Da Cuneo al Karakorum, lo sguardo verso l’alto di Maurizio
Sabato 21 luglio la città di Cuneo, ma non solo, ha salutato il caporale maggiore Maurizio Giordano, 32 anni, originario di San Benigno, una delle frazioni del capoluogo, che è deceduto l’11 luglio, precipitando dal Gasherbrum IV, 7.925 metri, nella catena montuosa del Karakorum, al confine tra Cina e Pakistan.
Era impegnato con una spedizione alpinistica italiana della sezione militare di alta montagna del Centro addestramento alpino di Courmayeur (Aosta), che aveva come obiettivo la prima ripetizione della via aperta dalla cordata composta da Walter Bonatti e Carlo Mauri nel 1958. Alle 6 del mattino di quell’11 luglio è precipitato da un seracco di ghiaccio e a nulla sono valsi gli immediati tentativi di soccorso da parte dei commilitoni.
Un lutto che ha coinvolto tutta la città (era lutto cittadino) e tutti gli alpini e non solo la sua famiglia, il padre Angelo, ex presidente Coldiretti provinciale e regionale, la mamma Ornella, il fratello Marco, la compagna Ramona e lo zio monsignor Aldo Giordano, nunzio apostolico in Venezuela.
È toccato proprio allo zio salutare il nipote nei funerali nel Duomo di Cuneo, gremito di gente, tanto da non contenerla tutta. «Carissimo Maurizio, – ha detto nell’omelia monsignor Giordano – non riusciamo ancora a credere che sia veramente accaduto. Anche a Dio chiediamo perché non ti ha salvato: tutti noi avevamo pregato tutti gli angeli del Cielo che ti custodissero nella tua spedizione nel Karakorum. In questi giorni, in famiglia, ci sentiamo come Maria ai piedi della Croce ma come cristiani non possiamo non immaginare che dietro la tua vita ci fosse un misterioso disegno, compiuto e realizzato proprio su quella montagna. In questa settimana un numero impressionante di persone ci ha fatto vedere il regalo che sei stato per loro, e ci hanno manifestato il loro affetto e la loro preghiera da ogni angolo del mondo. Sei stato un grande regalo del Padre, non solo per noi della famiglia ma per chiunque ti abbia conosciuto. Un giovane pensoso, che si faceva domande sulla vita: scalavi in cerca dell’oltre, di Dio. Sono sicuro che grazie alla vostra vicinanza e alla vostra preghiera, il terribile abbandono che stiamo vivendo diventerà sempre più un abbandonarsi nelle mani del Padre e un accettare nella fede i suoi misteri. Questo senso di abbandono dovrà diventare abbandono al Padre e accettazione. Grazie Maurizio, per tutto e per sempre».
Nella celebrazione un lungo applauso ha salutato Maurizio, dopo la “preghiera dell’alpino”, dopo il canto “Signore delle Cime” e le testimonianze di amici e conoscenti, la lettera del capospedizione maggiore Valerio Stella di Aosta, le parole del generale Salvatore Farina, capo di Stato Maggiore dell’Esercito e di monsignor Santo Marcianò, vescovo ordinario militare per l’Italia. «Ricorderemo – hanno ricordato – la tua voglia di tenere lo sguardo fisso in alto verso la cima in una società che troppo spesso non alza lo sguardo. Per noi alpini Maurizio non è morto, ma è andato solo avanti».