Cronaca del far festa

Il 15 aprile 2010 si è celebrato il cinquantesimo dell'editrice Città Nuova. Una serata memorabile
50° Città Nuova Editrice Sergio Zavoli Angela Ales Bello Pietro Coda

Il cuore della Garbatella cela un teatro come il Palladium, in una delle zone della città di Roma più rivalorizzata dal punto di vista urbanistico in questi ultimi anni. Qui Chiara Lubich aveva scritto il primo capitolo della sua storia romana, qui aveva vissuto i primi anni dopo il trasferimento da Trento. Una scelta, dunque, non casuale per celebrare i primi cinquant’anni della casa editrice Città Nuova. Una manifestazione che segue le commemorazioni del secondo anniversario della morte della fondatrice dei Focolari e dei dieci anni dalla cittadinanza onoraria romana.

 

A Donato Falmi, direttore dell’editrice, l’onore di aprire la manifestazione ricordando che «Chiara ha rimesso in circolo nella cultura contemporanea parole (e cioè verità) fondamentali che troppo spesso e troppo presto dimentichiamo. Parole universali come amore reciproco, fraternità, dialogo e unità. Nella linea di questo patrimonio di novità e “memoria”, nei cinque decenni della sua storia l’editrice Città Nuova ha intercettato alcuni dei passaggi cruciali del secondo Novecento».

Proprio l’eredità di Chiara nel dibattito culturale contemporaneo, costituisce il tema portante della prima tavola rotonda con il sen. Sergio Zavoli e la prof. Angela Ales Bello, moderata dal teologo Piero Coda. «Alla prima chiacchierata con Chiara − ricorda Zavoli −, nessuno dei due prendeva la parola. Per me infatti, l’arte dell’intervistare, del dialogare sta nel “dare parola all’altro”; per lei invece anche quel silenzio era “farsi dialogo”. In lei c’era la certezza che non si esce mai indenni quando si dialoga, poiché non possiamo non tener conto dell’altro. Se si entra in relazione con l’altro, il tuo viaggio diventa anche il mio».

Un percorso inverso a quello di Zavoli – aveva conosciuto prima Chiara e poi Città Nuova – è quello di Angela Ales Bello, la massima studiosa di Edith Stein: «L’apertura all’altro avvenuta nel Novecento, nonostante i conflitti − dice −, ha consentito di vedere la dualità femminile e maschile. Un grande contributo a ciò è venuto dal cristianesimo. Il femminismo è nato all’interno delle comunità cristiane calviniste nonostante abbia poi assunto connotati laici. Chiara la possiamo tranquillamente mettere a confronto con altre grandi intellettuali donne del Novecento. In lei sono riscontrabili delle intuizioni straordinarie che fanno pensare ad una nuova filosofia dell’essere, determinate da un reale approfondimento del cristianesimo, che fa pensare più che alla teologia alla filosofia religiosa».

 

A seguire una seconda tavola rotonda – moderata da Michele Zanzucchi –, con testimonianze sul contributo di Chiara al dialogo interreligioso, «un impegno che da cinquant’anni − ricorda il direttore della rivista Città Nuova − è presente nella vita del movimento come nel catalogo dell’editrice». Il gran rabbino Marc-Raphaël Guedji, di Ginevra, sottolinea che nella fondatrice del movimento ha ravvisato «una disposizione dovuta a quella capacità di “entrare nelle scarpe dell’altro, senza mai abdicare alla propria identità” che crea cultura e dialogo».

Accanto a lui, Osama al-Saghir (in rappresentanza del neo-presidente dell’Ucoii, imam Izzedin Elzir) e il pastore Jens-Martin Kruse, parroco della chiesa luterana di Roma, che parlando degli attuali confini culturali e mentali delle relazioni sociali, sottolineano come Chiara li avesse già superati, perché pur vedendo ciò che divideva, cercava comunque sempre vie nuove per superare tali limitazioni.

 

In serata, uno spettacolo inedito dal titolo L’attrattiva dei tempi moderni della compagnia Arsmovendi, su brani scelti dai primi testi pubblicati dall’editrice: Meditazioni della Lubich, Esperienze di alcuni tra i primi testimoni del movimento, e Memorie di un cristiano ingenuo di Giordani. Un momento intenso, costruito dal coreografo Andrea Cagnetti, che ha trasposto in chiave contemporanea, attraverso la danza e la recitazione, le riflessioni della Lubich e quelle di altri uomini e donne partecipi di un nuovo umanesimo di cui siamo fautori anche noi ogni giorno.

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