Dal sogno all’incubo
Nella giornata di domenica si sono susseguiti servizi ed aggiornamenti sulla situazione post referendum in Egitto. I media hanno dato notevole rilievo alla vittoria dei sì, ma alcuni hanno anche sottolineato come la situazione del Paese sia tutt’altro che facile, sia dal punto di vista politico che da quello economico.
“Dal sogno egiziano all’incubo”, mi scrive stasera un collega dal Cairo.
È vero! Il referendum è terminato ed i risultati sono stati annunciati: per certi versi erano scontati. Ma è importante riflettere su alcuni aspetti forse meno noti, di quanto si è svolto dietro le quinte degli avvenimenti di questi giorni. Il referendum ha segnato una tappa importante per l’Egitto, ma, purtroppo, sono molti a credere che sia stato un momento deleterio.
Infatti, solo il 32 per cento degli avendo diritto al voto si sono recati regolarmente alle urne, anche se le code, soprattutto nelle grandi città, erano lunghe. Questo significa che, tenendo conto che la vittoria del partito del sì – quello dei Fratelli musulmani – è stata ottenuta con il 64 per cento dei voti, la nuova Costituzione ha l’appoggio solo del 20 per cento dell’intera popolazione egiziana. Con tutta probabilità, fra l’altro, nel 64 per cento ci sono anche delle larghe fette di voti comprati nelle fasce (circa il 35-40 per cento degli egiziani) di coloro che non sanno né leggere né scrivere. Ma questa non è la sola irregolarità riscontrata nel corso delle due tornate di voti. Si parla, infatti, anche di brogli ed intimidazioni, ma, soprattutto, di salafiti e fratelli musulmani che si sono sostituiti ai giudici nei seggi e di voti che sono stati inseriti nelle urne prima che le persone interessate arrivassero al seggio a cui erano destinate.
Per questi motivi, il Fronte di Salvezza Nazionale (FSN), che coagula i partiti di opposizione, secondo quanto ha riferito Hamdeen Sabbahi, uno dei suoi dirigenti, ha annunciato che ricorrerà in appello. In un suo comunicato ufficiale, infatti, si legge che "è certo che il risultato del referendum è dovuto a violazioni e a irregolarità". A fronte di questo, i Fratelli musulmani fanno blocco intorno al presidente Morsi.
Ora bisogna guardare al futuro con un Paese spaccato ed una economia che precipita giorno dopo giorno ed è ormai ad un passo dal collasso. Lo scenario attuale offre due prospettive: una tendenza, chiara ormai da tempo, verso un crescente fondamentalismo religioso ed una possibile reazione violenta con scioperi, manifestazioni ed una minaccia concreta alla convivenza pacifica della nazione.
D’altra parte, la stragrande maggioranza della popolazione ha perso qualsiasi simpatia e fiducia nei Fratelli musulmani, cheavevano goduto di rispetto anche da parte della popolazione che non ne condivideva i principi, per via della partecipazione alla lotta contro i vari regimi totalitari che si sono susseguito nel paese negli scorsi decenni – da Nasser fino a Mubarak. Li si accusa, ora, di essersi comportati come un camaleonte che cambia colore secondo le circostanze, con un’unica finalità precisa: prendere il potere. Una volta ottenuto lo scopo non hanno mantenuto le promesse e hanno cominciato ad adottare metodi da regime totalitario, rifiutando qualsiasi tipo di collaborazione da parte di altre forze politiche.
Con il referendum alle spalle, l’impressione che oggi si ha è quella di un Egitto che ha sostituito il regime di Mubarak con un governo di fatto teocratico ed il sogno della rivoluzione non solo si è spento, ma sta diventando un incubo islamico.