Da soli o in compagnia?
Ieri, rivolgendoci anche a chi ha il compito politico di farlo, avevamo proposto per il nuovo anno appena iniziato di prestare una particolare attenzione alla famiglia! Oggi, una notizia pubblicata su La Stampa, sembra smentirci. Titola l’articolo in questione: «Siamo sempre più single. “La famiglia non ci interessa”». E nel sommario si legge: «Il dato Istat 2016: il numero delle persone sole sfiora gli otto milioni. Sorpresa: pochi cercano l’anima gemella. La categoria attira il business».
I dati sono rilevanti: secondo l’Istat, infatti, i single negli ultimi venti anni sono più che raddoppiati e costituiscono il 7,9 per cento della popolazione con 4,8 milioni di persone, di cui il 55,3% uomini. Gli 8 milioni che vengono citati si raggiungono con la somma di vedovi e divorziati.
A cosa tende dunque l’Italia di oggi? La famiglia interessa? E a chi? La questione è complessa e le cause del ridotto ricorso all’istituto familiare sono molteplici. Ma c’è una domandina, piccola piccola, che ne trascina con sé altre, che non va trascurata perché può avere conseguenze drammatiche per la società intera: quanto è forte in noi la spinta a vivere in una dimensione familiare o comunitaria? O non prevale sempre e solo l’interesse per la sfera personale, privata e privatistica che dir si voglia? Amiamo la compagnia? Amiamo condividere la nostra vita? Vogliamo prenderci cura degli altri o preferiamo stare tranquilli da soli?
Insomma i dati dell’Istat ci interpellano sulla nostra capacità di metterci in gioco quotidianamente per assumere atteggiamenti che vadano in una direzione piuttosto che in un’altra. Perché anche chi vive in famiglia può “stare da solo” e viceversa, chi abita da solo può avere dentro e sviluppare attorno a sé un forte senso di famiglia.