Da Garibaldi alla nazionale di calcio, 150 anni di successi
Fino al 2 giugno al Vittoriano, a Roma, una mostra celebra i 150 anni dell'Unità d'Italia
Giovedì 17 marzo l’Italia, quasi tutta, si è mossa pere celebrare il compleanno nazionale. Nella Capitale le celebrazioni si sono susseguite con un ritmo ben definito. Finalmente si sono restaurati luoghi e monumenti che rievocano l’epopea risorgimentale, dal nuovo Museo di Porta san Pancrazio – dedicato alla vicenda della Repubblica romana del 1849 e alla tradizione garibaldina – al Parco del Gianicolo con i monumenti a Garibaldi e a Ciceruacchio.
Particolarmente interessante risulta la mostra, ad ingresso libero, fino al 2 giugno, al Vittoriano dedicata alle “Radici dell’identità nazionale. Italia nazione culturale” (catalogo Gangemi editore).
Si comincia a dire una verità forse non conosciuta da tutti, cioè che l’Italia era unita già prima del 1861 a livello culturale, come una nazione certo dalle “cento città” e centro tradizioni, ma resa salda da una precisa identità culturale ed artistica. Del resto è quello che gli stranieri hanno colto da secoli e sono poi venuti a cercare, e tuttora – nonostante noi – trovano.
La rassegna è particolarmente interessante, perché considera le tappe che hanno portato all’unificazione culturale del Belpaese: la letteratura, l’arte, la lingua letteraria, la geografia. Foto, lettere, documenti, filmati – alcuni inediti come quello del funerali di Verdi del 1901 –, oggetti, dedicati a diciotto grandi personaggi: Garibaldi, Manzoni, Verdi, D’Annunzio, Pirandello, Eleonora Duse, Croce, Carducci, Caruso, Toscanini, padre Pio, Marconi, Fermi, Coppi, Totò e poi il cinema e le avanguardie futuriste, per chiudere con la nazionale di calcio.
Non manca il made in Italy, ossia la tradizione artigianale, la moda, la cucina, il design, ovvero la nostra italica fantasia ed abilità nell’inseguire la bellezza anche nelle cose più quotidiane o più raffinate, che ci ha reso celebri nel mondo.
Una mostra che offre una ventata di realistico ottimismo sulla nostra Italia e dà la voglia di ricominciare. Qualche spiraglio di speranza c’è, se il ministro Tremonti ha promesso al maestro Muti, l’altro giorno (speriamo non a denti stretti) di ripensare i tagli alla cultura, cioè a non decapitare ancora di più la nostra vera identità.