Da eco-consapevoli ad eco-attivi

La natura degradata è una delle periferie esistenziali delle quali prenderci cura. Un nuovo sguardo sulla realtà per cogliere il valore delle risorse.
Foto Pexels

Oggi vorrei condividere un’esperienza che mi ha fatto passare da una pratica ecologica basata sul risparmio energetico ad una visione più profonda del rispetto intrinseco che dobbiamo avere nei confronti della natura. 

Nel 2017, insieme a due alunni che aderivano al mio progetto ambientale “Dare per salvaguardare l’ambiente”, ho partecipato alla Scuola di Ecologia “Eyes” organizzata da EcoOne: una rete di scienziati ed ambientalisti che condividono la visione del rapporto persona-natura scaturita dall’esperienza e dal pensiero di Chiara Lubich. 

Una scuola durata solo tre giorni ma che ci ha lasciato un segno indelebile. La particolarità di questa iniziativa non era solo dovuta al programma, particolarmente curato e adatto ai giovani, ma al clima che si respirava nella cittadella del Movimento dei Focolari, Loppiano (Incisa Valdarno-Fi), che ospitava il Convegno. 

Lì ci siamo ritrovati tutti protesi ad accoglierci reciprocamente, a condividere idee, conoscenze ed esperienze, sperimentando che, da questi rapporti di amore scambievole, nasceva un modo di vedere le cose che ci apriva gli occhi e gettava luce sulla realtà che ci circonda. Forse frutto di quell’unità emergente di cui abbiamo parlato nel precedente articolo?

In quei giorni abbiamo ammirato l’arte di Ciro, che trasforma scarti di ogni genere in opere d’arte, mostrando come anche gli oggetti scartati possano ritrovare dignità e valore se guardati con occhi nuovi.  

Abbiamo ragionato insieme sul fatto che anche la natura degradata è una delle periferie esistenziali verso le quali papa Francesco ci indirizza per prendercene cura ed abbiamo capito, attraverso l’esperienza di Chiara Lubich, che è necessario scoprire la relazione che esiste tra tutte le cose, “il filo d’oro” – come lei dice – che lega una cosa all’altra.  

Ed è stato veramente, come il titolo del convegno auspicava “EYES”, un aprire gli occhi. Direi un avere occhi nuovi per guardare la realtà. Avevo già una sensibilità ecologica e cercavo di sensibilizzare anche gli altri, ma, per la prima volta, tornata a casa tutte le cose avevano assunto una dignità nuova e, d’un tratto, ogni cosa mi sembrava sacra.

E così, se prima risparmiavo l’acqua per evitare uno spreco energetico (vivendo per prima il “patto di risparmio energetico” che proponevo ai miei alunni) ora mi sembrava necessario farlo perché l’acqua ha un valore in sé, va rispettata, va trattata bene. Bisognava usarla in modo che potesse svolgere il suo servizio con dignità. E sprecarla o vederla sprecare adesso mi faceva male.  

Ho cominciato con nuovo impegno a fare spontaneamente delle pratiche che teoricamente già conoscevo, ma non applicavo, mettendomi per esempio a raccogliere l’acqua per il riuso dovunque era possibile. Mi è venuto in mente che l’uso di una semplice bacinella nel lavandino del bagno che raccolga l’acqua di lavaggio delle mani è molto utile e fa risparmiare tanta acqua. E questa cosa funzionava così bene che sognavo che si potessero inventare delle bacinelle artistiche da associare ai lavandini.  

Anche nei miei alunni era cambiato qualcosa ed eravamo coscienti di aver fatto un’esperienza trasformante. Così, quando poco tempo dopo abbiamo assistito dalle finestre della nostra scuola di Genzano, allo sprigionarsi di una nube nera, tossica, dovuta all’incendio doloso del deposito di carta e plastica della Eco-X di Pomezia, il dolore per quanto accadeva sotto i nostri occhi si è subito trasformato in un voler fare subito qualcosa. L’esperienza fatta non ci permetteva di rimanere soltanto spettatori.

Ci siamo interrogati: Cosa possiamo fare noi per questo disastro ambientale? Come aiutare i cittadini di Pomezia invitati a non consumare frutta e verdura del posto, costretti ad evitare di bere l’acqua dei pozzi e a respirare polveri sottili cancerogene? 

Ci siamo messi al lavoro e attraverso una ricerca abbiamo scoperto che ci sono degli alberi, tra cui i lecci, che assorbono proprio le polveri sottili (il PM 10). Così ci è venuta l’idea di coinvolgere tutta la nostra scuola in una raccolta che ci permettesse di comprane una quantità sufficiente per creare un piccolo, simbolico, “bosco anti-inquinamento”.   

E così è stato. E in un parco del centro della città di Pomezia sono stati messi a dimora 8 giovani lecci dono degli studenti e del personale della nostra scuola. Un piccolo segno, forse solo una carezza alla natura sfigurata e ai cittadini di quel Comune, ma che è stato apprezzato moltissimo: «Accogliamo questa donazione con grande orgoglio – ha detto il sindaco – e ringrazio a nome di tutta la cittadinanza gli studenti e i docenti dell’Istituto Pertini per aver dimostrato il loro amore per il territorio. Un piccolo gesto che dimostra la grande sensibilità della comunità al tema dell’ambiente».

È un gesto in sintonia con il percorso che ci propone la Laudato Si’, che ci invita, nella convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso, a «prendere dolorosa coscienza, osare trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare» (LS19).

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