Da Loreto controcorrente

Una piazza e 500 mila giovani con Loreto capitale. Si è chiuso così il primo anno dell’Agorà, il percorso triennale che la Chiesa italiana sta dedicando al mondo giovanile. Nessuno si aspettava mezzo milione di presenze, né gli organizzatori, né tantomeno i soliti detrattori che si erano sprecati in previsioni al ribasso. La Chiesa nel nostro Paese ha ancora la capacità di interpellare i giovani? Dio c’entra ancora nella loro vita? E questo papa, riesce a parlare al loro cuore? Domande, formulate o inespresse, che comunque aleggiavano sull’incontro di Loreto. E dunque tutti lì, ad osservare questo mondo giovanile che si racconta essere allo sbando. Vivere il cristianesimo è duro , mi dice Simona, con cui faccio conoscenza aspettando il treno per Loreto. Finalmente qui si finisce di sentirsi strani agli occhi degli altri o di venire attaccati per il fatto di credere in Dio da persone che, oltretutto, non ne capiscono niente di religione. Ma lo fanno perché ormai va di moda. Io comunque non vedevo l’ora di venire ad incontrare questo papa. Una condizione, quella espressa da questa ragazza, che non è solo sua. Vivere da cristiani, da giovani cristiani, è dura in un mondo in cui va per la maggiore fare a meno di Dio. Aria di casa Perché dunque venire all’Agorà? Per tanti motivi, come dirà il papa, ed anche, probabilmente per fare un pieno di aria pulita. Proprio a Loreto, dove si respira perennemente aria di casa, pardon, di Santa Casa, com’è chiamata quella custodita nel santuario che contiene al suo interno le mura dove visse la famiglia di Nazareth. È da qui che passavano tanti dei giovani che si sarebbero ritrovati nella spianata di Montorso. Venivano a salutare la padrona di casa, Maria, sovrana della città e dell’intera vallata. Oltre le previsioni Ed eccolo il grande giorno, sabato primo settembre. Sole anziché pioggia, prima previsione smentita. La spianata si riempiva, la densità di abitanti per metro quadro cresceva di ora in ora. Siamo 200 mila, di- cevano dal palco, poi 300, 350 e infine 400 mila cui si sarebbero aggiunti altri 100 mila l’indomani mattina per la messa con il papa. Mezzo milione di giovani, di previsioni non se ne azzeccava una. Lo stesso numero delle Gmg di Toronto, Parigi, Santiago. Più dei 300 mila partecipanti ad Eurhope ’95, sempre a Loreto. Ma questa volta, per la prima volta, erano giovani tutti italiani, a parte alcune centinaia di delegati da altri Paesi. Chi credeva che le Gmg, nate con Giovanni Paolo II, sarebbero morte con lui, ha dovuto ricredersi. Giovanni Paolo ha inventato le Gmg – diceva un presentatore -; papa Benedetto le ha fatte diventare tradizione della Chiesa. E il discorso vale anche se questa non era una giornata mondiale, ma italiana. Anzi a maggior ragione. Evidentemente i giovani l’hanno capito che ogni papa li porta a Dio. L’abbraccio Intenso l’abbraccio fra Benedetto XVI e questi giovani, il rapporto quasi a tu per tu che ognuno di loro ha sperimentato. L’Avvenire titolava un suo editoriale Si è fatto conoscere e li ha sedotti, parlando di una serata che scava una traccia . Lo confermeranno tanti dei giovani presenti, quelli cresciuti con Giovanni Paolo II, che all’indomani della sua morte si erano sentiti orfani, e quelli, giovanissimi, al loro primo diretto contatto con un papa. Già a Colonia Benedetto XVI aveva mostrato il suo stile fatto di umanità, amicizia, essenzialità, capacità di spiegare in modo semplice ed articolato le grandi verità della fede. A Loreto l’abbiamo visto ascoltare, accogliere, rispondere ad ogni domanda senza fretta, penetrare nei cuori, sostenere, incoraggiare, prendere per mano. Con lui i giovani hanno potuto confidarsi, raccontare il disagio più profondo di tanti loro coetanei, le storie personali più difficili, i loro dubbi di fede. Non gli portavano un mondo dorato, patinato, di bravi ragazzi che conducono una vita tranquilla. Era il mondo travagliato dei giovani d’oggi, per i quali vivere il cristianesimo nelle periferie delle città come nella solitudine interiore è una conquista quotidiana. Il dialogo Giovanna e Piero di Bari portavano a Benedetto XVI il disagio della periferia, l’angoscia di tanti ragazzi senza futuro, senza progetti, senza speranza. Coetanei morti ammazzati o alla ricerca disperata di un lavoro che non c’è. A molti di noi giovani di periferia manca un centro. Santità, c’è qualcuno o qualcosa per cui possiamo diventare importanti?. Anche Sara viene da un quartiere difficile, questa volta di una città del nord, Genova. Parla di quella solitudine che non appartiene solo alla periferia della mia città, ma è una specie di periferia della vita. Ed ecco il grido d’angoscia: Santità, in questo silenzio dov’è Dio?. Ilaria è di Roma, un’infanzia dolorosa, padre assente e violento, il divorzio dei genitori, l’anoressia. Sulla soglia del baratro, l’amore della madre, la vicinanza di un sacerdote, l’esperienza della Gmg 2000 le cambiano la vita. Adesso è sposata e madre di un bimbo. Sono qui questa sera per dare voce a chi non ha voce, a chi, come me un tempo, non osa più sperare. E l’abbraccio fra Ilaria e Benedetto XVI è forse l’immagine più emblematica di quest’Agorà. La proposta Non ha una ricetta in tasca, Benedetto XVI. Non vogliamo vivere in un facile ottimismo, ma, d’altra parte, dobbiamo avere il coraggio di andare avanti, premette. E compie insieme ai giovani il percorso dall’angoscia alla speranza. Parla della famiglia, quella dove tanti sperimentano sin da piccoli il dolore della frantumazione, della Chiesa dove non c’è periferia, perché dove c’è Cristo c’è tutto il centro, invitando a prendere l’iniziativa. La Chiesa viva, la Chiesa delle piccole comunità, la Chiesa parrocchiale, i movimenti dovrebbero formare centri nella periferia perché ognuno possa dire: Io sono importante nella totalità della storia. Ed è ancora la Chiesa viva che rompe il silenzio di Dio, che porta la sua presenza fra gli uomini. Che dire del discorso successivo, dell’omelia, del saluto all’Angelus? Parole da leggere e rileggere nella loro completezza. Non abbiate timore, Cristo può colmare le aspirazioni più intime del vostro cuore – esorta il papa -, non dovete aver paura di sognare ad occhi aperti grandi progetti di bene… ancora oggi Dio cerca giovani dal cuore grande. Ed ancora: Non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Siate vigilanti, critici. Non andate dietro all’onda. Non abbiate paura di preferire le vie alternative indicate dall’amore vero. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda. La via dell’umiltà, dunque, che non è però la via della rinuncia ma del coraggio, quella di chi è chiamato alla sansa tità. Impegnandosi per uno stile di vita sobrio e solidale come per la salvaguardia del creato. Il sì dei giovani Un vero e proprio manifesto per le nuove generazioni. Forse anche per questo a Loreto, più che in altre analoghe manifestazioni, la presenza degli adolescenti è notevole. Sarebbe ingenuo pensare che proposte così ardite diventino immediatamente lo stile di vita della gioventù di oggi.Ma sarebbe miope non accorgersi che tanti giovani nelle parrocchie, come nei movimenti e nelle varie associazioni, già cercano di vivere in questo modo. Né si può credere che il giorno dopo tutto torni come prima. Sono in molti oramai a dire che una Gmg ha cambiato loro la vita, ha dato il coraggio di dire di sì ad una chiamata, la forza per continuare a seguire Dio nel quo- tidiano, ha fatto trovare compagni di viaggio… Loreto non era un evento che si svolgeva sul palco, che finiva una volta spenti i riflettori. Basti pensare a quello che succedeva nella notte tra sabato e domenica. Fontane di luce illuminavano la spianata perché l’amore fa casa, l’amore rinnova, l’amore accoglie, l’amore unisce, l’amore custodisce…. Così le varie espressioni dell’amore trovavano declinazione in otto punti dedicati all’ascolto, al dialogo, all’adorazione, alla riconciliazione, alla riflessione. Fontane alle quali i giovani attingevano fino oltre le sette del mattino e, a qualcuna, anche dopo. Lì finiva l’evento di massa, se così vogliamo chiamarlo e cominciava la scelta personale. Con una parola d’ordine: controcorrente. E con un metodo: Portare Dio nella piazza dopo averlo interiorizzato nella casa e viceversa, come suggeriva il papa. Farsi testimoni di un Vangelo non astratto ma incarnato nella vita. L’Italia può essere orgogliosa di questi giovani , ha detto Benedetto XVI lasciando Loreto. Sì, la Chiesa italiana può contare su giovani così. E se a Loreto è stata la Chiesa a chiamare i giovani, adesso sono loro a dire alla Chiesa: Ci siamo. Vogliamo essere protagonisti attivi. Peccato che la maggior parte dei mass media di questo protagonismo non abbia voluto accorgersi. Al via dunque il secondo anno dell’Agorà, dedicato alla testimonianza. Prossima tappa Sydney, per una Gmg… ai confini della terra (almeno per noi italiani). Ma non è fin lì che doveva arrivare il Vangelo? Ai giovani il compito di riportarlo al centro della vita. A partire dal proprio angolo di mondo. TUTTI IN PRIMA FILA Fra le tante raccolte, la testimonianza di una ventenne romana. Non esistono forse parole per descrivere l’esperienza di questi giorni a Loreto ma sento nel cuore che è entusiasmante la possibilità di poterla condividere perché rende questa gioia che ho dentro come l’eco: la fa durare più a lungo! Eravamo tutti lì, schierati in prima fila a prescindere dal settore in cui ci trovassimo, dalle difficoltà specifiche delle varie città di provenienza, e di quelle comuni per una società che sembra ripiegata sempre più su sé stessa, povera di ideali e di grandi aspirazioni, perché il papa ce lo aveva ribadito più volte nel pomeriggio della prima giornata: Per Dio il mondo non conosce periferie. È stato soprattutto bello vedere come il papa concretamente parlasse al cuore, alle esperienze e alla vita di ognuno. Così sarà che mi toccava molto da vicino, sarà che sono innamoratissima del mio ragazzo e da parte di entrambi la voglia di vivere la nostra storia così è tanta, ma le parole spese sull’amore umano hanno avuto un sapore proprio speciale! Ha chiesto alle coppie di non temere la concorrenza di coloro che credono di realizzarsi nell’esercizio leggero di una sessualità e di un’affettività improntate al consumismo e al provvisorio, ma di puntare a costruire delle storie cariche di futuro, che puntano alla santità e che sono capaci di procurare non godimenti passeggeri ma pienezza di felicità! Scavando dentro ed entrando nel vivo delle varie vocazioni ci ha chiesto di rispondere generosamente alla sua chiamata perché di una co- sansa si può essere sicuri: la vita dedicata a Dio non è mai spesa invano. È stata proprio una cosa grande che ha raggiunto il suo punto massimo quando papa Benedetto XVI ha proposto Maria come nostro specifico modello di umanità realizzata, perché guardando a lei e seguendola è possibile davvero scoprire la bellezza dell’amore, non però di quello usa e getta, ma dell’amore vero e profondo. Perché con lei se vogliamo, al suo seguito e sul suo esempio, possiamo ridare alla luce, nel cuore di questa nostra società, Gesù. IO SONO ED AMO La proposta dei Giovani per un mondo unito in cammino per Loreto. Anche se l’aria condizionata ha cominciato a funzionare soltanto alla fine, il clima al Teatro Rossini di Civitanova Marche era decisamente vivace lo scorso 30 agosto. Si stava tenendo proprio qui l’appuntamento clou della tre giorni che ha visto circa cinquecento giovani in cammino per Loreto accolti dalle famiglie delle diverse parrocchie della diocesi di Fermo. I Giovani per un mondo unito, insieme a tanti dei loro amici, hanno voluto prepararsi così all’appuntamento con Benedetto XVI. L’ospitalità della gente, ma anche la coscienza di poter vivere insieme un evento unico, ha creato un legame talmente forte tra noi e le varie famiglie, che è stato difficile lasciarsi alla fine, così si esprimeva Giovanna. Un grande gioco che ha coinvolto il centro storico di Montecosaro Alto, antico borgo medievale, e due diversi workshop si sono alternati a momenti di preghiera e di festa e hanno permesso ai ragazzi di approfondire alcune tematiche, quali la vocazione delle città e il ruolo attivo dei cittadini, ma anche il divario tra Nord e Sud del mondo e l’impatto che il nostro stile di vita ha sull’ambiente e sulle scelte economiche; il tutto, sempre in rapporto alla fraternità universale come proposta di vita. Fino all’appuntamento del Rossini, dal titolo Io sono e amo, dove, in un intreccio di canzoni, esperienze, contributi filmati, veniva trasmesso l’ideale del mondo unito quale concreta proposta che rende la vita mai noiosa, ma con mille colori, attraente e infinitamente interessante , come diceva Chiara Lubich nel suo messaggio arrivato per l’occasione, e dove augurava ai giovani di arrivare dal papa con una precisa decisione nel cuore: Io sono con te nel portare Cristo al mondo, perché l’ho fatto entrare nella mia vita e so cosa significa. Paolo Balduzzi

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