Custodire con bontà e tenerezza

La messa di inizio pontificato di papa Francesco si è svolto in un tripudio di bandiere, in un clima di gioia, commozione e sentita partecipazione. Un commento
Prima messa di papa Francesco piazza San Pietro

La piccola jeep bianca percorre piazza San Pietro, lentamente: l'aspettano mani protese, macchine digitali che fissano l’immagine di Francesco che saluta, discretamente, accennando di tanto in tanto qualche segno benedicente, persone della sicurezza che gli mettono in braccio bambini che lui bacia e restituisce. Poi, ad un tratto, Francesco chiede all’autista di fermarsi. Scende, va verso la transenna, al di là c'è un uomo paralizzato, lo abbraccia e lo bacia.

Nell’omelia dirà di sé, descrivendo la propria missione di vescovo di Roma e successore di Pietro: «Deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli». Quasi non c’è bisogno che lo dica: l’ha mostrato coi gesti, con la vicinanza, col sorriso (discreto, tutto negli occhi).

La gente è arrivata preparata: i giorni precedenti hanno mostrato chi è Francesco, la piazza è piena di gioia, ma contenuta, religiosa. Non è davanti a un divo o a un personaggio, ma ad un padre (un fratello?). Si sente sicura, tranquilla, portata all’essenziale, al Vangelo senza sovrapposizioni – come lo viveva Francesco d’Assisi –. Si sente confermata nella fede, quella spontanea, immediata, che non ha bisogno di troppe spiegazioni; basta una presenza.

Si sente “custodita”. Ed è questa la parola chiave dell’omelia (non sarebbe meglio chiamarla: confidenza?) di papa Francesco, che parte dalla figura di Giuseppe, festeggiato oggi, il custode di Gesù e Maria. Quindi la Chiesa è custode di Gesù e Maria, del creato, di ogni persona. E questo sono chiamati a farlo tutti, non solo i cristiani: «Siate custodi dei doni di Dio!». Con un’attenzione ad avere cura di noi stessi. «Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita!» e continua – bellissimo! – «Non dobbiamo avere timore della bontà, neanche della tenerezza!». Lo ha mostrato sulla piazza.

E conclude, spiegando il “potere” del papa: «Il vero potere è il servizio e […] anche il papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce». Il tutto illuminato dalla speranza. Il "custodire" «è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!».

Tante sono le bandiere nella piazza di tutto il mondo, tanti i volti di tutte le razze, tante le lingue, tante le vocazioni. Come nella Pentecoste, Pietro, condotto dallo Spirito, ha fatto di tutti un popolo, una famiglia, che non ha timore della bontà, della tenerezza.

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