Da Pantalica a Siracusa Oreste Paliotti a Siracusa

Siamo alla confluenza dell’Anapo con Rio Bottiglieria. Lo spettacolo, sotto il sole implacabile, è mozzafiato. Alte e scoscese pareti di nuda roccia dirupano verso il fondovalle, dove il luccichio dell’acqua appare e scompare tra il verde di una rigogliosa vegetazione. Pareti traforate per ogni dove da miriadi di aperture buie simili a colombaie giganti affacciate sullo strapiombo. Se ne sono contate oltre cinquemila. È la necropoli di Pantalica, il più importante degli abitati protostorici della Sicilia orientale. Identificata con la sicula Hybla, che Strabone decantò per il suo miele, la città sorgeva un tempo sulla sommità della collina, là dove imponenti terrazzamenti segnalano la presenza del palazzo del principe, i cui resti costruiti con tecnica megalitica rinviano ad analoghe costruzioni micenee. Al posto dell’abitato ora sparito, ma che doveva essere considerevole, restano invece queste tombe, a documentare il passaggio dall’età del Bronzo (tardo XIII-XI sec. a. C.) a quella del Ferro (850-730 a.C.). Tombe che hanno fornito splendidi corredi di ceramiche, specchi, monili aurei, ornamenti bronzei… frequentate e riusate quali eremi monastici in epoca bizantina; una perfino in chiesa. Testimonianze di una cultura le cui ultime tracce coincidono con la fondazione di Siracusa da parte di coloni corinzi (tardo VIII sec. a.C.), a in- dicare che essa dovette soccombere di fronte all’aggressività dei nuovi venuti. Dalla valle dell’Anapo, seguendo questo corso d’acqua, giungiamo a Siracusa, la più grande città greca e la più bella di tutte, al dire di Cicerone che la conobbe bene per avervi soggiornato a più riprese al tempo del processo contro Verre. E qui davvero è arduo scegliere da cosa per primi lasciarsi attrarre. Se dall’Ortigia dei templi greci (dove il dorico, è il caso della cattedrale, vive in simbiosi col barocco) o della fonte Aretusa, il cui mito gentile testimonia un legame mai spento con la madrepatria, se dallo spettacolare teatro e dal Castel Eurialo di abbacinante candore sotto il sole, o se dalle tenebrose Latomie che in qualche modo richiamano, ingigantite, le cavità sepolcrali di Pantalica. Siti davvero unici. Gli ultimi in Italia, che già ne vantava quaranta, dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons