermate della metro londinese). Helen fino al 2007 faceva solo l’insegnante, Heather invece a quel tempo era ufficiale nell’artiglieria. Avevano ottime capacità fisiche, e sono state reclutate da un programma per la ricerca di talenti da avviare allo sport. Ora Helen tornerà a fare l’insegnante, mentre Heather partirà a ottobre per l’Afghanistan. Con una medaglia d’oro al collo, e la riconoscenza di un’intera nazione.
I come Italia. Avevamo chiuso la prima giornata con due medaglie d’oro e il secondo posto nel medagliere dietro la Cina: un sogno. Poi, tra conferme, sorprese e qualche delusione (pensiamo in particolare al nuoto), alla fine siamo comunque riusciti a difendere il nostro posto nel G10 dello sport mondiale (28 medaglie complessive e ottava posizione nel medagliere finale). Un risultato in linea con quello ottenuto quattro anni fa a Pechino (allora conquistammo 27 podi), leggermente inferiore alle attese della vigilia, ma da non disprezzare, considerando anche la sempre crescente globalizzazione in atto nel mondo dello sport (alla fine ben 85 nazioni hanno conquistato almeno una medaglia). Accontentiamoci.
J come Jessica Rossi e Josefa Idem. Una ha vinto l’oro, l’altra non è riuscita a salire sul podio. Eppure Jessica e Josefa ci hanno emozionato entrambe. La giovane tiratrice di Crevalcore, appena ventenne, ha dominato con la freddezza di una veterana la finale del trap femminile stabilendo il nuovo record del mondo (99 piattelli colpiti su 100), e dedicando il suo successo alla gente d’Emilia, la sua gente ancora scossa dal terremoto (i genitori della nostra campionessa sono rientrati in casa solo da alcuni giorni dopo aver vissuto per settimane in roulotte). La veterana canoista nativa della Germania, che a settembre compirà quarantotto anni, ha conquistato invece la sua decima finale olimpica (in otto partecipazioni), e proprio con la spensieratezza di una giovane ha terminato la sua gara con un brillante quinto posto. Da lei, un vero spot per lo sport. Dove non è necessario vincere sempre, quanto piuttosto dare sempre il massimo di se stessi.
K come Kayla Harrison. Prima dei Giochi di Londra gli Stati Uniti non avevano mai vinto un oro olimpico nel judo. A colmare questa lacuna ci ha pensato una ragazza che in passato ha dovuto superare momenti davvero difficili. "Voglio morire"
L come Londra. Alla vigilia delle gare, molti erano scettici. La metropoli britannica, che quest’anno aveva già celebrato adeguatamente i sessant’anni di regno di Elisabetta II, si è dimostrata invece davvero all’altezza. Tranne qualche piccolo inconveniente, subito risolto, tutto ha funzionato benissimo. Nelle ultime tre settimane, ad esempio, quasi 10 milioni di persone si sono trasferite dal centro della città sino al parco olimpico, il vero cuore pulsante di queste Olimpiadi. Eppure i trasporti hanno retto l’urto al meglio, e il traffico non è andato in tilt. Sopportabili le code, efficienti (ma non “invadenti”) i controlli anti terrorismo, impeccabile il supporto ai turisti. Inoltre, tutto esaurito negli impianti di gara (alcuni vuoti sugli spalti sono stati dovuti solo a biglietti non “sfruttati” dagli sponsor), e strade gremite da folle di persone festanti durante gli eventi gratuiti disputati all’aperto (ciclismo, triathlon, marcia e maratona). Londra non è mai stata così bella: la sfida olimpica è stata vinta in pieno!
M come Michael Phelps. Nella storia delle Olimpiadi, Phelps c’era già. Il Superman delle piscine, che a Londra è andato ulteriormente ad arricchire la sua già nutrita collezione di medaglie diventando l’atleta a cinque cerchi più medagliato di sempre (18 ori, 2 argenti e 2 bronzi in quattro diverse edizioni dei Giochi), questa volta ha però mostrato anche un aspetto umano. Michael aveva cominciato infatti con un sorprendente (e per lui deludente) quarto posto nei 400 misti, gara in cui era indicato come il grande favorito, ma non ha fatto una piega: sempre sorridente, profondamente unito ai suoi compagni di squadra (che lo adorano), si è poi rialzato (alla fine per lui un bottino di 4 ori e due bronzi!), dimostrando però di saper anche perdere con un certo stile.
Foto di Giovanna Santoro