Dal Venezuela il nuovo generale per i gesuiti
La 36.ma Congregazione generale, così è chiamato il Capitolo Generale dei Gesuiti, ha aperto i suoi lavori il 2 ottobre con un logo: “Verso il largo, dove è più profondo”. E il primo frutto di questa assise è stata la nomina del nuovo Padre Generale scelto da fuori dell’Europa, il venezuelano P. Arturo Sosa. Non lo conosciamo ancora e già ci si chiede chi è costui.
Sappiamo invece abbastanza sulla procedura adottata per l’elezione del Padre generale, che non è avvenuta tramite sistemi digitali, grazie a tablet forniti a tutti gli elettori, ma esattamente come è prescritta da Sant’Ignazio nelle Costituzioni della Compagnia, cioé attraverso il metodo tradizionale delle schede cartacee. L’elezione si è tenuta dopo quattro giorni dedicati alla preghiera e al discernimento, basato soprattutto su colloqui due a due, senza nessuna forma di “propaganda”, ma con scambi di informazioni in clima di ascolto dello Spirito tramite la comunione fraterna.
Un metodo centenario che le Costituzioni chiamano “murmuratio”. Quindi, dopo la celebrazione della Messa – nella quale gli elettori hanno invocato nuovamente lo Spirito Santo – si sono riuniti nell’aula per la votazione. Ogni elettore ha ricevuto una scheda cartacea. Su un lato era apposta la seguente frase: il sottoscritto “giura che sta votando per chi pensa, nel Signore, che sia maggiormente in grado di esercitare questo incarico”. L’elettore, dopo aver firmato il giuramento, sul lato opposto del foglio ha poi scritto il nome della persona per cui ha votato.
Le Costituzioni scritte da S. Ignazio stesso delineano un profilo del Superiore generale, che è innegabilmente molto ambizioso. “La prima dote che ci si deve attendere da lui – dicono – è l’intima unione e familiarità con Dio nostro Signore, nella preghiera e in tutta la sua attività, per impetrare meglio da lui, fonte di ogni bene, una abbondante partecipazione dei suoi doni e delle sue grazie a tutto il corpo della Compagnia e una piena efficacia di tutti i mezzi adoperati in aiuto delle anime. […] La seconda dote è che sia persona che possa guidare prima di tutto con il suo esempio”, essendo “una persona di profonda spiritualità, un amico di Dio nel pregare, nell’agire e nelle relazioni umane … uno dei più eminenti in ogni virtù e dei più meritevoli dentro la Compagnia, dove da molto tempo sia stato conosciuto come tale … Deve saper temperare la rettitudine, la magnanimità e la fortezza d’animo per soccorrere le debolezze di tanti … Deve esser libero da ogni passione, con una libertà di cuore che gli permetta di guidare la Compagnia con amore umile, giusto e coraggioso” (Const. parte IX, cap. 2).
Tenendo presente questi criteri, insieme con le urgenze maggiori del nostro tempo, dopo i giorni di preghiera e di colloqui personali, dalle votazioni degli elettori è emerso il nome di p. Arturo Sosa.
Le sue prime parole diffuse dall’ufficio stampa della Curia sono state le seguenti: "Ho il sentimento di avere bisogno di tanto aiuto: adesso incomincia una grande sfida. Questa è la Compagnia di Gesù e allora Gesù deve darsi da fare anche qua, con noi. Dopo, io mi fido dei compagni che sono così bravi. Spero anche che la Congregazione ci porti avanti con un bel gruppo di lavoro e anche con orientamenti molto precisi per potere andare avanti: questo non è il lavoro di una persona, è il lavoro del corpo della Compagnia. Io farò del mio meglio possibile. Sono molto sorpreso, molto grato al Signore. Prego per tutti".
Riportiamo qui le prime impressioni comunicate da alcuni tra i 212 elettori: p. Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, ha detto: “Padre Sosa è un padre di grande esperienza nella Compagnia di Gesù. Ha vissuto quattro Congregazioni generali e nella prima di queste ha anche incontrato l’attuale papa Francesco. Quindi è una persona che ha grande esperienza di governo. È stato provinciale della provincia del Venezuela, quindi in una terra piena di tensioni che ha vissuto ed affrontato personalmente. Ed è anche una figura profondamente spirituale, di una spiritualità che è capace di incarnarsi in un territorio. Lui ha studiato e insegnato teorie delle politiche ed è stato anche rettore di un’università cattolica in Venezuela. Quindi è una figura complessa, a tutto tondo. Una figura che tocca l’aspetto spirituale, quello intellettuale e quello di governo”.
P. Federico Lombardi così si è espresso a caldo: “Ha tutte le qualità umane e spirituali per rispondere alle sfide della Compagnia per gli anni che verranno”. Il boliviano P. Ignacio Rodriguez, anche lui elettore, che certamente lo conosceva già, lo ha presentato come “uomo di grande umanità e di grande apertura, che ha lasciato un eccellente ricordo ai gesuiti del suo paese quando era Provinciale dal 1996 al 2004 … Uomo di ampia visione, capace di pianificare un’azione pastorale a livello mondiale”.
Tutto questo è una parte di quello che altri dicono di lui. Ma più interessanti sono alcuni passaggi della sua prima omelia nella Messa di ringraziamento celebrata nella chiesa del Gesù, per cogliere il timbro della sua anima.
Prendendo lo spunto dalla parola del p. Generale dei Domenicani, che aveva presieduto la concelebrazione d’inizio della Congregazione 36^ e che invitava “ad avere l’audacia dell’improbabile come l’atteggiamento proprio delle persone di fede”, il P. Sosa continuava: «perciò il nostro sguardo è in primo luogo indirizzato a Dio, perché uno solo è il Padre nostro, quello del cielo, come ci ricorda il brano del Vangelo appena ascoltato e come ci ricorda la Formula Instituti al n.1: “ il gesuita faccia in modo di avere dinanzi agli occhi, finché vivrà, prima di ogni altra cosa, Iddio, e poi la forma di questo suo Istituto”… Con la fede di Maria, la mamma di Gesù e la Madre della Compagnia di Gesù, la nostra audacia può andare ancora più avanti e cercare non solo l’improbabile, ma anche l’impossibile, perché nulla è impossibile a Dio come proclama l’arcangelo Gabriele nell’Annunciazione (Lc 1,37).
«Con la fede di Ignazio e dei primi Compagni, “militando sotto il vessillo della croce”, vogliamo anche noi contribuire a quanto oggi sembra impossibile: una Umanità riconciliata nella giustizia, che vive in pace in una casa comune ben curata, dove c’è posto per tutti quanti perché ci riconosciamo fratelli e sorelle, figli e figlie dello stesso e unico Padre … Con la “speranza posta in Dio e soltanto in Lui” la Congregazione Generale proseguirà le sue deliberazioni e contribuirà alla responsabilità di ben conservare e sviluppare tutto questo corpo (Const. 719).
«Per conservare e sviluppare il corpo della Compagnia, alla profondità della vita spirituale di ciascuno dei suoi membri si unirà una straordinaria profondità intellettuale per pensare creativamente i modi attraverso i quali il nostro servizio alla missione del Cristo Gesù può essere più efficace, nella tensione creativa del magis ignaziano».
Infine il P. Sosa ha detto che non siamo soli. «Soltanto se diventiamo “la minima Compagnia” saremo collaboratori, non soltanto per cercare altri che collaborino con noi e con le nostre opere, ma per collaborare generosamente con altri, dentro e fuori dalla Chiesa, nella consapevolezza, proveniente dall’esperienza di Dio, di essere chiamati alla missione del Cristo Gesù, che non ci appartiene in esclusività, ma che condividiamo con tanti uomini e donne consacrati al servizio degli altri.
«Nel cammino della collaborazione, con la grazia di Dio, troveremo anche nuovi compagni per aumentare anche il numero, sempre minimo, per grande che sia, dei collaboratori con gli altri invitati a far parte di questo corpo. Non c’è nessun dubbio circa il bisogno di aumentare la nostra preghiera e il nostro lavoro per le vocazioni alla Compagnia e di continuare il complesso impegno di offrire la formazione che faccia di loro dei veri gesuiti, membri di questo corpo multiculturale chiamato a testimoniare la ricchezza della interculturalità come volto dell’umanità, creata a immagine e somiglianza di Dio”.