Cunha: la politica che mi piace

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Sta migliorato, ma non è ancora il Brasile che vorremmo. Le necessità sociali sono molto grandi, i problemi, spesso, gravissimi. Ma stiamo cercando di creare le condizioni perché il paese incominci a cambiare sul serio. Realismo e idealità. Sono i tratti distintivi di questo giovane e affermato uomo politico brasiliano. João Paulo Cunha, 46 anni, da due presiede la Camera federale: 14 partiti, 513 deputati in rappresentanza dei 27 stati del paese. Non senza un pizzico d’orgoglio, confessa: Per la prima volta, in 115 anni della repubblica brasiliana, abbiamo come presidente una persona che viene dal popolo. Il riferimento è a Lula, da due anni alla guida del paese. E non è solo per il fatto che sia il leader della formazione politica (il Partito dei lavoratori) in cui entrambi militano. Il motivo è più profondo.Anche Cunha viene da una famiglia di modeste condizioni. Lustrascarpe a 11 anni, venditore di ge- lati, operaio metalmeccanico nella regione di Osasco, nella Grande San Paolo, sindacalista. Ma non immaginatevi nulla di focoso, tanto meno di barricadero. Più che il brasiliano dell’immaginario collettivo, sembra un anglosassone: modi sobri e uno stile perennemente pacato. Impegnato nella Chiesa cattolica sin da ragazzo, ha maturato rapidamente la scelta per l’azione politica: a 33 anni deputato dello stato di San Paolo, viene eletto alla Camera federale nel 1995, a 37 anni, e da allora riconfermato. Negli ultimi anni il Brasile è uno dei paesi che suscita legittime attenzioni per il dinamismo produttivo e per l’esuberante crescita economica. Dopo venti anni di dittatura (1964-1984), sta cambiando in modo considerevole anche dal punto di vista politico. È una giovane democrazia, ma ha dato prova di solidità anche con l’elezione alla presidenza della repubblica di Luis Inacio Lula da Silva, candidato della sinistra. Ad una serie di valutazioni sul proprio paese non si è sottratto Cunha, giunto in Italia a metà gennaio su invito del Movimento politico per l’unità. Presidente Cunha, quali sono gli obiettivi raggiunti in questi primi due anni di presidenza Lula? Il primo effetto è stato il clima di tranquillità che ha assicurato stabilità all’economia e alla politica. Questo ha permesso di giungere rapidamente al varo di alcune riforme importanti, da quella delle tasse a quella della previdenza. Abbiamo approvato una serie di leggi determinanti per il paese e mutato anche certi aspetti del potere giudiziario. Allo stesso tempo, abbiamo promosso una nuova politica internazionale, più rispondente alla nostra visione, che cerca di costruire nuove relazioni in tutto il mondo. Tuttavia il paese resta gravato da enormi squilibri sociali. Nel campo sociale, abbiamo incominciato a promuovere vari programmi, dalla Borsa Famiglia al piano Fame Zero. Due, in particolare, sono importanti. Uno è frutto della nuova politica economica, che ha consentito la creazione di due milioni di nuovi posti di lavoro. L’altro è un programma che favorisce l’accesso all’università di 100 mila giovani poveri all’anno . Quali, secondo lei, i due problemi di fondo che attanagliano il paese? Il primo è la concentrazione dei redditi. È un paese ricco, però gran parte della sua popolazione è povera e una più equilibrata redistribuzione dei redditi esige tempi lunghi. Il secondo è quello delle scarse infrastrutture. Lo stato da tanti anni non ha investito in varie settori. Abbiamo, comunque, anche altri gravi problemi: quasi la metà dei lavoratori non è regolarmente assunta e il sistema di tassazione, troppo elevato, toglie risorse alla produzione del paese. Novità evidenti in politica estera. Lula le ha ribadite anche a Porto Alegre e a Davos. Il dialogo con alcuni paesi (India, Sud Africa, Cina) è ricco di prospettive. Qual è la strategia? Non c’è una precisa strategia. Alcuni paesi in via di sviluppo sono grandi partner negli affari e nella politica internazionale. Con loro abbiamo avviato una riflessione sull’attuale configurazione unipolare del mondo, cui diamo una valutazione negativa. Vogliamo un mondo con più poli. Propendiamo per una visione multilaterale degli assetti del pianeta, e, allo stesso tempo, vogliamo rafforzare l’Onu come l’organismo che possa mediare tra le nazioni in conflitti . America Latina. C’è da parte di Lula l’impegno per un’integrazione tra i paesi, per esprimere una voce univoca anche nei confronti degli Stati Uniti? No, non è così. Il lavoro che stiamo svolgendo per unire l’America Latina non è necessariamente in contrapposizione nei riguardi degli Stati Uniti. Noi pensiamo che la forza dell’America Latina consista propriamente nella sua unità. Per questo stiamo investendo tempo per unificare l’America Latina. E abbiamo una serie di tappe per arrivare a questo: in primo luogo, rafforzare il Mercosur (il mercato comune tra Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Cile, sorto nel 1995, ndr), poi giungere all’unione tra i paesi dell’America del Sud e, infine, di tutta l’America Latina, rispettando le caratteristiche specifiche di ogni paese ma sapendo che la nostra unione è fondamentale per il nostro futuro. Quanto guarda il suo paese all’Europa e all’Italia? Il Brasile ha un rapporto importante con gli Stati Uniti e vuole mantenerlo. Sono il nostro principalepartner commerciale. Ma vogliamo incrementare le relazioni anche con l’Europa, che ha una tradizione politica, culturale e un’esperienza molto più ricca degli Stati Uniti. Ha sofferto la tragedia di due guerre mondiali e vissuto esperienze democratiche e di totalitarismo. L’Europa e l’Italia sono perciò in grado di svolgere un ruolo molto determinante per dare al mondo una visione più aperta delle relazioni tra i popoli. Presidente, cos’è per lei la politica? La politica, lo ricordava Aristotele molti secoli fa, ha come radice l’etica e come fine la giustizia. Ma non è possibile praticare l’etica e perseguire la giustizia se non c’è la preoccupazione dell’altro. E la preoccupazione dell’altro ha, per me, come base fondamentale la fraternità. Nobile visione. Eppure la politica trova in Europa sempre meno estimatori. La politica spaventa anche il popolo brasiliano. Sa il motivo? La politica è stata occupata in grande misura da persone che non hanno governato per il bene comune. Noi vogliamo avviare invece un percorso diverso: fare in modo che le persone che operano per il bene entrino in politica per servire il bene del proprio popolo. Lei è un convinto sostenitore della fraternità in politica. Ma può costituire davvero un parametro di condotta anche ai massimi livelli delle istituzioni? Tutte le volte che parliamo di fraternità pensando alla politica, c’è un’evidente scetticismo nelle persone. Atteggiamento comprensibile. Ma per me, anche pensando al ruolo istituzionale che ricopro, il legame è stretto e fondamentale. Il motivo è semplice. Quando parliamo di politica, parliamo della vita delle persone. E quando parliamo di fraternità, parliamo di fratelli. Quindi, c’è una relazione diretta tra la pratica della politica e la necessità della fraternità per chi governa. Fraternità e politica. Questo binomio è stato il motivo della sua visita in Italia. Quale bilancio? Dagli incontri avuti mi porto via la forza della parola fraternità. Ho costatato che trova grande ascolto tra la gente, tra i giovani in particolare, e mi sembra proprio che ci siano condizioni molto favorevoli perché questo movimento di unità possa operare a favore dell’umanità. Sia a Genova che a Roma c’è disponibilità in questo senso. Allora torno molto rafforzato nelle mie convinzioni e sicuro che siamo sulla strada giusta. GENOVA RILANCIA UNA VISIONE POLITICA Sedersi in terra perché le sedie sono finite per ascoltare ammirati un politico: può ancora succedere. Genova, Palazzo Ducale. Protagonista, il presidente della Camera del Brasile, João Paulo Cunha. Ad ascoltarlo anche le massime autorità locali, i presidenti della regione, Sandro Biasotti (centrodestra), e della provincia, Alessandro Repetto (centrosinistra), e del sindaco della città, Giuseppe Pericu (centrosinistra). Cunha ha proposto il messaggio provocatorio del Movimento per l’unità: la fraternità come categoria politica per trasformare i rapporti all’interno di una città, di uno stato e per dare nuove prospettive alle relazioni internazionali. Lui ci sta provando nel suo Brasile, dove profonde sono le disuguaglianze interne e complesse le situazioni da risolvere. È il caso, tra il resto, del programma di sostegno alle popolazioni indigene dell’Amazzonia, orientato, attraverso gruppi di operatori specializzati, a far crescere il senso di autostima individuale e collettiva, sì da rendere tali popolazioni capaci di presentare al potere politico le proprie istanze, sottraendole al frustrante senso di impotenza e emarginazione. L’altro, fino ad arrivare al senza voce, diviene oggetto di una politica che vuole trasformarlo in soggetto. È fraternità che dona libertà e uguaglianza. Dopo il conferimento della cittadinanza onoraria a Chiara Lubich – spiega Claudio Montaldo, diessino, assessore ai Lavori pubblici del comune di Genova – è nato in città il Movimento politico per l’unità. Con quest’appuntamento abbiamo voluto riflettere e rilanciare un impegno così centrale. Non ho mai visto così tanta affluenza a Palazzo Ducale – ha commentato il presidente della Regione, Biasotti -.Vuol dire che i temi dibattuti sono sentiti dai cittadini. Sono orgoglioso di aver co-organizzato questo evento. ITALIA-BRASILE LA SOCIETÀ CIVILE INTERPELLA Luigi Bobba, presidente della Acli, chiede un primo consuntivo sui programmi sociali. Maurizio Gabbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente, pone la questione dell’apertura o meno degli ogm in agricoltura. Sergio Marelli, presidente della federazione delle ong di ispirazione cristiana (Focsiv), vuole rassicurazioni sulla continuità d’intervento per riequilibrare le disparità. I leader delle organizzazioni della società civile hanno di fronte la delegazione brasiliana guidata dal presidente della Camera, Cunha. Siamo a Palazzo San Macuto. Fa gli onori di casa l’on. Maria Burani Procaccini per un incontro ristretto su cooperazione, partecipazione e interdipendenza. Ci siamo conosciuti nel novembre 2003 – ha esordito Lucia Fronza Crepaz, responsabile internazionale del Movimento politico per l’unità, introducendo l’on. Cunha – in occasione di un convegno alla Camera federale di Brasilia sul tema Fraternità, radice di pace e di libertà. La riflessione ebbe una particolare risonanza. Anche in questi parlamentari.A fianco di Cunha sono i deputati federali Fruet, Mourão e Pannunzio. Le domande sono incalzanti. Franco Pizzorno, rappresentante di Azione mondo unito, interpella la delegazione su quale concezione abbia ora il Brasile riguardo alla politica di cooperazione internazionale. A Edoardo Patriarca, portavoce del Forum del Terzo settore, sta invece a cuore sapere quanto la società civile brasiliana sia attiva e quale contributo possa dare alle reti di società civile mondiale. Un universitario brasiliano: Presidente, il mondo politico ha bisogno di un’anima. Qual è per lei quest’anima?. C’è materia per un simposio di tre giorni. Il presidente Cunha è pronto per replicare. Ma spiazza tutti. Non voglio sottrarmi all’impegno delle risposte, ma desidero valorizzare la presenza dei colleghi che esprimono punti di vista e sensibilità diverse dalla mia. Ma ho grande stima delle loro persone e delle loro posizioni . Stupore nei presenti. Ecco un tratto distintivo del presidente Cunha – interviene prontamente il deputato Antonio Carlos Pannunzio, esponente di spicco dell’opposizione -: coinvolge gli altri, chiede collaborazione anche a quelli con idee diverse. È lo stesso comportamento che adotta nel presiedere le riunioni della Camera. Vuole innestare nella logica e nella prassi politica il principio della fraternità, nel rispetto delle differenti posizioni e della diversità di compiti. Incredulità e ammirazione nel pubblico. Sognando qualcosa del genere anche nelle aule parlamentari di casa nostra.

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