Dalla frode alla retta via
Un segnale doveva essere dato. Lo aspettavano i mercati internazionali. Sempre più critici. Lo esigevano decine di migliaia di risparmiatori traditi. Sempre più amareggiati. E questo è il senso di fondo che sta dietro l’approvazione, in Consiglio dei ministri, del disegno di legge sulla tutela del risparmio. La situazione si era fatta gravissima , per dirla con Vittorio Merloni, presidente dell’associazione delle società per azioni. Tre, per lui, i motivi. La dimensione dell’insolvenza, che dopo le crisi Fiat e Cirio, mette in dubbio la capacità industriale dell’Italia. L’uso di documenti falsi (è la causa peggiore), perché ha minato l’affidabilità del sistema italiano. Infine, il contraccolpo sui piccoli risparmiatori che ha generato una vera e propria crisi etica con gravi conseguenza sociali. Il testo del provvedimento governativo non è certo la panacea a tutti i mali. Si tratta di un risultato di compromesso tra posizioni diversificate in seno alla stessa maggioranza. Ma l’importante era far presto. Tanto che in molti, da Tabacci, presidente della commissione Attività produttive della Camera, ai leader Buttiglione e Fini, si sono affrettati a precisare che si tratta di una base di discussione su cui il parlamento elaborerà una normativa definitiva e, speriamo, più mirata. L’Italia è sotto la lente d’ingrandimento degli operatori internazionali e il rischio è che nessuno investa più nel nostro paese. Un lusso che, in questo momento, non ci possiamo proprio permettere. Per la prima volta, tra i delitti contro l’economia pubblica, viene definito il reato di Nocumento al risparmio. Punisce con la reclusione da tre a dodici anni chi produce gravi lesioni agli interessi generali del risparmio, della fiducia del mercato e degli investitori. Ma per gravi lesioni si intendono effetti che coinvolgano almeno l’uno per cento degli italiani o cifre che superino l’uno per cento del prodotto interno lordo (pil), ovvero la ricchezza prodotta in Italia nel corso di un anno. Limiti talmente alti, quelli indicati, che non hanno trovato il favore delle associazioni di tutela dei consumatori: Cambia molto poco rispetto ai recenti crac, hanno tuonato. Peraltro, il nuovo reato non sarà applicabile a vantaggio degli oltre 100 mila titolari di obbligazioni Parmalat – tanto meno dei 34 mila coinvolti nel crac Cirio -, perché la nuova legge non avrà effetti retroattivi. L’unico segnale forte e chiaro è stato il sollecito decreto legge che ha consentito di accelerare la procedura per l’amministrazione straordinaria del colosso di Parma in modo da favorire la prosecuzione dell’attività industriale, senza disperdere il valore dell’azienda e pregiudicare il futuro degli occupati. Per i risparmiatori si vedrà. Il vento non è dei migliori. C’è il timore che le recenti tempeste non resteranno isolate. Eppure, sino a poco tempo fa, tutto sembrava andare a gonfie vele. Le attività finanziarie delle famiglie italiane erano cresciute negli ultimi sette anni del 46 per cento, e le obbligazioni in loro possesso – comprese, ahinoi, quelle di Argentina, Cirio e Parmalat – erano passate da 6 a 30 miliardi di euro. Ora, invece, secondo il Rapporto Italia 2004 dell’Eurispes, sono 2 milioni e 400 mila le famiglie che rischiano di scivolare nell’anticamera della povertà e avvicinarsi a quelle – 2 milioni e mezzo, quasi otto milioni di concittadini – che già da tempo si trovano in gravi difficoltà economiche. Per far quadrare il bilancio domestico mensile, il 51 per cento degli italiani è costretto ad attingere ai risparmi accumulati in passato (erano il 39 per cento nel 2002), mentre solo il 5,5 prevede, per quest’anno, di poter mettere da parte qualcosa. Così, si compra sempre più spesso a rate (la crescita nello scorso anno è stata del 19 per cento) e ci si indebita per fare acquisti, non solo vetture e mobili, ma anche per la spesa mensile al supermercato. È una scelta obbligata sempre più frequente per il traballante ceto medio, impoverito dall’inflazione e dall’effetto euro. Controlli sono talvolta mancati, quelli esistenti spesso non hanno funzionato. Adesso bisogna porre rimedio. Non basterà, a parziale consolazione, l’osservazione degli esperti, per i quali il confronto con l’Europa sta aiutando gli italiani, mostrando loro, durante le visite turistiche nelle capitali del continente, un modello di vita più austero di quello del Bel Paese. Al parlamento spetta ora il compito di approntare un testo di legge che stabilisca controlli efficaci e offra nuove garanzie. Le difficoltà, nelle aziende, non mancano mai – ha sottolineato il presidente Ciampi -, ma occorre affrontarle con fiducia. La via d’uscita non può trovarsi con l’inganno, l’occultamento, la frode. Esorta perciò a far venire alla luce gli scandali, perché da ciò si ricava la spinta per ritrovare i valori, per rimettersi sulla retta via. Le vicende attuali ce ne offrono un’occasione d’oro. Giuseppe Roma (CENSIS) COSTRETTI A MAGGIORE SERIETÀ Scioperi selvaggi nei trasporti, stipendi insufficienti, risparmi volatilizzati per tanti. Quanto è profondo il cambio di umore sociale? Veniamo da due anni in cui l’umore è stato condizionato dal senso di incertezza e da tante paure. Paure economiche, ma anche politiche, dovute al terrorismo e alla guerra. In questo momento, vedo nella gente scarsa capacità di reagire, anche perché su tutti e tre i temi da lei citati – scioperi, stipendi, risparmi – il cittadino medio non sa cosa fare. La nostra economia cresce poco e la mancanza di trasparenza negli strumenti finanziari sta riducendo moltissimo la portata di quello straordinario processo che indirizza il risparmio non verso la speculazione ma verso la produzione e l’economia. Si è rotto il filo che univa la famiglia all’economia reale. Famiglie poco reattive perché preda dell’emotività? Fortunatamente non vince l’emotività. Non abbiamo una risposta attiva, che c’è stata nel 1992 di fronte alla crisi dello stato, ma non c’è neanche lo stato depressivo. C’è invece molto realismo, c’è anche un po’ di distacco rispetto a quanto accade. Sembra che gli italiani siano costretti a una maggiore serietà, a guardare i problemi in profondità, a stare attenti a come si spende e si investe. Maggiore maturità, insomma? Sì, confortata dal dato positivo dell’occupazione in aumento: un giovane che lavora, anche se prende poco, aiuta il bilancio familiare. Inoltre, stiamo registrando, dopo anni, una crescita del volontariato, dell’impegno personale. Stanco del confronto e dello scontro in tivù su tanti temi, uno dice: meglio che dia una mano ai portatori di handicap, ai tossicodipendenti, in parrocchia. È, questa, una novità da apprezzare, perché indica una strada che richiede maggiore serietà e concretezza. Si cercano valori autentici gestibili nella piccola dimensione della comunità: il paese, il quartiere, l’associazione. Vedo gli italiani più responsabili e meno egoisti, meno propensi all’isolamento e più aperti alla collettività. È un po’ in controtendenza, perché invece i media ci dicono che l’Italia è altro. Quale comportamento indicare agli italiani in questo momento? Bisogna pervicacemente fare le persone serie. Non pensare che, siccome vediamo che la furbizia e l’evasione fiscale sono così diffuse, convenga adottare analoghi comportamenti. Ci sono vantaggi nel breve periodo, ma sul lungo termine quelle scelte non pagano. Siamo in una società in cui l’impegno a far bene il proprio mestiere produce un generale ciclo positivo. Non serve guardare a destra o a sinistra, ma avanti, e avere coscienza di quello che uno fa, nei diritti e nei doveri, nelle aspirazioni ma anche nella pragmaticità. Non lamentarsi se ci supera qualcuno che non se lo merita. Caparbiamente andare avanti, sapendo che la vita è fatica e riuscire professionalmente richiede impegno costante.