Cuba cambia, il mondo cambia
La frase ha fatto il giro del mondo e non poteva essere diversamente. Raúl Castro, non solo ha elogiato «la saggezza e la modestia» di Jorge Mario Bergoglio, non solo ha ringraziato il Papa per il ruolo svolto dalla diplomazia vaticana nello storico riavvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti, ma ha anche soggiunto: «Se continua così tornerò alla Chiesa cattolica». Una boutade, un’iperbole per dar risalto alle parole e ai gesti del Papa? Nel dubbio il giornale ufficiale Granma non l’ha riportata.
Ma se è impossibile scrutare l’animo umano di Castro è però possibile analizzare i contenuti politici di quanto si dice e, soprattutto, di quanto si fa. E qui siamo di fronte a una di quelle espressioni che indicano il momento storico nel quale ci troviamo, così come 17 anni or sono Giovanni Paolo II seppe condensare in quel «Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba» la necessità di abbattere gli steccati, a cominciare dall’inumano embargo commerciale, per avanzare verso nuove conquiste democratiche nella propria isola dei Caraibi.
Da allora, ne è corsa di acqua sotto i ponti. Alla visita del primo successore di Pietro ne è seguita un’altra, quella di Benedetto XVI nel 2012, dopo la quale il regime cubano ha reintrodotto la festività del venerdì santo. Un gesto, ma anche un segno. A settembre ce ne sarà una terza, quella del primo papa latinoamericano, che giungerà mentre sarà in atto il processo di disgelo delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti: un processo chiave per normalizzare i rapporti politici e commerciali col resto di Occidente.
Si presume che a fine mese Cuba sarà cancellata dalla lista di stati che appoggiano il terrorismo e da ieri sera il presidente francese François Hollande è in visita ufficiale a La Avana. Gesti e fatti politici.
In questi anni il regime ha allentato le restrizioni, anche se non con la rapidità desiderata da coloro che le patiscono da decenni. Nelle ultime elezioni locali sono apparsi i primi candidati notoriamente dissidenti, anche se non sono stati eletti. Uno di loro ha poi ammesso che la gente preferisce che non ci siano troppi cambiamenti. Non è facile passare dall’economia socialista a una forma mista che contempli Stato e mercato. Agli occhi cubani è ancora vivo l’esempio sovietico, quando la Russia in un batter d’occhio si trasformò disastrosamente in una economia capitalista finendo nelle mani di una oligarchia senza scrupoli. Pertanto il processo sarà graduale onde evitare di essere sopraffatti dal materialismo consumista avversato tanto dalla Chiesa come dal regime. Fu, infatti, questo il punto di incontro tra Fidel Castro e Karol Wojtyla, a cui fece seguito una collaborazione concreta per alleviare le difficoltà anche materiali dei cubani. Un esempio è la rete della Caritas, che sull’isola conta su dodicimila volontari.
I cambiamenti graduali non sono solo una prerogativa di un regime a partito unico e lo sa bene anche il premio Nobel della pace Barack Obama che, nonostante sforzi su sforzi, non riesce a chiudere quel limbo giudico che offende i diritti umani chiamato Guantánamo. Vi languiscono ancora 122 prigionieri di cui solo 10 hanno ricevuto una accusa formale o sono stati condannati.
Lo stesso Bergoglio non sta forse promovendo a partire dalla chiesa cattolica un processo di cambiamenti che trasla poi su altri piani? La riforma della Curia, quella delle finanze vaticane oppure la presenza del teologo della liberazione Gustavo Gutiérrez all’assemblea annuale di Caritas Internazionale ne sono certo un segno.
Con la stessa visceralità con la quale Castro ha affermato di non avere dubbi sull’”onestà” del presidente Obama, oggi si dice attratto dal Papa argentino. Sono affermazioni che mostrano una maturazione di nuovi frutti e che oggi possono finalmente essere raccolti per il ristabilito clima di fiducia reciproca, che è poi il vero combustibile delle relazioni internazionali.