Una crisi senza precedenti
Difficile trovare le parole e la serenità necessarie per scrivere qualche riga su quanto è avvenuto al Quirinale, dove si è consumata una crisi senza precedenti e che non si sa dove porterà. Il presidente incaricato, il prof. Giuseppe Conte, ha rimesso il mandato congelandolo con poche, secche parole, che alludevano all’impedimento quirinalizio. Poi, il discorso del presidente Mattarella, che ha esplicitamente dichiarato che era pronto a firmare la nomina di tutti i ministri propostigli da Conte eccetto uno, quello dell’Economia e delle finanze, il prof. Paolo Savona, chiedendo che fosse sostituito con l’on. Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega alla Camera, ottenendo un rifiuto.
La motivazione ha fatto riferimento all’uscita dall’euro («L’incertezza della posizione italiana nell’euro – ha spiegato Mattarella – ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende») e quindi al suo ruolo e dovere costituzionale, di garanzia e di tutela degli interessi nazionali, a partire da quelli dei “risparmiatori italiani”.
Dietro a tutto, la preoccupazione per le reazioni dei mercati. Infatti, poco dopo, Mattarella ha convocato il prof. Cottarelli con l’incarico di formare il governo e consentirne l’apertura in condizioni ritenute di sicurezza.
Dopo queste vicende ci troviamo di nuovo il Paese spaccato in due, chi capisce Mattarella e chi capisce Salvini e Di Maio. Chi pensa che un governo di quel tipo sarebbe stato un disastro per l’Italia, e quindi ritiene che il presidente ci ha salvati, e chi invece gli imputa di essere uscito dalle sue strette competenze per invadere lo spazio politico: molto diverse, infatti, le bocciature di Previti e di Gratteri citate come precedenti, da quella di Savona, motivata dalle sue vedute.
Due visioni così contrapposte da poter dire, come osserva il direttore de La 7 Enrico Mentana, di trovarci quasi davanti a “due Italie”.
Il risultato pratico è uno scontro frontale e ai livelli massimi, perché l’accusa che viene portata nei confronti del capo dello Stato è quella di non aver rispettato la volontà democratica, magari asservito a diktat esterni, al punto che, da parte di alcuni si propone la messa in stato d’accusa.
Lo scontro ora si sposta in Parlamento, innanzi tutto per la fiducia al governo Cottarelli; poi per il minacciato impeachment, che speriamo rientri: sarebbe la sanzione formale di una crisi di rottura.
Saremo capaci di tenere i nervi saldi? Difficile ma assolutamente necessario. A partire da noi stessi, dalle nostre case e dai nostri rapporti di amicizia. Impossibile pretendere di vederla tutti allo stesso modo, ma la ventura di trovarci in una curva della storia senza precedenti ci aiuti a starci dentro con tragica consapevolezza e di maturare, da subito, un atteggiamento interiormente disarmato e capace di farsi carico delle ragioni dell’altro. Solo così daremo un contributo alla tenuta di ciò che resta del nostro assetto istituzionale.