Curiosità mondiali

Continua la sfida calcistica al massimo livello, tra insegnamenti e curiosità: la prima volta di Panama, la pulizia di Senegal e Giappone, le scelte vincenti dell’allenatore dell’Iran

Un Mondiale di calcio non è e non sarà mai, come un secolo di edizioni insegna, solo un mondiale di calcio. Le storie dei paesi coinvolti, i loro costumi, le loro tensioni e le loro speranze, talvolta le caratteristiche sociologiche stesse e in alcuni casi le latenti conflittualità s’intrecciano inevitabilmente in una rassegna che coinvolge l’intero globo per almeno un mese consecutivo ogni quattro anni, mescolando emozioni e aspettative, passioni e curiosità. Non fa eccezione il mondiale attualmente in svolgimento in Russia, tra sorprese e insegnamenti, “chicche” e curiosità che già da una dozzina di giorni scandiscono le agende dei media di tutto il mondo.

Prima di tutto, la cura

Cosa hanno avuto in comune Senegal e Giappone, oltre a condividere il Girone? Sia i sostenitori del “paese del Sol Levante”, sia quelli dei “leoni della Teranga”, al termine delle partite, vinte rispettivamente contro Colombia e Polonia, si sono distinti per avere raccolto l’immondizia lasciata durante e dopo i festeggiamenti per l’evento sportivo: hanno eliminato o cercano di raccogliere i rifiuti in modo da favorire la pulizia degli addetti, mostrando la “banalità della normalità” in mondo visione, nonostante i loro paesi distino geograficamente decine di migliaia di chilometri.

L’Iran, “il maestro” e la libertà

Sulla panchina iraniana siede un allenatore nato 65 anni fa in Mozambico (all’epoca colonia del Portogallo): Carlos Queiroz, aveva già un curriculum di tutto rispetto quando prese le redini dell’Iran, nel 2011. Aveva guidato l’Under 20 lusitana alla vittoria di due mondiali di categoria nel 1989 e nel 1991: era la generazione dei vari Paulo Sousa, Fernando Couto, Luis Figo, Rui Costa, che avrebbe formato subito dopo la nazionale maggiore guidata dallo stesso CT; quindi era divenuto lo stimatissimo allenatore di campo del Manchester United di Alex Ferguson. Tre le scelte risultate vincenti, così come tre sono state le volte in cui si è dimesso, tornando poi indietro sui suoi passi per tre motivi: “i giocatori, i giocatori e i giocatori”.

In primo luogo, la ricerca di giocatori iraniani nati o cresciuti al di fuori dell’Iran; secondo, il mancato coinvolgimento con gli affari della Federcalcio e della lega calcio iraniane; terzo, un continuo rinnovamento della selezione, che non ammette l’esistenza di “senatori” che finiscono per orientare lo spogliatoio. Disciplina e spirito di gruppo: chi sgarra è fuori da solo, coi suoi comportamenti, perché il rispetto per il gruppo, per il tecnico portoghese, viene prima di tutto. Ne sanno qualcosa il portiere Mehdi Rahmati e il difensore Hadi Aghili, esclusi dall’Iran dal 2013 dopo aver lasciato il ritiro alla notizia che non avrebbero giocato da titolari in un match. Come intuibile, un tecnico competente e incontrollabile da altre autorità, impossibile da manovrare, per un paese condotto alla seconda partecipazione consecutiva ai mondiali grazie a lui e che deve fare ancora i conti con molti paradossi civili. Intanto, la settimana scorsa la squadra di Queiroz ha vinto la sua prima partita ad una Coppa del Mondo dal 1998, quando sconfisse gli USA, ed è anche grazie al calcio che le tifose iraniane in tribuna possono vestire i colori più disparati e mostrare finalmente il loro volto felice e spensierato: per la prima volta dal 1980, anno successivo alla rivoluzione islamica del ‘79, hanno avuto accesso allo stadio di Teheran per assistere sui maxischermi ad una partita. Per loro, un indimenticabile Iran-Spagna, valido per la seconda giornata della fase a gironi, trasmessa sui maxi-schermi dello stadio Azadi, il più grande della capitale.

Le prime di Panama

Nonostante ben nove reti subite in sole due partite, per la Repubblica di Panama il Mondiale 2018 è già una pietra miliare nella storia del paese: stato dell’America Centrale, disputa in Russia la prima Coppa del Mondo della sua storia, emozionando persino i telecronisti panamensi che seguono l’incontro e non riescono a trattenere la commozione già al suono dell’inno del paese, che risuona per la prima volta in una fase finale, come per la prima volta si gonfia una rete per un gol panamense: a imprimere il proprio nome negli archivi Felipe Baloy, che al 78’ di Inghilterra-Panama realizza quello che letteralmente si definisce il gol della bandiera per eccellenza.

 

 

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