” Dai, ce la puoi fare !”
Chissà che noia!. Così Tatjana, un’alunna di tredici anni della scuola media di Hackenberg, esprimeva il parere suo e della maggior parte degli scolari prima che si avviasse il progetto Forti senza violenza. Anche alcuni insegnanti delle scuole di Lindlar, Remscheid e Wüppertal avevano avvertito: Sarà un’impresa cavarci fuori qualcosa. Un presupposto non molto incoraggiante quindi per il Gen Rosso e per il team responsabile del progetto che lo scorso ottobre avrebbero lavorato per tre giorni in ciascuna di queste scuole della regione Nordrhein-Westfalen. Eppure avevano già programmato rappresentazioni pubbliche e avviato la vendita dei biglietti. Il musical Streetlight, a conclusione della terza giornata, avrebbe visto la partecipazione ed il contributo attivo di giovani che fino a quel momento non l’avevano neanche visto. E prima dello spettacolo ci sarebbe stata la presentazione dei contributi elaborati dagli alunni insieme alla band nei workshop. Anche se il Gen Rosso ha esperienza di workshop di un’intera giornata, questa volta si prospettava qualcosa di più impegnativo. Nell’aria si avvertiva un po’ di nervosismo e tensione.Ma in fondo il progetto aveva un altro obiettivo: Vogliamo offrire ai giovani uno stile di vita, basato sulla pace e sul rispetto reciproco, diceva Mathias Kaps, responsabile del team Stark- macher. Anche la Caritas della diocesi di Colonia ne faceva parte. Affinché i giovani imparino a impegnarsi per tolleranza e giustizia, per una maggiore responsabilità sociale e per la solidarietà, spiegava così Alfred Hovestädt l’impegno della Caritas in questo progetto educativo, di prevenzione a violenza e bullismo. Lunedì mattina, diversi alunni della scuola media, del ginnasio e della scuola differenziale si radunano a Lindlar per avviare il progetto nelle loro scuole. Christian Röser, del team Starkmacher, saluta il gruppo e presenta loro la band e il motto per la giornata: Non smettere mai di vivere, Don’t stop living, tratto da una canzone del Gen Rosso. Eric, uno dei cantanti, spiega di aver scoperto che vale la pena di vivere per gli altri anziché cercare sempre il proprio tornaconto. E finalmente ci si mette al lavoro. Gli alunni si distribuiscono nei diversi workshop: teatro, canto, band, danza brasiliana, hip hop, tecnica del suono, tecnica delle luci, scenografia e direzione palco. Faruk e i suoi compagni della scuola differenziale scelgono l’hip hop. Il gruppetto si avvia verso le prove: cercano di far bella figura per salvare la faccia davanti agli amici. Dopo un po’ Adelson, altro danzatore del Gen Rosso, invita cinque di loro a far parte della gang nel musical. Oltre a Faruk vi prendono parte Lisa e Hanna del ginnasio, Tina della scuola media e Claudio che è appena passato dalle medie alla scuola differenziale. Ma non importa da dove si provenga; si tratta solo di ballare e di impegnarsi a dare il meglio di sé. Adelson, tra un passo e l’altro, spiega ai ragazzi la trama della storia: Charles è un ragazzo del tutto normale, niente di particolare: ha cercato solo di agire rettamente. Anche voi avete certamente fatto l’esperienza che qualcuno vi ha preso in giro o messo i bastoni tra le ruote quando avete cercato di impegnarvi per qualcosa di giusto. I cinque della gang restano affascinati dalla storia dell’afro-americano Charles Moats, presentata nel musical. Ma sono anche curiosi di capire perché Adelson abbia scelto proprio loro. Non perché siete migliori degli altri nel danzare, ma perché credo che ognuno di voi, con la sua personalità, possa dare un contributo positivo al musical. Soprattutto Faruk e Claudio mostrano segni di meraviglia e orgoglio. Come alunni della scuola differenziale, sono abituati a ben altro. Anche negli altri workshop si lavora alacremente. All’inizio è difficile convincere i ragazzi ad andare al di là dei propri limiti e a buttarsi in un’avventura nuova. Anche il rapporto tra loro, prove nienti da diversi tipi di scuole, non è sempre facile. Hanno modi piuttosto rudi e, passandosi accanto, non esitano a insultarsi a vicenda. E pensare che nessuna di queste scuole era stata scelta perché implicata in modo particolare in atti di violenza: si tratta di un progetto di prevenzione. Il messaggio di Streetlight è proprio quello giusto: essere forti significa sentirsi capaci di qualcosa, essere più consapevoli di sé e non aver paura d’impegnarsi per qualcosa di positivo: Dai, ce la puoi fare, tu hai delle capacità! sembrano dire agli allievi. Così, secondo le proposte dei ragazzi, vengono create coreografie originali con nuovi passi di danza. Nel workshop della band, Nando e Josè compongono assieme agli studenti un pezzo di punk-rock. Tatjana, che si è impegnata nel workshop teatro, sostiene di essere stata molto felice di lavorare con persone di altre nazioni. Mentre spiega il significato che ha avuto per lei il motto della seconda giornata di lavoro (Non smettere di dare, Don’t stop giving), non mostra più nessun segno di noia: Dare tutto, anche quando in realtà sono stanca, con tutti i miei sentimenti. Le rappresentazioni di Streetlight, con la partecipazione attiva degli studenti sul palco, registrano quasi il tutto esaurito. A Wüppertal intervengono 3 mila persone. Mark B., insegnante della scuola media della città, scrive: Dopo un intenso lavoro di preparazione e diverse riserve iniziali su come realizzare un progetto del genere, l’atmosfera e l’eco dopo la settimana trascorsa insieme si possono descrivere con una sola parola: magnifico! Volti raggianti e ragazzi che non si sono soltanto arricchiti svolgendo il compito loro affidato, ma hanno veramente superato le attese. In pochi giorni siete riusciti a cambiare una scuola intera. Già per novembre 2007 la Caritas e Starkmacher hanno impegnato la band per nuove sfide nel mondo studentesco.