Da San Nilo al Fanar

Doveva svolgersi a Istanbul l’appuntamento ecumenico annuale dei vescovi amici del Movimento dei focolari, dopo Amman e Gerusalemme, Londra, la Svizzera. Ma gli attentati perpetrati sul Bosforo a tre giorni dal convegno hanno impedito di ritrovarsi nella “Nuova Roma”. Si sa, i cambiamenti improvvisi possono annichilire la spinta organizzativa o, al contrario, conferire all’avveni- mento un nuovo slancio. È quello che è avvenuto quando i vescovi hanno saputo del trasferimento del convegno dell’antica Costantinopoli a Rocca di Papa. Biglietti aerei da cambiare, ambasciate da consultare, programmi da rivedere” Così, a fine novembre, si sono ritrovati comunque 34 vescovi per una settimana alle pendici del Monte Cavo. “L’odio distrugge i programmi e chiude le strade, ma l’amore crea nuovi programmi e apre nuove strade “, mi confida a Istanbul l’arcivescovo di Praga, card. Miloslav Vlk, davanti ad una vetrata che fa ammirare la città illuminata. Il convegno non ha avuto luogo qui, ma egualmente si è voluto simbolicamente farlo terminare in Turchia, grazie alla delegazione composta dal cardinale e dal vescovo Henrik Svenungsson, della Chiesa luterana svedese. Quale sia stata la nota caratteristica dell’appuntamento lo dicono i vescovi stessi; con le parole,certamente, ma soprattutto con la testimonianza. Come non ricordare, ad esempio, la visita alle catacombe di Domitilla, nel corso della quale hanno stretto tra di loro un “patto di carità”, una dichiarazione di amore reciproco fino ad essere pronti a dare la vita l’uno per l’altro, sulla misura di Gesù, in modo che la croce dell’altro diventi la propria croce, la gioia dell’uno la gioia dell’altro, in modo da amare la chiesa altrui come la propria? Commenta il vescovo Bernardini di Smirne-Efeso: “Ci troviamo qui nei luoghi della chiesa indivisa, della chiesa dei martiri, che era “un cuor solo e un’anima sola”. Se siamo partiti da queste radici comuni, perché non dovremmo poter tornare a quella condizione di unità?”. Comunione, ascolto, “dialogo della vita”, scambio dei doni” Termini che indicano una cristianissima vocazione all’unità, di tutti, quindi anche dei vescovi. “Non riesco a capire il paradosso di sentirci completamente uniti in Gesù – afferma il vescovo Svenungsson – e di ritrovarci poi ancora separati come chiese. Siamo sulla strada giusta, perché il Cristo ci fa capire quanto abbiamo in comune: non solo un patrimonio del passato, ma qualcosa che ci è già stato dato e che è da vivere”. Un “dialogo della vita” che ha portato anche a un franco dialogo, in cui le difficoltà dell’unità sono state presenti allo spirito dei partecipanti, e in cui sono emerse le ricchezze diverse dell’unica chiesa di Cristo. Diceva il vescovo John Robert Flack, direttore del Centro anglicano di Roma: “Ogni volta che partecipo a questi convegni rimango meravigliato nello scoprire quanto la mia idea di Dio sia ancora limitata; e di come essa si ingrandisca venendo qui. Così questa assemblea mi parla della varietà, della grandezza e dell’immensità di Dio”. Altra nota caratteristica, l’accoglienza. Quella degli stessi Focolari, che hanno aperto le porte del loro centro internazionale e che hanno condiviso e favorito ogni momento del convegno, presentando una realtà viva del laicato cristiano, impegnato su tutti i fronti dell’agire sociale e culturale. Ma anche l’accoglienza dell’abbazia cattolica di rito bizantino di San Nilo, che festeggia il suo millenario, essendo stata fondata nel 1004 e che ha ospitato la celebrazione ecumenica d’apertura. L’archimandrita Emiliano, l’abate, ha accolto i partecipanti al convegno con evidente gioia, e li ha fatti sorridere dicendo: “Noi non abbiamo mai litigato, né con Costantinopoli né con Roma””. E ancora l’attenzione della Chiesa cattolica, col profondo e franco dia- logo tra i vescovi e il card. Kasper nella sede del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. E, nello storico palazzo dei Doria Pamphili, l’incontro col Centro anglicano di Roma” Per non parlare di Costantinopoli, dove la delegazione composta dal card. Vlk e dal vescovo Svenungsson è stata accolta con grandissima cortesia e affetto dal patriarca ecumenico Bartolomeo I, dal patriarca armeno apostolico Mesrob II, dal metropolita siro-ortodosso Yusuf Çetin e dal vicario apostolico latino, mons. Louis Pelâtre, oltre che dal nunzio apostolico Edmond Farhat. Un’accoglienza che sarà reiterata l’anno prossimo, perché il convegno ecumenico dei vescovi amici dei Focolari è stato riprogrammato a Istanbul. È stata Chiara Lubich che, raccontando delle origini del movimento, ha indicato l’orizzonte della presenza promessa da Gesù tra i suoi come un elemento naturalmente ecumenico: “Abbiamo capito, dopo i primi anni del movimento, che Gesù in mezzo a noi vivificava il corpo mistico. Con lui in mezzo a noi diventavamo “cellule vive” di esso che è la chiesa”. Se questo si era sperimentato innanzi tutto tra cattolici e successivamente anche in altre chiese, in contemporanea – ha spiegato – “ci siamo sentiti spinti a porre Gesù in mezzo anche fra cristiani di diverse chiese, fra un cattolico ed un armeno, ad esempio, fra cattolici e luterani, fra anglicani ed ortodossi””. Si è delineata così la realtà di “un unico popolo cristiano che interessa laici, ma anche monaci, religiosi, diaconi, sacerdoti, pastori, vescovi”, ed è “come un lievito nel movimento ecumenico “. Con benefici riflessi su tutte le varie espressioni del dialogo: della carità, della preghiera, della teologia. Esperienza della presenza di Cristo la cui rilevanza è stata fortemente sottolineata dai vescovi. Diceva Serafim Joanta, metropolita rumeno ortodosso per la Germania e l’Europa Centrale: “Come rinvigorire la vita che c’è nella nostra diocesi? Non è facile oggigiorno. Ho capito che debbo comportarmi semplicemente avendo tutti i giorni Gesù in mezzo a noi, che è la nostra vita e la nostra forza, e che è presente anche nelle nostre difficoltà”. Un convegno fuori dal mondo? Pare di no, come suggeriscono un vescovo statunitense e uno iracheno. Charles Victor Grahmann è vescovo di Dallas: “Tra guerre e stragi c’è da sentirsi depressi. Ritorno allora alla spiritualità dell’unità: non è tanto il quadro generale che possiamo risolvere, ma tutti i piccoli momenti della vita in cui abbiamo la possibilità di amare, di vedere Gesù negli altri, di tenere Gesù in mezzo a noi. Se si sommano questi istanti, un giorno l’unità prevarrà”. E Shlemon Warduni, ausiliare patriarcale caldeo di Baghdad: “Dopo l’esperienza dei missili e delle bombe sono ancora più convinto che senza l’unità il mondo è destinato alla distruzione. L’odio distrugge, l’amore fa vivere, apre le porte dei cuori. Un amore fondato su Gesù tra di noi. Se il mondo capisse quanto è bello vivere con Gesù in mezzo, se i cristiani lo capissero, e i sacerdoti, i vescovi” Allora saremmo nella piena risurrezione!”. Prospettiva che sempre più si va facendo strada, come testimoniano tra gli altri il card. Walter Kasper e il vescovo luterano Christian Krause, guarda caso coloro che nel 1999, nella chiesa di Sant’Anna ad Augsburg, in Baviera, avevano firmato la ben nota “Dichiarazione comune sulla giustificazione”, che ha ricucito secoli di divergenze teologiche tra le due tradizioni. Ha detto Kasper: “L’unità non la possiamo “organizzare”, perché è un dono, un regalo dello Spirito Santo. Noi possiamo fare soltanto quel che hanno fatto Maria e gli apostoli dopo l’Ascensione: nella sala del cenacolo hanno pregato per la venuta dello Spirito Santo. Penso che la preghiera comune, la lettura della Bibbia e la condivisione delle esperienze spirituali sia importante per l’ecumenismo che deve crescere dalla profondità e non soltanto in uno sterile attivismo esterno. Il Movimento dei focolari propone un modello per questo ecumenismo della vita e dell’amicizia”. E Krause: “Mi sento molto arricchito nella comunione con i fratelli e sorelle venuti qui da tradizioni diverse. I due temi principali, la rilevanza della presenza di Gesù in mezzo a noi e la comprensione di Gesù abbandonato come chiave per la comunione, sono qualcosa che i vescovi qui presenti hanno molto approfondito. In effetti, dove ci dovremmo radunare se non attorno a Gesù?”. “Voi siete tutti uno in Cristo Gesù”, è stato il leitmotiv del convegno, tratto dalle lettere di Paolo. E ne è stata la preziosa esperienza dalle tante sfumature. Forse la sintesi dell’incontro viene da quanto ricordato da Chiara Lubich in conclusione, una nota frase di Agostino: “Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano”. Ha commentato: “La seconda parte vale anche per tutti noi, che non siamo loro diocesani: “Con voi sono cristiano”. La spiritualità di comunione potrà portare noi e loro a vivere meglio come cristiani, a vivere cioè come popolo di Dio (“), perché così sarà in paradiso, dove molte cose cadranno e rimarrà l’amore con Gesù fra tutti noi”. LEGGENDO I MESSAGGI Dal papa Giovanni Paolo II: “Il programma di questo vostro annuale incontro è centrato sulla frase della Scrittura: “Voi siete tutti uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28). Si tratta di un tema attuale più che mai: esso può fornire una risposta valida alle gravi lacerazioni che affliggono il mondo di oggi. (“) Ripeto a voi, carissimi fratelli nell’episcopato, quanto ho scritto recentemente (“): “La forza dell’amore ci spinge gli uni verso gli altri e ci aiuta a predisporci all’ascolto, al dialogo, alla conversione, al rinnovamento””. Dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I: “Avremmo voluto stare in mezzo a voi e “parlarvi faccia a faccia, perché la nostra gioia sia piena”. Purtroppo questa opportunità ci è stata tolta improvvisamente e violentemente. (“). In questi tempi che si contraddistinguono per una mancanza di stabilità e di sicurezza (“), è molto promettente e motivo di gioia il fatto che ci siano individui, organizzazioni o movimenti, come l’amato Movimento dei focolari, che si sono resi conto che l’unità (…) in Cristo è l’elemento fondamentale della verità e della vita. Ma è ancor più promettente il fatto che loro abbiano fatto della realizzazione di quest’unità il motivo principale delle loro attività”. Dall’arcivescovo di Canterbury, l’anglicano Edward Rowan Williams: “A nessuno occorre ricordare che l’amore di Dio, espresso tangibilmente, è mai stato così necessario come ora, in questo mondo turbato e diviso.Vi assicuro delle mie preghiere per la vostra riflessione comune sulla continua rilevanza degli ideali ispiratori di Chiara Lubich”.

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