Crisi del neocolonialismo francese
Il 24 ottobre a Niamey, nel Niger, si è tenuta la quarta riunione della task force sul programma di valuta unica della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Si cerca di trovare una moneta unica entro il 2020. Ma tale scadenza sarà rispettata? Per il presidente nigeriano Issoufou, «l’istituzione di un’unione monetaria è sia una decisione sia economica che politica. La posta in gioco è alta e le sfide sono formidabili».
Ha ricordato che la moneta unica, «riducendo i costi di transazione, facendo convergere i tassi di inflazione e garantendo la trasferibilità del capitale, rafforzerà gli scambi di beni e servizi, stimolerà la crescita economica e la prosperità dei popoli di ciascuno dei nostri Paesi».
Tuttavia, il presidente ivoriano Alassane Ouattara ha riconosciuto che non sarebbe facile avere la moneta unica nel 2020: «Siamo legati al franco Cfa, ma vogliamo la moneta unica nel miglior tempo possibile», ha detto in sintesi.
Il desiderio di avere una moneta unica dell’Ecowas era infatti stato avanzato addirittura nel 1987.
In Africa centrale, d’altra parte, i capi di Stato della subregione si sono opposti alla svalutazione del loro franco Cfa da parte dell’Fmi. Per questo hanno adottato delle risoluzioni dopo un vertice straordinario tenutori lo scorso venerdì a N’Djamena, la capitale del Ciad.
Gli Stati della zona si stanno in effetti sgretolando sotto il peso del debito pubblico interno. Inoltre, va anche registrato un deterioramento dei disavanzi di bilancio e dei conti esteri. Tali deficit, nella maggior parte dei casi, sono dovuti al calo dei ricavi in seguito al calo del prezzo al barile di petrolio sul mercato internazionale.
I leader africani hanno altresì deciso di far rispettare la Convenzione che governa l’Unione monetaria dell’Africa centrale e le norme di cambio in vigore al fine di promuovere il rimpatrio dei proventi delle esportazioni.
I ministri incaricati di negoziare o monitorare il programma economico con il Fmi hanno inoltre ricevuto istruzioni per dimostrare una ferma determinazione nell’attuazione delle riforme essenziali per la ripresa della subregione.
C’è in effetti urgenza di una nuova valuta. Ora più di ieri alcuni economisti parlano dell’urgenza di abbandonare la zona Cfa e di creare una valuta specifica per l’Africa centrale.
Secondo l’economista camerunense Celestin Bezigui deve essere introdotta «una valuta la cui iniziale parità sarà appoggiata a un paniere di valute principali partner commerciali della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale, e cioè euro, dollaro, sterlina, rupia indiana, yen giapponese e yuan cinese… Questa iniziativa vuole rispondere all’urgenza di liberarsi dalla camicia di forza quello del franco Cfa, che è in flagrante contraddizione con la potenziale ricchezza dei nostri Paesi».
E continua: «La sottoregione è diventata lo strumento principale di manipolazione politica permanente il cui obiettivo è far credere la debolezza delle nostre economie e quindi accentuare il controllo che la Francia esercita su tali Paesi». Va ricordato, in efftti, che il franco Cfa è ancora controllato dalla Banca di Francia, e che i transalpini lucrano su ogni franco Cfa stampato e diffuso.
Il dibattito sul franco Cfa è quindi rilanciato, e legittimamente aggiungiamo noi: i Paesi africani interessati ci stanno pensando seriamente. Tuttavia, possono davvero staccarsi dalla Francia madre e matrigna? Da più di cinquant’anni purtroppo si conosce il ruolo post-coloniale (politicamente parlando) ma neo-coloniale (economicamente parlando) che Parigi mantiene su tutta la zona francofona.