Crolli a Ischia, di chi è la colpa?
Inizio questo mio intervento dedicandolo a Lina, una delle due vittime accertate del terremoto che ha colpito Ischia due giorni fa. Mamma di sei figli di cui due adottati, testimone di fraternità e impegno concreto per gli ultimi, faceva parte del Cammino Neocatecumenale. Come spesso accadeva stava andando a pregare insieme ad altre persone. Morire mentre si va a pregare, perché? Forse bisognava pagare un prezzo per uscire da una situazione intrigata, complessa, ingarbugliata? Una miriade di nodi difficili da sciogliere.
Ischia è un isola dal punto di vista geologico complessa e relativamente giovane. I geologici ci dicono che si è formata nell’attuale conformazione circa 150 mila anni fa. Un’isola di natura vulcanica, percorsa da diverse faglie sismiche, soggetta a un forte rischio anche alluvionale e di frana. Eppure, nello stesso tempo, affascinante, unica e rara per la complessità dei fenomeni fisici e dei paesaggi che la compongono. Strapiombi, cave, coste, boschi e acque termali, alcune portentose dal punto di vista terapeutico, contribuiscono a creare uno scenario naturale unico nel suo genere.
Nei secoli, convivendo con fenomeni naturali quali eruzioni vulcaniche, terremoti, alluvioni, l’uomo nel rispetto della natura ha modellato il suolo ricavando terrazzamenti agricoli, piccoli insediamenti abitativi, torri, il castello (detto anche isola minor perché sorge su un isolotto della costa est).
Nella decade 1955-1965 questo piccolo paradiso terrestre viene scoperto dagli italiani del boom economico. Grandi investimenti in alberghi, terme, abitazioni. Ogni terreno diventa edificabile. Nessuno sembra ricordare che nel 1943 era stato redatto il primo piano paesistico d’Italia: il Piano Calza Bini. Già si conosceva la natura pericolosa del territorio ischitano. Nel luglio 1883 uno spaventoso sisma aveva causato quasi tremila morti tra Casamicciola, Lacco Ameno e Forio.
Lo sviluppo economico degli anni ‘70 diventa incontrollabile, ogni tentativo di pianificazione territoriale viene represso da una classe politica imbelle e incapace di gestire e amministrare il territorio. Le amministrazioni che si dotano di strumenti urbanistici si forniscono semplicemente di tappezzeria per gli uffici tecnici: belle planimetrie appese alle pareti, che non sortiscono nessun effetto pratico nella gestione del territorio.
Infine, arrivano tre scellerati condoni edilizi nazionali (1983, 1994, 2003) che sortiscono l’effetto di un incoraggiamento all’edificazione incontrollata. Nulla ferma gli abusivi: vincoli paesaggistici, geologici, sismici. Il tentativo della magistratura di imporre un minimo d’ordine con l’avvio di alcune demolizioni trova l’opposizione di parte della popolazione abituata a considerare l’edilizia un grande ammortizzatore sociale. Manifestazioni, processioni per opporsi agli abbattimenti.
Purtroppo madre natura presenta il conto: nel 2006, l’alluvione travolge le case del Monte Vezzi; nel 2009, Casamicciola è coperta dal fango; oggi una scossa sismica non troppo forte mette in ginocchio Casamicciola e Lacco Ameno. Morti, feriti, case danneggiate, fuga in massa dei turisti. La situazione si è così ingarbugliata che raramente gli amministratori hanno voglia di cimentarsi con il riordino urbanistico del territorio, l’urbanistica è una rogna da evitare. Per decenni molti di essi hanno tollerato, incoraggiato atteggiamenti illegali e abusivi. Meglio limitarsi a organizzare sagre e feste in piazza.
Ma come se ne viene fuori? Solo con una nuova coscienza collettiva che metta in evidenza la supremazia del bene comune rispetto a quello individuale. Uno slogan degli anni ‘80 parlava di Ischia Giardino d’Europa. Riprendere con slancio la politica di incremento e sviluppo dei parchi a verde pubblici e privati. Rispetto delle norme e delle leggi: la legalità non è un optional. Recuperare il patrimonio edilizio esistente, legittimo o legittimabile, ma nessuna tolleranza per l’abusivismo nelle aree pericolose ad alto rischio sismico o idrogeologico.
Soprattutto è necessaria una nuova capacità di vivere e accogliere per amministrare questo straordinario patrimonio ambientale in cui viviamo. Realizzare una nuova urbanistica fatta di scelte comuni forti e condivise per avere un territorio in cui si possa fare un esperienza di Comunione tra l’uomo e la natura.
Arch. Salvatore Cenatiempo