Dalla differenza alla reciprocità
Mai come in questa epoca di confusione valoriale e di decostruzione delle certezze del passato, le differenze tra maschile e femminile sono state messe in discussione. Sulle macerie di rigidi ruoli sociali precostituiti e considerati spesso come gabbie che imprigionano la libertà, l’affermazione di una uguaglianza, presunta senza differenza, sta causando una profonda crisi di identità su cosa, davvero, sia rimasto del maschile e del femminile.
E forse mai come in questa epoca, la relazione uomo-donna è stata spesso ridotta a luogo di un conflitto perenne, rischio di sopraffazione reciproca, lasciando spazio solo al perseguimento della realizzazione personale, che considera l’altro come oggetto per la ricerca esasperata del piacere, slegato da ogni legame affettivo. Non possiamo tacere, infatti, le cronache quasi quotidiane di episodi di violenza, fisica, psichica e sessuale perpetrate ai danni delle donne spesso in ambito familiare, terribile scenario della quotidianità di molti uomini e donne di tutte le età e nazionalità.
Le conquiste femministe negli ultimi cento anni hanno cambiato completamente i destini delle donne: oggi hanno accesso allo studio, possono svolgere gli stessi lavori dei maschi, hanno una vita sessuale libera e svincolata dalla procreazione. Ma sono davvero più libere? Molte esperienze purtroppo ci dicono di no.
Da 12 anni lavoro in un consultorio familiare e il panorama che mi si presenta di fronte è spesso disarmante: molte ragazzine hanno i primi rapporti sessuali a 14 anni, in caso di separazione l’onere educativo e di gestione dei figli è quasi sempre a carico della donna; la contraccezione è un problema solo femminile; l’aborto è sempre vissuto come una scelta obbligata che la donna vive da sola; la maggior parte delle donne lavora fuori casa per contribuire all’economia familiare, ma poi sostiene completamente anche la gestione della casa.
Si vivono cioè spinte contraddittorie che vanno da una vaga idea di emancipazione sessuale e professionale, a orizzonti di provvisorietà relazionali dove le spinte individualiste, molto presenti nella nostra società, rendono i rapporti estremamente fragili lasciando le donne alla fine sempre più sole. Non è meno problematica la situazione degli uomini che, forse più delle donne, vivono una crisi di identità. Dopo aver rifiutato la figura del padre padrone, stentano a declinare un nuovo modo di essere maschi e sembra che per ora l’unica strada sia una fuga dalle responsabilità coniugali e paterne che conduce inevitabilmente a un’assenza.
Troppo spesso, anche a causa dell’aumento delle separazioni e dei divorzi che le indagini statistiche ci consegnano ogni anno, i figli crescono solo con la madre mentre il padre, volente o nolente, è una figura che rimane sullo sfondo. […] È indispensabile che gli uomini e le donne imparino che l’affermazione dell’uguaglianza nella dignità non deve annullare la differenza, che va riconosciuta e rispettata perché consente l’alleanza e la possibile reciprocità.
«L’educazione al senso dell’altro e al senso della differenza tra l’uomo e la donna è il punto nodale della scoperta del vero senso dell’alterità. La specificità maschile e femminile non va considerata come un limite da superare, bensì come una ricchezza da valorizzare per la felicità propria e altrui. Il luogo dove tutto ciò si realizza nel modo più pieno è la famiglia. C’è un quid che appartiene alla natura umana, che conosce due modi propri di manifestarsi: nella femminilità o nella mascolinità.
Questo non prevede la ricerca nell’altro della sua “metà”, ma lo stabilire un rapporto arricchente in cui «due persone già complete entrano in donazione superandosi reciprocamente». Tale rapporto genera poi una crescita nell’umanità di ciascuno, perché «l’identità non è solo espressiva (tiro fuori ciò che già sono), ma relazionale». È grazie alla relazione che la differenza offerta e donata per amore diventa base per un’alleanza generativa e feconda.
Da Gender di Susy Zanardo. Contributi di: Paola Binetti, Livia Turco, Daniela Notarfonso (Città Nuova, 2016)