Scuola, curriculum dello studente al via tra le polemiche
A più di un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, la scuola non sembra vivere momenti di serenità e di stabilizzazione. I motivi che giustificano questo alternarsi di disposizioni locali e nazionali su aperture e chiusure degli Istituti, su Dad o non Dad, sono molteplici, ma davvero sembra che non ne usciamo più.
L’ultima novità consiste nelle poche certezze sul prossimo esame di maturità e, per affondare bene il colpo sul tentennamento degli organi preposti a far concludere quest’anno in maniera definitiva, si è aggiunta l’applicazione della Legge del 2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, che riguarda l’introduzione del curriculum dello studente.
Il curriculum dello studente conterrà l’elenco delle esperienze e delle attività artistiche, culturali e sportive, del volontariato e dovrà essere allegato al diploma. È suddiviso in tre parti, istruzione e formazione, certificazioni, attività extrascolastiche e intende raccogliere le esperienze svolte nel percorso formativo da ciascuna ragazza e ciascun ragazzo, affinché possano essere valorizzate all’interno dello stesso esame, nella stesura dell’elaborato, con cui si apre la prova, e nel corso del colloquio. Quindi viene assegnata una grande rilevanza al curriculum che non rappresenta soltanto un atto formale, ma dà un certo peso alla conduzione dell’esame stesso.
Qualcuno l’ha definita una sorpresa da uovo di Pasqua perché, come generalmente accade nel mondo della scuola, dopo sette mesi dalla proposta dalla nota DGOSV prot. 15598 del 2 settembre 2020 con cui si trasmetteva il D.M. 6 agosto 2020 n. 88 e il modello di curriculum dello studente, il 6 aprile 2021 è stato pubblicizzato sulla piattaforma on line del Ministero dell’Istruzione, ma ad oggi non è stato accompagnato da istruzioni indirizzate sia agli studenti che al personale docente e non si riesce ad accedere on line al curriculum stesso. Inoltre vengono richieste delle attività che non si sono potute assolutamente svolgere perché è venuta a mancare la scuola in presenza. Insomma, è stato scritto come se niente in questo periodo di pandemia fosse accaduto.
La riflessione che nasce spontanea sarebbe quella di far risaltare l’inopportunità della tempistica della proposta, da rinviare a tempi più felici. Infatti, dopo due anni scolastici trascorsi dietro uno schermo e, per i più fortunati, qualche mese di scuola in presenza, ci sembra questa davvero la beffa conclusiva per i nostri studenti dell’ultimo anno delle superiori e soprattutto per quanti non hanno potuto avvalersi pienamente del diritto allo studio. Sono note le statistiche in merito all’impennata del numero degli alunni che non ce l’hanno fatta a seguire questa modalità didattica e degli abbandoni e delle numerose assenze dovute alla pandemia.
Un esempio sono le 300 segnalazioni di abbandoni o di interruzione della frequenza scolastica a fronte di 700 fascicoli aperti, in media, in un anno pervenuti alla procura minorile di Cagliari in un solo mese. Secondo un’indagine condotta dalla Comunità di Sant’Egidio, un minore su quattro, che diventa uno su tre nel sud Italia, non frequenta in maniera regolare la scuola, motivo dovuto all’emergenza sanitaria, ai casi di positività, dove circa la metà degli alunni ha avuto serie difficoltà a seguire le lezioni.
In questa fase delicatissima per studenti, famiglie e docenti, ci sembra che avviare un percorso riformista di questo genere, che ha visto l’ultimo biennio di limitazioni alle attività in presenza, sia contraddittorio e inconciliabile con la vita scolastica reale che hanno vissuto e continuano a vivere i nostri ragazzi.