Dal normale allo straordinario

Diamo voce in questa rubrica alle storie dei tanti giovani italiani che si impegnano nel quotidiano per il bene di tutti. Iniziamo con la testimonianza dei volontari nella Liguria colpita dalle alluvioni
alluvione volontari

Domenica 13 novembre una ventina di ragazzi piemontesi sono scesi in Liguria, nelle zone colpite dall’alluvione, e si sono sporcati di fango fino al mento col sorriso. La settimana precedente, di ritorno da un viaggio, era nata tra alcuni l’idea di incominciare a essere testimonianza vitale nella società, per rinnovarla partendo dalla fraternità. Dunque, andare a dare una mano a quelle persone diverse da noi, ma con almeno due cose in comune: essere uomini e non potercela fare da soli. Tra tutti, solo due o tre si sono assunti la responsabilità di lanciarsi, ma è così: bisogna spingersi, trainarsi l’un l’altro. I giovani sono così: hanno le energie, ma necessitano di esempi come il pane.

 

Partiti da Torino, Cuneo, Genova, si sono diretti a Borghetto Vara, quasi un fantasma ormai, e Burgnato, dove invece si è salvato il necessario per dar la forza e la voglia agli abitanti di proseguire. Io ho guidato una di quelle macchine, ho spalato uno di quei mucchi di fango, ho sorriso a una di quelle persone. C’è chi ha smistato vestiti e chi ha pulito vasi, chi ha bonificato orti invasi da detriti e chi ha ricostruito cataste di legname. Una pausa pranzo veloce, baciati dal sole, condividendo quello che ci si era portati, seduti sui gradoni di una statua immersa nel silenzio di foglie di Borghetto. La condivisione è il primo passo per realizzare rapporti nuovi. Abbiamo finito andando a messa, anche chi di solito non ci va, perché era bello fare anche quello insieme e regalare anche al prete, bisognoso come tutti gli altri, un sorriso nel vedere tanti giovani alla sua mensa.

La bellezza non sta nel sacrificio, ma nella concretezza del gesto che diventa dono per gli altri, che crea legami, che suscita sorrisi.

 

Abbiamo lavorato duro e domenica prossima faremo lo stesso, portando altri amici, coordinandoci sempre meglio con la Protezione civile e la gente del posto, e poi chissà. Ovviamente non eravamo soli a lavorare: altri giovani erano con noi, ed erano l’esempio tangibile che questa gioventù italiana c’è, ed è rivoluzionaria. Se ha il coraggio di rinunciare alle proposte della società contemporanea e ai piaceri di una domenica di riposo, di essere propositiva nonostante ogni giorno la si dipinga solo a tonalità scure, di essere da esempio a una civiltà che si è dimenticata di quanto i giovani sanno fare e di investire su di loro, di sporcarsi le mani di fango per amore di chi incontrerà quel giorno sugli argini straripati di un fiume, allora credo la si possa definire davvero rivoluzionaria.

 

La normalità non è quella che vediamo tutti i giorni sui teleschermi: la costruiamo noi quando scegliamo di agire, e siamo testimonianza. Nessuno ci ha detto di muoverci, e chissà quante migliaia di ragazzi si sono mossi. Normale o straordinario?

 

Matteo Tubiana

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