Da New York al mondo
I manifestanti di “Occupy Wall Street” sfilano da Zuccotti Park verso Times Square.
Dal 17 settembre il movimento Occupy Wall Street è cresciuto: dalla nota strada di New York, cuore della finanza mondiale, si è esteso a cento città negli Stati Uniti e 1500 nel mondo, con varie forme di protesta contro «l’influenza delle banche e delle multinazionali sul processo democratico, e il modo in cui l’un per cento più ricco della popolazione scrive le regole di un’economia ingiusta».
Le proteste non sono sempre state pacifiche, come nel caso di Oakland (California), dove ci sono stati violenti scontri. Ma grande è stata anche la solidarietà: i poliziotti hanno affermato di essere anche loro «parte di quel 99 per cento» di popolazione non privilegiata e di non volersi opporre con violenza alla violenza. Non sono mancate, inoltre, idee “costruttive”, come il recupero di aree verdi e lettere a politici, finanzieri e amministratori delegati con proposte di azione. Tra i tanti chiaroscuri di questo movimento, una consapevolezza, espressa da un giovane di Oakland: «L’unico modo per cambiare il Paese è diventare un movimento di massa, al quale potrebbe partecipare anche mia madre. Ma finché rompiamo anche una sola finestra, le nostre madri non verranno. E noi abbiamo bisogno di loro».