Custodia del creato oltre i disastri
Il Messaggio di quest’anno per la Giornata Nazionale per la Custodia del Creato, che si celebra da 13 anni il 1° settembre, ci ricorda che «finché durerà la terra, seme e mèsse, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno» (Gen 8, 22). Per questo l’obiettivo non solo di ogni singolo, ma di tutte le nazioni, è di coltivare l’alleanza con la Terra che ci è stata donata dal suo Creatore. Tale alleanza non può essere tradita nemmeno quando in un’area si scatenano fenomeni naturali (alluvioni, terremoti, eruzioni vulcaniche, ecc.), che improvvisamente mettono in pericolo la vita umana, la proprietà o l’ambiente, sconvolgendone il funzionamento “ordinario” della società! Tali sconvolgimenti sono enfatizzati, a danno delle stesse popolazioni, quando si interviene sull’ambiente in modo sconsiderato o quando si perseguono dei modelli di sviluppo inappropriati, e ciò accade soprattutto nei Paesi del mondo in condizione economica più arretrata (urbanizzazione massiccia, concentrazione di popolazioni in aree a rischio).
Verosimilmente sembra quasi che alcuni fenomeni naturali si accaniscano in modo più violento e con tempi di ritorno sempre più ravvicinati e in questo il ruolo del cambiamento climatico in atto non è secondario. Nel messaggio è altresì invocato, come minaccia all’alleanza con il nostro pianeta, l’inquinamento che rende più vulnerabili le popolazioni del mondo accelerandone il degrado della vita. Tuttavia, a preoccupare di più papa Francesco è il nostro atteggiamento di fronte a queste minacce, che come lui stesso ricordava nella sua enciclica Laudato Si’, non può essere di rassegnazione, poiché ognuno dovrebbe avere «una capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori» (205). Pertanto, questa capacità non può essere dispersa! Il messaggio si permette di dire questo, perché sono evidenti e belli i segnali che, qua e là nel mondo, incoraggiano quest’azione, ma sono ancora troppo pochi per le molteplici emergenze in un silenzio dei più assordante!
A ciascuno è data una responsabilità nell’oggi, e non può essere demandata in occasione dell’accadimento. Bisogna rendere sistematica la consapevolezza delle popolazioni di fronte ai fenomeni pericolosi che in un territorio possono accadere, e in questo la conoscenza non può essere relegata in luoghi accademici o politici. Forse la diffusione delle conclusioni e degli impegni che ogni nazione si prende in conferenze internazionali come quelle delle COP sui cambiamenti climatici sarebbero d’aiuto, ma non si dovrebbero altrettanto rigettare iniziative minori per aumentare la nostra capacità di affrontare eventi, che potrebbero diventare traumatici. Integrare gli interventi, in base alle conoscenze acquisite sull’ambiente e alle buone pratiche sviluppate sul territorio, consentirebbe di «orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità».
Il disastro, temuto o successo, diventa una possibilità per svolgere un’azione educativa, un’occasione per affrontare insieme ogni intervento e un’opportunità di sviluppo per il territorio. Ciò potrebbe contribuire a svolgere come nazione un ruolo attivo e lungimirante, anche in campo internazionale. L’Onu da anni ha sentito l’obbligo di proporre uno sforzo internazionale per un’efficace mitigazione degli effetti dei disastri naturali, istituendo iniziative per richiamare i Paesi e le popolazioni, incluse le fasce giovanili, a sviluppare ricerche e strategie di mitigazioni. Purtroppo, molti dei fondi che si riescono a raccogliere servono per intervenire e rendere appena sopportabili gli effetti di questi disastri, piuttosto che sviluppare azioni di prevenzione.
In particolare, negli ultimi anni sono aumentati gli interventi di calamità a piccola e media scala, quelli che finiscono tra le notizie a cui si dedicano poche righe nei media e di cui i finanziatori privati non si interessano! Purtroppo, per quei Paesi dove accadono, la mitigazione dei danni da questi disastri non sono immaginabili. La condivisione non può limitarsi alla raccolta di fondi, ma ad un concorso teso alla corresponsabilità della custodia della Terra, ad una conversione ecologica comunitaria! Tale conversione, come auspica il messaggio di papa Francesco, per essere «autenticamente vissuta (deve riflettersi) in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita» (Laudato Si’, n.225).