Criminalità: dall’opinione pubblica all’opinione comune
“Come si sa – afferma in diretta dallo studio l’esperto di un autorevole programma televisivo -, la criminalità è aumentata anche in rapporto al crescere dell’immigrazione”. I presenti assentono. Il giudizio viene ripetuto in altre trasmissioni. Ai più è sfuggito che la notizia è falsa. Le fonti vicine al ministero degli Interni testimoniano infatti che negli ultimi dieci anni la criminalità (omicidi, scippi, furti d’auto ecc.) è scesa quasi del 50 per cento. Ed è scesa soprattutto dal ’96 in poi, data in cui è invece cresciuta impetuosamente l’immigrazione, a testimoniare quello che può sembrare un paradosso: più immigrazione e meno criminalità. A cosa è dovuto il fenomeno? Se un tempo l’informazione era parte rilevante dell’opinione pubblica, oggi sempre più si orienta a far parte dell’opinione comune: una realtà comunemente creduta viene ripetuta e poco importa che abbia poco a che fare con la realtà dei fatti. Il sociologo Maurizio Fiasco (La qualità della sicurezza pubblica, 2002) spiega: “Nelle società evolute, come la nostra, è cresciuta enormemente la domanda di sicurezza pubblica: se un tempo a Reggio Calabria ci si fosse lamentati per uno scippo si sarebbe stati accolti da sorrisi di compatimento, di fronte ad una criminalità ben più seria. Oggi ci si lamenta nel veder compresse le possibilità di fare ciò che si desidera. Il che è giusto e normale, ma altera la percezione oggettiva dei fatti, facendoci ricordare un passato tranquillo che non è mai esistito”. I media si adeguano a questa sete di sicurezza espressa dall’opinione comune. Emblematico un particolare dello studio di Omicron, per l’Unione europea: nove omicidi in nove giorni a Milano nel gennaio ’99. Marce, dibattiti, mobilitazione generale degli organi di polizia da parte delle istituzioni di centro sinistra: ad indagini chiuse, nemmeno uno di quei fatti era addebitabile a stranieri immigrati. Più recentemente, ai ricercatori dell’Osservatorio di Pavia, che misura i tempi dedicati dai telegiornali ai diversi argomenti, non è sfuggito il dato che, mentre la criminalità è in diminuzione da tempo, i media, solo da un anno a questa parte, coll’avvento del nuovo governo, sembrano aver preso coscienza che ora tutto va bene. VIDEOGOL Telefonami un calcio di rigore Una bimba con gli occhi a mandorla segue la partita degli azzurri sul telefonino, anziché sul campo davanti a lei: è l’emblema del calcio che verrà. Sotto la spinta mediatica indotta dai mondiali nippo- coreani, da dicembre i gol li potremo vederli sul telefonino. E così la moviola o le ultime notizie sulla squadra del cuore. I club calcistici si stanno attrezzando: per tamponare il lievitare continuo dei costi di gestione dei campioni, sono in cerca di sempre nuove fonti di reddito. Una sembrano averla trovata, oltre ai canali satellitari, nella diffusione sui nuovi media (telefonini, Dvd, Internet ed altri mille prodotti) dello spettacolo pedatorio: i nostri club hanno già firmato un contratto di 76 milioni di euro per i diritti telefonici dell’operazione “videogol”, un servizio rivolto soprattutto a chi, stando in viaggio, non può vedere la partita allo stadio o in tv. LIBERTÀ DI STAMPA Dovere di cronaca “Giornalisti e terrorismo” è stato il tema scelto dall’Unesco, per celebrare la Giornata mondiale della libertà di stampa. Il premio di 25 mila euro, assegnato ogni anno a un reporter che si è distinto per il proprio impegno, è andato Geof f r ey Nyaro t a , d i r ettore del Daily News, l’unico quotidiano indipendente dello Zimb a b w e . Nonostante sia già stato minacciato di morte, abbia subito due attentati dinamitardi e sia stato più volte incarcerato, egli continua denunciare senza tregua la corruzione e le attività criminali dei politici. In quel giorno sono stati ricordati 58 giornalisti uccisi nel 2001: tra loro anche Maria Grazia Cutuli del Corriere della Sera. L’elenco del 2002 è tragicamente tuttora aperto, dopo i casi di Daniel Pearl e di Raffaele Ciriello.