Covid 19 in America Latina: alla ricerca di strategie

Una panoramica della situazione della pandemia di Covid 19 in America Latina, oggi trasformatasi nell’epicentro di questa malattia.
(AP Photo/Jorge Saenz)

Gli esperti dicono che la variante Delta del coronavirus – che in America Latina è già apparsa – non sarà l’ultima. Il contesto regionale è preoccupante. In Messico – fonte Gisaid – è stata confermata nel 10% dei campioni analizzati per identificarla, in più dell’1% dei campioni in Brasile, mentre in Perù e Argentina in meno dell’1%. In Cile la variante è apparsa in casi specifici, finora due. Ma le luci d’allerta accese da esperti ed accademici confermano la preoccupazione per il moltiplicarsi di questa mutazione, presente ormai in più di 90 Paesi. La sua velocità di propagazione le può consentire di trasformarsi in dominante, il che potrebbe allungare il già lungo ciclo di misure restrittive, ma anche lo stress delle strutture sanitarie per affrontare le ondate di ricoveri, specialmente nelle terapie intensive. E potrebbe provocare nuove mutazioni.

(AP Photo/Eraldo Peres)

Nella regione i numeri sono ancora alti: in Brasile, sebbene siano diminuiti, i casi giornalieri superano i 50 mila (un settimo dei contagi mondiali), in Colombia sono 29 mila, in Argentina oltre 19 mila, più di 4.500 in Messico, mentre in Cile si tira un respiro di sollievo perché quello di ieri, 3.500 positivi, è il dato più basso degli ultimi sei mesi. Le terapie intensive di questo Paese restano occupate oltre il 90%, ma nelle maggiori città colombiane si supera il 95%. In molti casi si è già provveduto ad aumentare i posti letto per i casi critici. Ma questa misura non può non accompagnarsi con l’incremento del personale medico e infermieristico, e questo non lo si improvvisa: per assistere un paziente critico di Covid 19 ci vuole non poca perizia.

I decessi restano a un livello preoccupante. Del totale di 1,3 milioni di morti, 1 milione si concentra tra: Brasile (517 mila), Messico (232 mila), Perù (192 mila) e Colombia (106 mila).

Se la prima barriera è quella delle misure di cura personale, mascherina, sapone e distanziamento, la successiva è la campagna di vaccinazione. Ma la regione avanza a rilento. I numeri sono eloquenti: in Argentina non si arriva al 10% della popolazione vaccinata con il ciclo completo; in Brasile si è al 12%, come a Cuba e Panama, mentre in Messico è stato immunizzato il 15%; in Colombia il 14% e il 10% in Perù. Vari Paesi, come Nicaragua, Venezuela, Guatemala, Honduras, Bolivia sono al di sotto di questi valori, in alcuni casi di molto (appena 70 mila vaccinati in Honduras). Le eccezioni di vaccinati con ciclo completo in maggior numero sono appena tre: Repubblica Dominicana, 25%; Uruguay, 45%; Cile, grande eccezione, col 71%. Proprio in Cile già si parla di partire a settembre con una terza dose di rinforzo, visto che la protezione di alcuni vaccini contro la variante Delta è ridotta.

(AP Photo/Jerome Delay)

Questi dati indicano che esiste un’enorme fetta di popolazioni in cui il virus non troverà barriere immunitarie consistenti, e con un elevato numero di positivi il rischio di nuovi picchi di contagio è alto. Sta succedendo in Colombia e Cuba.

L’urgenza di accelerare le campagne di vaccinazione è chiara, ma non tutti hanno i mezzi per realizzarle. É il caso del Paraguay, che sta accettando di buon grado le donazioni di vaccini per proteggere il suoi 7 milioni di abitanti. Le ultime 150mila dosi di Moderna le ha donate il Qatar. Per l’Honduras, fanalino di coda, la donazione di un milione e mezzo di dosi da parte degli Usa è stata dunque provvidenziale.

Ma senza una adeguata strategia anche le misure più efficaci diventano inefficienti. È il caso della tracciabilità. In Argentina il numero dei tamponi ha da poco superato gli 80mila al giorno, con oltre 45 milioni di abitanti. I cileni sono meno della metà, ma si praticano circa 70mila tamponi al giorno. In Colombia, a fine maggio un articolo giornalistico sottolineava con orgoglio la capacità di effettuare 16mila test al giorno… con 50 milioni di abitanti (sic!). L’altro versante della tracciabilità è identificare ed isolare i positivi ed i loro contatti stretti. Ma anche qui il deficit è notevole: significa destinare risorse a numerose equipe di lavoro per poter rintracciare, per ogni positivo, non meno di 6/8 persone che siano state in contatto. Per Gabriel Rada, della Pontificia Università cattolica di Santiago, una strategia efficace dovrebbe agire come se la variante Delta fosse già estesa; invece di allentare le restrizioni in presenza di un calo dei positivi, insistere in modo da abbattere drasticamente i contagi. Per l’esperto è questa la premessa indispensabile per controllare la pandemia.

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