Crisi e tristezza per le strade di Atene

Ieri sera il governo greco ha approvato le misure d’emergenza per accedere agli aiuti UE. La reazione della gente
Grecia crisi

Per le strade di Atene, dopo le manifestazioni e i morti c’è tristezza: «La protesta non doveva degenerare, nessuno voleva quella violenza», si dice. Gli anarchici che si erano infiltrati nel corteo erano noti alla polizia, qualcuno era stato persino sorpreso a saccheggiare un supermercato, ma dopo qualche ora di fermo era tornato in libertà. I greci sono impietriti dai fatti, quelle vite spezzate hanno tagliato le gambe alla protesta e anche a Salonicco, altro centro caldo, si registra uno stop alle proteste di piazza. Manifestare sì, ma non con questi morti e senza proposte alternative da presentare al governo, dicono in tanti.

 

Per le strade di Atene la vita continua a scorrere. Alle 19 non si rinuncia all’aperitivo, in strada continuano a circolare i Suv, nonostante la benzina in appena una settimana sia passata da 90 centesimi a un euro e 50. Qualcuno, quasi timidamente, comincia a razionalizzare l’uso dell’automobile. Indagando si scopre poi che le rate per l’acquisto del fuoristrada non sono state coperte e che quei 5 euro consegnati al pub escono da tasche vuote e meglio zeppe di prestiti o cambiali inevase.  

 

«La minaccia di recessione viene avvertita come distante, qui non c’è una mentalità abituata al sacrificio e non si è disposti a cambiare stile di vita», dice un economista locale. Le decisioni prese dal governo ieri sera però, imporranno inevitabilmente una stretta, anche se inizialmente saranno i più ricchi a pagare il conto. Benestanti in Grecia sono quelli che guadagnano uno stipendio tra 1.500 e 2 mila euro, poiché la paga media è di circa 700 euro: saranno loro a vedere intaccate per primi la tredicesima e la quattordicesima, con un ammanco di circa 500 euro annui.

 

Ciò che preoccupa di più la gente sono i tagli ai servizi sociali, alle scuole private che si tradurranno anche in disoccupazione. «Noi insegnanti privati siamo a rischio anche dopo 30 anni di insegnamento. Essere licenziati significherebbe entrare nella scuola pubblica e per farlo dovremmo sostenere degli esami impegnativi, ma poi ci sarà posto?», si chiede Mari Cris anche lei docente.

 

Intanto in soccorso dei poveri arriva la Chiesa ortodossa. Il primate greco Ieronymos II ha incontrato il premier Papandreou assicurando che utilizzerà i lasciti testamentari (molto diffusi nel Paese) per sopperire ai fondi in meno destinati ai bisognosi. Le opere di beneficenza della Chiesa si svilupperanno a patto che la burocrazia faciliti gli interventi assistenziali e acceleri i tempi dei provvedimenti attuativi.

 

«La piccola Grecia ce l’ha sempre fatta», è stato il motto che ha guidato per anni governanti e popolo, mascherando magari la crisi sempre strisciante. «Ci siamo divertiti per 30 anniafferma sottovoce qualcuno–, ora è arrivato il conto». Anche i Giochi olimpi si sono rivelati un conto salatissimo per la nazione. I sindacati avevano avvertito: pagheremo debiti per più di vent’anni e ai nostri figli lasceremo un Paese indebitato.

 

Nell’intera nazione serpeggia una certa criticità nei confronti dell’Unione europea. L’ingresso nell’euro senza adeguati controlli sui prezzi ne ha provocato un’impennata insostenibile, E poi anche gli aiuti allo sviluppo, gestiti con criterio fino agli anni Novanta, hanno preso strade non sempre limpide e orientate al bene comune. Da qui la richiesta fatta al primo ministro e al presidente della Camera, da 48 deputati del Pasok, il partito al potere, di un’indagine rigorosa sulla provenienza dei beni e degli immobili di quanti negli ultimi vent’anni hanno gestito i soldi pubblici.

 

Chi è lungimirante invece ritiene indispensabile restare nella Ue, anche se i controlli imposti sulla gestione degli aiuti, vengono mal digeriti. «Del resto non si può pretendere di vivere con i soldi di altri senza rendere conto. E poi se avessimo accettato gli aiuti che Cina e Russia avevano già messo a disposizione, non sarebbe andata certamente meglio. Non possiamo rinnegare le nostre radici in un momento difficile», commentano al partito.

 

La criticità del momento si legge anche nell’espulsione dal partito di Dora Bakogianni, ministro degli Esteri del precedente governo, che aveva votato a favore delle misure di contenimento contrariamente a quanto imposto dal suo partito. Il rigore necessario in questo momento richiede indubbiamente un’inversione di tendenza negli stili di vita, da fare però in modo unitario senza egoismi di parte.

 

Intanto ad Atene è l’ora dell’aperitivo.

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