Crisi, disoccupazione e criminalità: i timori dei giovani

Una ricerca della fondazione Falcone sulla percezione della criminalità ha coinvolto gli under 30 di ben 13 Paesi europei. Oltre alle preoccupazioni per i fenomeni criminali è emersa grande sfiducia nella politica e nei governi per le azioni di contrasto
Criminalità

Hanno dai 16 ai 30 anni i giovani dei 13 Paesi europei che hanno partecipato ad una ricerca sulla percezione del fenomeno della criminalità organizzata voluta dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone. Rispondendo a 24 domande sul fenomeno criminale nei loro territori d’origine hanno espresso seria preoccupazione per la crisi economica, la disoccupazione, la criminalità, che in contesti fragili espande le sue mire e i suoi interessi.

Quasi mille le risposte analizzate dai ricercatori che hanno rilevato tra i giovani cittadini europei una sostanziale sfiducia nella politica e nelle istituzioni governative. L’indagine sponsorizzata dal programma europeo "Europe for citizens" ha evidenziato tra i problemi che preoccupano i giovani anche la pedofilia, la corruzione e i meccanismi che la generano, mentre l’immigrazione clandestina, cavallo di battaglia di alcune formazioni politiche, è all’ultimo posto per tutti: segnale importante sulla via dell’integrazione, perché gli interpellati contano tra loro già 27 nazionalità e si preoccupano ben poco delle provenienze.

Profitto, controllo del territorio e ricerca del potere sono le principali attività imputate alle organizzazioni criminali anche se gli italiani stilano una classifica differente dove il primato spetta al potere e il secondo posto alla minaccia e all’uso della forza. Tuttavia 88 su cento la percepiscono come grave pericolo per il Paese anche per la gestione del traffico di droga, il riciclaggio e lo smaltimento illecito dei rifiuti. Quest’ultimo campo d’affari è percepito dai giovani più grave di omicidi e racket delle estorsioni.

Interrogati sulle cause che spingono a diventare criminali vengono individuate due matrici: le difficoltà economiche e l’ambiente in cui si è vissuto, mentre gli italiani si differenziano perché imputano all’ignoranza una delle ragioni principali dell’essere arruolati come fuorilegge. Anche la famiglia d’origine ha un peso non indifferente sulle scelte criminali di uno dei suoi componenti, secondo gli intervistati.

Per un italiano su tre, invece, l’assenza delle istituzioni sul territorio ha un ruolo determinante. Gli studenti italiani poi imputano l’alto tasso di corruzione del nostro Paese alla presenza della criminalità e non hanno percezione dei suoi ampi risvolti sociali. Altro fenomeno di cui la criminalità è ritenuta responsabile per il 59 per cento è la tossicodipendenza, almeno all’estero, mentre per gli italiani al secondo posto si collocano le difficoltà di avviare un’attività economica e la violenza urbana.

La preoccupazione sul controllo delle attività produttive riguarda particolarmente l’edilizia, settore da sempre appetibile per le mafie e le attività finanziarie, mentre il commercio e la piccola distribuzione si piazzano terzi tra i settori percepiti come di interesse criminale. Queste considerazioni inibiscono la creazione di piccole e medie imprese, perché percepite come attività a rischio.

L’azione di contrasto alla criminalità per i giovani è affidata soprattutto alle forze dell’ordine, che ritengono abbastanza capaci nel controllo del territorio, mentre nella politica la sfiducia è quasi totale, 90 per cento per l’Italia e 75 per cento per gli altri Paesi. Il governo italiano non fa abbastanza per contrastare le mafie secondo il 68 per cento o non ha interesse a farlo (48), mentre si spera che sia l’Unione europea un grosso stimolo nella lotta alla criminalità.

Grande fiducia è invece riposta nella scuola e nella formazione, giudicate fondamentali anche nella prevenzione. Un ruolo nella prevenzione lo gioca anche l’informazione a cui gli studenti attribuiscono il 58 per cento di possibilità di riuscita. Gli incontri con gli esperti sono ritenuti fondamentali per gli italiani mentre gli stranieri preferiscono i dibattiti aperti, segnali questi di differenti modalità con cui si affronta la formazione sul tema della criminalità.

L’impegno personale nel contrasto alla criminalità vede propendere più al “tenersi informati” che allo sporcarsi le mani, anche se il 44 per cento nella fascia che va dai 26 ai 30 anni si considera impegnato. Interessante la modalità con cui ci si informa: la Rete gode del 79 per cento delle preferenze ed è la principale fonte di notizie sul tema accanto alla televisione con percentuali simili (78 per cento) e ai quotidiani, mentre per i giovani stranieri al terzo posto si situano le conoscenze personali e gli scambi di pareri tra amici.

Antonio Scaglione, preside della facoltà di giurisprudenza a Palermo, nel presentare la ricerca ha sottolineato che «la diffusione dei mercati economici e finanziari ha favorito la diffusione delle organizzazioni criminali su scala mondiale» e per questo va ampliata la fascia di popolazione da coinvolgere nella valutazione del fenomeno e nella ricerca di soluzioni che sappiano coinvolgere la società civile fin dalla fascia più giovane.

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