Covax, consegne in ritardo
Entro la fine del 2021 l’iniziativa Covax prevede di distribuire in totale circa un miliardo e mezzo di dosi di vaccini anti-Covid nei Paesi in via di sviluppo, dove l’accesso a questi farmaci è minimo. Un’iniziativa che però al momento, come riporta Gavi, partner dell’Oms nel piano Covax, rimane ferma a circa 300 milioni e mezzo di dosi distribuite tra oltre 140 Paesi diversi. Secondo un rapporto dell’Oms, nei primi 9 mesi del 2021 solo il 12% delle dosi di vaccino promesse sono state effettivamente ricevute dai Paesi africani. Se alle affermazioni dei capi di Stato e di governo fossero seguiti i fatti, adesso il numero di abitanti vaccinati del continente africano sarebbe nettamente maggiore.
Uno dei grandi freni del programma Covax è stato lo stop alle esportazioni dei vaccini imposto dall’India a fine marzo per cercare di far fronte a una pesantissima seconda ondata, accelerando la campagna vaccinale nazionale. Le dosi avrebbero dovuto essere distribuite dalla piattaforma Covax dell’Oms, che a sua volta doveva rifornirsi dal Serum Institute of India, la più grande fabbrica mondiale di farmacie vaccini.
Nei mesi di giugno e luglio in Africa sono arrivate pochissime dosi e le spedizioni sono riprese con regolarità a partire da settembre. Tuttavia, il problema non sta nella quantità di dosi, ma nella gestione di un’attività complessa come una campagna di vaccinazione. Lo Stato deve avere un sistema sanitario sufficientemente funzionante, che sia in grado di registrare i pazienti e organizzare gli appuntamenti per la somministrazione. Bisogna poi essere capaci di gestire la catena del freddo, senza la quale i vaccini non riescono ad essere conservati. Il fatto che molti Paesi consegnino dosi in eccesso in via di scadenza sicuramente non aiuta.
Un altro fattore centrale è la capacità di avviare una campagna di comunicazione efficace, rivolta alla popolazione. Senza contare che un’azione mediatica efficace fa fatica a superare una resistenza culturale di diffidenza verso i vaccini. A fine giugno tre Paesi – Tanzania, Burundi ed Eritrea – avevano rifiutato di ricevere da Gavi i vaccini.
Tutti questi elementi difficilmente coesistono in Paesi poco sviluppati. Nonostante le promesse di cooperazione per aiutare i Paesi del Terzo
mondo, i programmi per la terza dose di vaccino in diverse nazioni dimostrano che vale la regola per cui gli Stati donano solo le dosi di vaccino che avanzano.
Secondo l’Oms, che ha più volte chiesto il posticipo delle dosi di rinforzo al 2021, parlare di terze dosi nei Paesi con una buona copertura vaccinale è prematuro. Il direttore dell’Oms Tedros Ghebreyesus ha chiesto di non esacerbare le disuguaglianze e di attendere, per la terza dose, fino a quando ogni Paese avrà vaccinato almeno il 40% della popolazione. Ma il suo appello è risultato inutile: a metà settembre Israele aveva già somministrato 3 milioni di terze dosi, su 6,5 milioni di vaccinabili, e già ventila una quarta dose. In Italia il 20 settembre è iniziato il terzo turno, allora limitato alle persone fragili e ormai consentito a una platea più ampia.
Finché tre produttori hanno il monopolio dei brevetti, sono loro a decidere a chi vendere e a quale prezzo. I Paesi ricchi possono permettersi di pagare di più fino a 24 volte il prezzo di costo di produzione di una fiala e quindi i vaccini finiscono solo a loro. Ma questa corsa ad accaparrarsi le dosi genera un rischio ben più ampio rispetto a quello di non vaccinare abbastanza. «La sconcertante disuguaglianza e il grave ritardo nelle spedizioni dei vaccini minacciano di trasformare aree dell’Africa in terreni fertili per varianti resistenti al vaccino, con la conseguente possibilità di mutazione del virus. Questo potrebbe riportare il mondo alla casella di partenza», ha detto Matshidiso Moeti, direttrice dell’Oms per l’Africa.
Moeti ha poi ricordato che anche se tutte le spedizioni dei vaccini pianificate da Covax dovessero arrivare nel continente entro la fine dell’anno, l’Africa sarebbe comunque indietro di 500 milioni di dosi rispetto all’obiettivo iniziale dei leader di vaccinare il 60% della popolazione entro la fine dell’anno. «Finché i Paesi ricchi escluderanno Covax e l’Unione africana dal mercato, l’Africa non raggiungerà i suoi obiettivi di vaccinazione», ha concluso.